Da giorni, senza darla vinta alle intimidazioni dei guappi, i ciellini riaprono la cartolibreria. Dura poco: arrivano gli assaltatori, e la polizia fa chiudere per prudenza. I ragazzi di Cielle sono abituati a questo stato di cose. Hanno sempre resistito, non reagiscono con le stesse armi della teppa politica. Nei decenni dopo il ’68 è stata la loro presenza costruttiva, tenace, senza nessun giornale tranne il Giornale che li sostenesse, a impedire che le università diventassero giganteschi soviet gestiti da quelli che poi - quasi tutti i loro capi - hanno fatto carriera e ora pontificano di liberalismo e moralità in politica.
Gli pseudo-anarchici insistono, nel weekend c’è tregua, ma lunedì ricominceranno: capiscono che c’è un mare sporco dove gentaglia come loro può tranquillamente nuotare e azzannare, riscuotendo qualora fossero acciuffati - come ha scritto Paolo Del Debbio - la considerazione che si riserva agli eroi. Tale e quale i picciotti coi boss.
Ho detto che però c’è una terza Italia. Non so se è molto meglio di quella numero 2. È l’Italia del menefrego. Di quelli che lasciano fare e aspettano di vedere chi vince. Il rettore dell’Università Statale, un certo Enrico Decleva, osserva come un Principe sui cuscini di piume d’oca queste vicende, non muove un mignolo, non si espone in pubblico (almeno finora). Trasmissioni televisive tacciono, è un fatto minore? Be’, non ci va bene per niente.
Un tale, un consigliere regionale lombardo di Rifondazione comunista, Luciano Muhlbauer, rivendica addirittura queste aggressioni come reazione quasi dovuta. Opposti estremismi, ma la colpa per lui è di chi ha cominciato per primo, cioè si è rivolto alle autorità dello Stato. Ha detto Muhlbauer: «La denuncia dei collettivi è stata causata dalla denuncia esagerata di queste persone. In fondo gli avevano rubato 800 fotocopie, era un gesto politico. Facendo nomi e cognomi l’hanno trasformato in un gesto criminale». Ah ecco: è criminale fare i nomi, non rubare. Questa è la giustificazione ideologica dell’omertà e del linciaggio. Ma forse oggi è criminale anche lasciare queste notizie in fondo ai quotidiani, tacerne ai telegiornali. Permettere che queste acque di violenza vigliacca invadano l’università senza fare diga, senza scandalizzarsi, senza prosciugarla, sarebbe una resa non dei ciellini (quelli resistono), ma di tutti noi. Basta così.
Gli pseudo-anarchici insistono, nel weekend c’è tregua, ma lunedì ricominceranno: capiscono che c’è un mare sporco dove gentaglia come loro può tranquillamente nuotare e azzannare, riscuotendo qualora fossero acciuffati - come ha scritto Paolo Del Debbio - la considerazione che si riserva agli eroi. Tale e quale i picciotti coi boss.
Ho detto che però c’è una terza Italia. Non so se è molto meglio di quella numero 2. È l’Italia del menefrego. Di quelli che lasciano fare e aspettano di vedere chi vince. Il rettore dell’Università Statale, un certo Enrico Decleva, osserva come un Principe sui cuscini di piume d’oca queste vicende, non muove un mignolo, non si espone in pubblico (almeno finora). Trasmissioni televisive tacciono, è un fatto minore? Be’, non ci va bene per niente.
Un tale, un consigliere regionale lombardo di Rifondazione comunista, Luciano Muhlbauer, rivendica addirittura queste aggressioni come reazione quasi dovuta. Opposti estremismi, ma la colpa per lui è di chi ha cominciato per primo, cioè si è rivolto alle autorità dello Stato. Ha detto Muhlbauer: «La denuncia dei collettivi è stata causata dalla denuncia esagerata di queste persone. In fondo gli avevano rubato 800 fotocopie, era un gesto politico. Facendo nomi e cognomi l’hanno trasformato in un gesto criminale». Ah ecco: è criminale fare i nomi, non rubare. Questa è la giustificazione ideologica dell’omertà e del linciaggio. Ma forse oggi è criminale anche lasciare queste notizie in fondo ai quotidiani, tacerne ai telegiornali. Permettere che queste acque di violenza vigliacca invadano l’università senza fare diga, senza scandalizzarsi, senza prosciugarla, sarebbe una resa non dei ciellini (quelli resistono), ma di tutti noi. Basta così.