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Personale ATA: 4 novembre, una festa di tutta l'Italia troppo a lungo dimenticata

Eventi

Saranno più di 150 le caserme aperte oggi e domenica 8 per celebrare la “Festa dell'Unità nazionale” e la “Giornata delle Forze Armate”. Ricco quest'anno il calendario delle iniziative che, partite ieri con la visita del ministro La Russa e del Presidente Napolitano al contingente italiano di stanza in Libano, si concluderà domenica pomeriggio a Roma con l'esibizione delle frecce tricolori. Se la festa sembra oggi occasione per celebrare, non senza un pizzico di retorica, l'esercito, essa getta le sue radici in tempi lontani, da molti forse dimenticati: il 4 novembre 1918, con la firma dell'armistizio a Villa Giusti, veniva sancita la sconfitta delle truppe austriache a seguito dell'affermazione italiana sul Piave e nella battaglia campale di Vittorio Veneto. L'Italia era così pronta a sedersi al tavolo dei vincitori.

Il giorno della memoria, ufficializzato nell'ottobre 1922 dall'ultimo governo liberale, doveva contribuire tanto a celebrare la vittoria dell'Italia quanto a ricordare il sacrificio di chi perse la vita durante il sanguinoso conflitto. E «la data del 4 novembre – ha scritto Maurizio Ridolfi nel volume “Le feste nazionali” - è l'unica presente nei calendari civili dei sistemi politici – liberale, fascista, repubblicano - che si sono susseguiti nell'Italia del ventesimo secolo». Durante il regime fascista l'anniversario venne parzialmente eclissato dalla celebrazione della marcia su Roma, che cadeva solo qualche giorno prima, il 28 ottobre. Mussolini, inoltre, intese fascistizzare pienamente la festa: gli unici titolati a celebrare una giornata che ricordasse il coraggio e la forza degli italiani non potevano che essere i fascisti. Con la caduta del regime nel '43 l'anniversario della vittoria assunse i caratteri di una festa nazionale destinata a celebrare l'unità del popolo nel sacrificio, ricollegando tale occasione con la memoria delle lotte risorgimentali.

La fine del secondo conflitto portò inevitabilmente ad un allentamento del ricordo della Grande Guerra. Cambiata denominazione, da “Festa della Vittoria” a “Giorno dell'Unità nazionale”, il 4 novembre divenne l'occasione in cui le Forze Armate dichiaravano la loro fedeltà alla Repubblica. A partire dal '49 essa divenne anche “Festa delle Forze armate”, ritenute quali vere depositarie dei valori della concordia e dell'unità. Le celebrazioni si mantennero perciò su questo doppio canale: da una parte rito civile e religioso attraverso il quale il popolo aveva la possibilità di specchiarsi nel proprio passato patriottico; dall'altra, giornata in cui «le Forze armate d'Italia celebrano in un'unica data, le proprie glorie e le proprie memorie», come annunciò il ministro Pacciardi nel '49.

La ridefinizione del calendario delle feste civili portò ad un declassamento, a partire dal '77, del 4 novembre che perse lo status di giorno festivo. Negli anni Ottanta e Novanta, sebbene l'evento avesse perso smalto con il venir meno della memoria della Grande guerra, si compì un tentativo, in particolar modo per volontà di Pertini e di Spadolini, di farne nuovamente e soprattutto una festa dell'unità nazionale, giornata destinata a cementare un'identità collettiva in cui ricomprendere anche le Forze armate e lo stesso ricordo della Seconda guerra mondiale. 

Le celebrazioni di quest'anno sembrano aver spostato ancora una volta l'attenzione dalla Grande guerra alle Forze armate. Non a torto lo storico Aldo Mola, in un recente convegno tenutosi a Saluzzo e dedicato alla “Forze armate per l'Unità d'Italia”, ha sottolineato come nell'opinione pubblica italiana trovi maggiore spazio il ricordo della disfatta di Caporetto, assurta a paradigma dei difetti nazionali, che non Vittorio Veneto e il 4 novembre. In effetti, depurata da ogni eccesso retorico, tale data potrebbe contribuire alla memoria della Grande guerra quale compimento di quell'unità nazionale invocata dai padri del Risorgimento. Furono infatti le trincee a far incontrare per la prima volta siciliani e veneti, liguri e pugliesi, tragicamente consapevoli di appartenere ad una stessa comunità di destino.

A favore del ricordo della Grande guerra avrebbe dovuto giocare la legge che, approvata finalmente nel 2001, ha posto sotto tutela il patrimonio storico della Prima guerra mondiale. Tuttavia, l'assenza di adeguati fondi per la salvaguardia di tali beni ne ha compromesso la piena attuazione. Nondimeno, sarebbe davvero opportuno che il censimento delle migliaia di monumenti, lapidi e parchi della rimembranza in memoria dei caduti della Grande guerra presenti in ognuno dei nostri comuni non fosse lasciato all'azione volontaria e meritoria dell'associazione Italia Nostra ma incontrasse una maggior sensibilità da parte delle amministrazioni locali, di quella centrale e, perché no, dei privati.

Se, come ripetono pamphlet e organi di informazione, l'Italia è attraversata da una profonda crisi d'identità, la sua ridefinizione non può che passare dalla conoscenza e dalla tutela del nostro passato.(da loccidentale.it)









Postato il Mercoledì, 04 novembre 2009 ore 14:56:36 CET di Piero La Porta
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