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Umanistiche: IL PROBLEMA DELLA LIBERTA' E IL LIBERO ARBITRIO

Rassegna stampa

Il problema della libertà e il libero arbitrio

 

Definizione

 

Se facciamo riferimento alla nostra esperienza vissuta, il libero arbitrio si presenta come una facoltà legata alla possibilità di scegliere e di agire senza costrizioni (esterne o interne). In maniera ancor più significativa, il libero arbitrio appare in stretto rapporto con l'autonomia della volontà. Infatti, nessun individuo può considerarsi veramente libero se la sua volontà è totalmente determinata dalle condizioni esistenti a un dato istante.

Non tutti gli autori si mostrano d'accordo sul fatto che la libertà debba necessariamente corrispondere a una libertà di volere. Per Ayer, per esempio, solo le azioni possono venir considerate libere, ma non le deliberazioni della volontà; secondo Hume, il libero arbitrio non sarebbe altro che la possibilità di agire in accordo con le scelte della volontà, mentre egli non prende neppure in considerazione il problema dell'autonomia della volontà.

Queste distinzioni rivelano tutta la loro pretestuosità non appena ci si renda conto che non possiamo scegliere e decidere liberamente in assenza di una volontà libera. Se la volontà fosse completamente determinata da eventi o stati precedenti, le scelte e le azioni che ne scaturirebbero non potrebbero che essere, a loro volta, altrettanto determinate.

 

Il problema della libertà

 

Il maggiore problema posto dal libero arbitrio alla riflessione filosofico-scientifica moderna è quello di conciliare la libertà individuale, così come essa si presenta alla nostra esperienza immediata, con la concezione di un mondo retto da leggi deterministiche. Tradotto nel linguaggio delle neuroscienze tale problema può essere espresso nella forma seguente: come è possibile che una volontà, espressione di un gran numero di processi fisiologici che hanno luogo nel cervello, sia dotata di una qualche forma di autonomia così da dar luogo a scelte o da esercitare un controllo su alcune azioni?

Si tratta - in ultima analisi - della questione, assai poco dibattuta da coloro che si occupano del tema della libertà, relativa all'efficacia causale della volontà. Una volontà che non sia in grado di influire autonomamente sul comportamento dell'individuo che la pone in atto è del tutto illusoria, in quanto rappresenta una qualità della mente chiaramente epifenomenica.

Detta questione non è altro che una delle facce del millenario problema del rapporto mente-corpo, riguardante la possibilità che la mente produca degli effetti nel mondo fisico, essendo l'altra faccia costituita dalla domanda su come sia possibile il sorgere di una soggettività cosciente (vedi coscienza) a partire dall'attività impersonale di specifiche aree cerebrali.

 

I tentativi di soluzione

Molto sinteticamente, le posizioni dei diversi autori che si sono cimentati col problema del libero arbitrio possono essere ricondotte a due filoni principali: il compatibilismo e l'incompatibilismo.

I compatibilisti ritengono che sia possibile trovare una conciliazione tra la libertà umana e il determinismo dei fenomeni fisici.

Gli incompatibilisti sono convinti che ciò sia impossibile, distinguendosi, al loro interno, tra coloro che non credono nell'esistenza del libero arbitrio e coloro che invece ne accettano l'esistenza, ma negano la realtà del determinismo.

Analizzando le tesi dei compatibilisti, vediamo che, senza eccezione, essi tentano di pervenire a una conciliazione tra libertà e determinismo semplicemente ridefinendo ciò che dobbiamo intendere per libertà, ossia trasformando questa in "qualcos'altro". Per quanto riguarda gli incompatibilisti, le loro conclusioni assumono come punto fermo che la volontà rappresenti un mero prodotto dei processi elettrochimici che si svolgono nel cervello e di conseguenza vada vista come una metafora dei processi stessi. In tale prospettiva, la libertà non può che essere un'illusione, perché viene a dipendere completamente da eventi fisici soggetti a leggi universali e necessarie.

Neppure il ricorso all'indeterminismo, che lega i processi cerebrali a ipotetici eventi che avverrebbero a livello quantistico, sembra poter risolvere il problema della libertà umana. L'indeterminismo accresce indubbiamente l'imprevedibilità del comportamento, che diviene del tutto casuale; ma ciò non sembra aver nulla a che vedere con l'espressione di un'autentica libertà. Tale possibilità viene del resto smentita anche dall'osservazione del comportamento effettivo degli individui, che, si presenta, sì, imprevedibile, ma quasi mai legato al puro caso.

Né il determinismo, né l'indeterminismo mostrano di essere compatibili con il libero arbitrio. Del resto, si considera forse libero un individuo che affida le proprie scelte al lancio di una monetina?

Forse è sbagliato l'approccio, il modello esplicativo con cui cerchiamo di spiegare la libertà. D'altra parte, se assumiamo come riferimento guida non gli ordinari paradigmi scientifici delle scienze fisiche, non il complesso di teorie cognitive (vedi cognitivismo) tradizionali, bensì quello della nostra esperienza vissuta, giungiamo facilmente a una importante conclusione. I diversi approcci alla libertà posti in atto finora si sforzano di produrre spiegazioni cercando di porre in rapporto i processi nervosi con l'adeguatezza del comportamento, ovvero con la sua razionalità rispetto al contesto. Nessuno sembra aver colto l'elemento essenziale, per il quale la libertà non è una modalità astratta di operare, messa in atto impersonalmente, ma è una facoltà che appartiene a un agente, a un ente personificato, capace di porsi come condizione o causa delle proprie azioni. Ciò esclude che si possa avere una libertà all'interno di processi automatici che si svolgono al di fuori della consapevolezza, tipici dei sistemi computazionali, non importa quanto complessi e perfezionati. La libertà si presenta, sempre e necessariamente, in stretta connessione alla coscienza, poiché solo la coscienza, ovvero la capacità di rappresentare a se stessi i diversi fattori dell'ambiente e le conseguenze prevedibili di una data opzione, permette di distaccarsi idealmente dal fluire necessario degli eventi, di riflettere su di essi, rendendo possibile ad ogni istante una modifica dei nostri orientamenti e del corso delle nostre azioni.

Questa concezione è quanto mai lontana delle abituali modalità di affrontare il problema della libertà umana. Il fatto che finora nessuno abbia ritenuto di qualche interesse mettere in relazione la libertà con la coscienza è fortemente indicativo di quanto potente sia il condizionamento dei modelli esplicativi rispetto alle caratteristiche più peculiari degli oggetti indagati. D'altra parte, mettere in relazione la libertà con la coscienza significa necessariamente riconoscere a quest'ultima un qualche ruolo di valore adattativo, cioè la capacità di avere effetti sul comportamento. E ciò si trova fortemente in contrasto con l'idea che la libertà rappresenti un mero prodotto dell'attività cerebrale.

Riconoscere alla coscienza una qualche funzione nel comportamento degli organismi viventi, nonostante i problemi che tale concezione provoca rispetto ai modelli esplicativi tradizionali, si trova comunque in pieno accordo con la nostra esperienza vissuta. Non solo. Una coscienza dotata di efficacia causale è anche coerente con la prospettiva evoluzionistica, per la quale le diverse proprietà della mente si sono sviluppate perché sono in grado di offrire un qualche vantaggio all'attività degli organismi tesa alla soddisfazione dei bisogni biologici.









Postato il Domenica, 04 ottobre 2009 ore 00:00:00 CEST di Salvina Torrisi
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