Però Gelmini se l’è un po’ cercata.
di Vincenzo Pascuzzi
In relazione al suo articolo “Su quei banchi ci siamo tutti” (Corriere, 13.9.2009) (*), vorrei poter fare a Galli della Loggia due domande:
- dove è stato negli ultimi 14 mesi?
- si è forse autonominato avvocato d’ufficio della Gelmini?
Mi sembra veramente fuori luogo ed eccessivo paragonare la Gelmini a San Sebastiano di Narbona, come pure ai ministri che l’hanno preceduta. Sicuramente nessuno la tiene “legata al palo dell’istruzione”, anzi! I precari della scuola avevano capito subito le sue intenzioni e le conseguenze della sua c.d. “riforma” (più un espianto che una riforma) e già il 23.7.2008 manifestavano con un sit-in a Montecitorio (“Sotto il grembiule, niente!”). Dopo gli scioperi e le massicce manifestazioni del 17.10.2008 (Cobas ed altri) e poi del 30.10.2008 (Cgil ed altri) le sue dimissioni sarebbero state doverose, opportune, chiarificatrici. Gelmini invece ha insistito, o è stata costretta, a rimanere e siamo arrivati alla situazione attuale.
Riguardo al “potere sindacale” e al loro (dei sindacati) “virtuale diritto di veto”, questi mi sembrano molto affievoliti. Dopo le manifestazioni di ottobre, alcune sigle si sono sfilate e sono entrate (sembra) in sintonia col governo. Solo adesso la situazione si sta un po’ recuperando per opera della base, dei precari che salgono sui tetti, si incatenano, si esibiscono in mutande, fanno scioperi della fame, sit-in e altre manifestazioni.
Poi il “timore per l’ordine pubblico” e l’ostilità nei confronti del “merito” ecc. sembrano del tutto pretestuosi e strumentalizzati.
Relativamente alla “quota di spesa pubblica destinata all’istruzione (che) è troppo bassa”, lasciamo stare le considerazioni qualitative e soggettive ma vediamo le quantità, i numeri: in Italia la spesa è pari al 4,7% del pil a fronte del 5,5% della media UE e del 5,8% della media OCSE. Vuol dire meno 17% rispetto all’UE e meno 23% rispetto all’OCSE. Non servono commenti!
-------
(*)
http://www.corriere.it/editoriali/09_settembre_13/Su_quei_banchi_ci_siamo_tutti_editoriale_galli_della_loggia_6a77341c-a034-11de-8194-00144f02aabc.shtml
SCUOLA, LA VERA EMERGENZA
Su quei banchi ci siamo tutti
Da anni l’istruzione è il cuore malato dell’Italia inferma. È lo specchio del nostro declino. Siamo agli ultimi posti nella classifica dei rendimenti scolastici, il che vuol dire che i giovani italiani sanno far di conto, scrivere e capire un testo peggio di quasi tutti i loro colleghi non italiani, mentre i due grandi punti di forza della nostra tradizione scolastica, la scuola elementare e il liceo, sono ormai solo la pallida ombra di ciò che furono. Sul versante finale, le nostre migliori università, gestite troppo a lungo dal potere arbitrario di chi vi insegna, e soffocate da problemi di ogni tipo, fanno una ben misera figura rispetto alle migliori straniere.
È vero: da decenni la quota di spesa pubblica destinata all’istruzione è troppo bassa; ma attenzione: specie per quel che riguarda l’istruzione primaria e secondaria essa non è poi così catastroficamente bassa rispetto alla media europea. Guardando le cose nei loro termini più generali, il problema centrale del nostro sistema d’istruzione appare soprattutto un altro. È il fatto che l’ambito della scuola e dell’università è quello dove da circa mezzo secolo si manifestano con particolare virulenza tre aspetti critici della nostra vita collettiva: il potere sindacale, il timore sempre in agguato per l’ordine pubblico (comune a tutti i partiti e a tutti i governi), e infine la diffusione, nella scuola e fuori, di un senso comune culturalmente ostile alla dimensione del merito, del dovere, della disciplina, della selezione. I lettori sanno di cosa parlo. La scuola è rimasta un settore dove i sindacati e le loro logiche corporative hanno in buona parte ancora oggi un virtuale diritto di veto su qualunque decisione non solo di tipo organizzativo (circa le carriere e le assunzioni del personale), ma anche sui programmi e in generale sulla didattica. Egualmente, basta la più piccola minoranza studentesca che organizzi un corteo o un sit-in perché il mondo politico sia attraversato da un brivido di speranza o di paura credendo di scorgere all’orizzonte una riedizione del mitico Sessantotto. E nel complesso, poi, guai a chiunque dica che nell’istruzione il permissivismo va messo al bando, che ogni apprendimento esige anche sacrificio, che non tutti alla fine possono risultare capaci e meritevoli.
In queste condizioni fare il ministro dell’Istruzione e dell’Università in Italia equivale a essere una specie di san Sebastiano: bersagliato da ogni parte, schernito, vilipeso e mostrificato alla prima occasione, destinato quasi sempre a scontentare tutti. Da Gui alla Moratti, passando per De Mauro e Berlinguer, è stato in pratica un vero e proprio martirologio politico, e anche l’anno scolastico che si apre in questi giorni minaccia come al solito tempesta sul capo del san Sebastiano di turno, il ministro Gelmini. Dal momento che scoccare frecce verso chi si trova legato al palo dell’istruzione è facile, molto facile: e infatti nel corso degli ultimi decenni nessuna forza politica si è sottratta alla tentazione di farlo ricavandone il misero utile del caso.
Ernesto Galli Della Loggia
13 settembre 2009
di Vincenzo Pascuzzi
In relazione al suo articolo “Su quei banchi ci siamo tutti” (Corriere, 13.9.2009) (*), vorrei poter fare a Galli della Loggia due domande:
- dove è stato negli ultimi 14 mesi?
- si è forse autonominato avvocato d’ufficio della Gelmini?
Mi sembra veramente fuori luogo ed eccessivo paragonare la Gelmini a San Sebastiano di Narbona, come pure ai ministri che l’hanno preceduta. Sicuramente nessuno la tiene “legata al palo dell’istruzione”, anzi! I precari della scuola avevano capito subito le sue intenzioni e le conseguenze della sua c.d. “riforma” (più un espianto che una riforma) e già il 23.7.2008 manifestavano con un sit-in a Montecitorio (“Sotto il grembiule, niente!”). Dopo gli scioperi e le massicce manifestazioni del 17.10.2008 (Cobas ed altri) e poi del 30.10.2008 (Cgil ed altri) le sue dimissioni sarebbero state doverose, opportune, chiarificatrici. Gelmini invece ha insistito, o è stata costretta, a rimanere e siamo arrivati alla situazione attuale.
Riguardo al “potere sindacale” e al loro (dei sindacati) “virtuale diritto di veto”, questi mi sembrano molto affievoliti. Dopo le manifestazioni di ottobre, alcune sigle si sono sfilate e sono entrate (sembra) in sintonia col governo. Solo adesso la situazione si sta un po’ recuperando per opera della base, dei precari che salgono sui tetti, si incatenano, si esibiscono in mutande, fanno scioperi della fame, sit-in e altre manifestazioni.
Poi il “timore per l’ordine pubblico” e l’ostilità nei confronti del “merito” ecc. sembrano del tutto pretestuosi e strumentalizzati.
Relativamente alla “quota di spesa pubblica destinata all’istruzione (che) è troppo bassa”, lasciamo stare le considerazioni qualitative e soggettive ma vediamo le quantità, i numeri: in Italia la spesa è pari al 4,7% del pil a fronte del 5,5% della media UE e del 5,8% della media OCSE. Vuol dire meno 17% rispetto all’UE e meno 23% rispetto all’OCSE. Non servono commenti!
-------
(*)
http://www.corriere.it/editoriali/09_settembre_13/Su_quei_banchi_ci_siamo_tutti_editoriale_galli_della_loggia_6a77341c-a034-11de-8194-00144f02aabc.shtml
SCUOLA, LA VERA EMERGENZA
Su quei banchi ci siamo tutti
Da anni l’istruzione è il cuore malato dell’Italia inferma. È lo specchio del nostro declino. Siamo agli ultimi posti nella classifica dei rendimenti scolastici, il che vuol dire che i giovani italiani sanno far di conto, scrivere e capire un testo peggio di quasi tutti i loro colleghi non italiani, mentre i due grandi punti di forza della nostra tradizione scolastica, la scuola elementare e il liceo, sono ormai solo la pallida ombra di ciò che furono. Sul versante finale, le nostre migliori università, gestite troppo a lungo dal potere arbitrario di chi vi insegna, e soffocate da problemi di ogni tipo, fanno una ben misera figura rispetto alle migliori straniere.
È vero: da decenni la quota di spesa pubblica destinata all’istruzione è troppo bassa; ma attenzione: specie per quel che riguarda l’istruzione primaria e secondaria essa non è poi così catastroficamente bassa rispetto alla media europea. Guardando le cose nei loro termini più generali, il problema centrale del nostro sistema d’istruzione appare soprattutto un altro. È il fatto che l’ambito della scuola e dell’università è quello dove da circa mezzo secolo si manifestano con particolare virulenza tre aspetti critici della nostra vita collettiva: il potere sindacale, il timore sempre in agguato per l’ordine pubblico (comune a tutti i partiti e a tutti i governi), e infine la diffusione, nella scuola e fuori, di un senso comune culturalmente ostile alla dimensione del merito, del dovere, della disciplina, della selezione. I lettori sanno di cosa parlo. La scuola è rimasta un settore dove i sindacati e le loro logiche corporative hanno in buona parte ancora oggi un virtuale diritto di veto su qualunque decisione non solo di tipo organizzativo (circa le carriere e le assunzioni del personale), ma anche sui programmi e in generale sulla didattica. Egualmente, basta la più piccola minoranza studentesca che organizzi un corteo o un sit-in perché il mondo politico sia attraversato da un brivido di speranza o di paura credendo di scorgere all’orizzonte una riedizione del mitico Sessantotto. E nel complesso, poi, guai a chiunque dica che nell’istruzione il permissivismo va messo al bando, che ogni apprendimento esige anche sacrificio, che non tutti alla fine possono risultare capaci e meritevoli.
In queste condizioni fare il ministro dell’Istruzione e dell’Università in Italia equivale a essere una specie di san Sebastiano: bersagliato da ogni parte, schernito, vilipeso e mostrificato alla prima occasione, destinato quasi sempre a scontentare tutti. Da Gui alla Moratti, passando per De Mauro e Berlinguer, è stato in pratica un vero e proprio martirologio politico, e anche l’anno scolastico che si apre in questi giorni minaccia come al solito tempesta sul capo del san Sebastiano di turno, il ministro Gelmini. Dal momento che scoccare frecce verso chi si trova legato al palo dell’istruzione è facile, molto facile: e infatti nel corso degli ultimi decenni nessuna forza politica si è sottratta alla tentazione di farlo ricavandone il misero utile del caso.
Ernesto Galli Della Loggia
13 settembre 2009