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Umanistiche: LETTURE IN GIALLO

Rassegna stampa

La Spagna di Giménez-Bartlett

È recentemente uscito in libreria l’ultimo libro di Alicia Giménez-Bartlett, Il silenzio dei chiostri (Sellerio, 2009, € 15). Questa volta Pedra Delicado, ispettore della Polizia di Barcellona, famosa per la sua durezza ed efficienza, e il suo vice, Fermín Garzón, vengono chiamati a risolvere un caso di omicidio collegato a quello di un rapimento. Niente di strano, potrebbe pensare qualcuno. E invece il caso risulta essere del tutto particolare e delicato perché il morto è frate Cristóbal dello Spirito Santo, un erudito esperto di reliquie, trovato vicino alla teca che custodiva il Beato Asercio de Montcada, nella chiesa del convento delle sorelle del Cuore Immacolato. E il corpo miracolosamente incontaminato del Beato è scomparso.

Anche se un lettore esperto di libri gialli capisce prima della fine quasi tutta la soluzione del mistero, il libro è molto piacevole, soprattutto per il quadro che offre della Spagna contemporanea: famiglie allargate, conventi almodovariani, cibo a ogni ora del giorno e della notte. E poi ancora l’eco – dopo quasi un secolo – della Semana Tragica (come è stata definita l'ultima settimana del luglio 1909, che vide la sanguinosa rivolta delle classi operaie di Barcellona e di altre città catalane contro l'esercito).

Che cosa c’entra tutto questo con la storia? Tutto. Infatti, per studiare e capire un paese bisognerebbe anche sapere quale aria vi si respira. E la Spagna di oggi è interessante e complessa, è il risultato della conquista della libertà dopo tanti anni di dittatura, ma allo stesso tempo è figlia di una storia che affonda le sue radici in un passato, assai più remoto del franchismo.

Chi conosce la Spagna ritroverà l'atmosfera di questa terra. Chi non la conosce ne rimarrà affascinato o, forse, perplesso.

La Svezia di Maj Sjöwall e Per Wahlöö

Per me questi autori sono stati una lieta scoperta. Maj Sjöwall e Per Wahlöö, moglie e marito, hanno scritto le storie del commissario della polizia criminale di Stoccolma, Martin Beck, un capitolo per uno, rigorosamente di notte e usando carta e penna. I dieci romanzi, stesi tra il 1965 e il 1975 (uno all'anno) dai due autori, furono considerati l’origine del genere poliziesco cosiddetto procedurale, tanto che già nel 1971 l’Accademia svedese degli scrittori gialli istituì un nuovo premio dedicato al protagonista della serie “Romanzo su un crimine”, il Martin Beck Award.

L’intenzione degli autori era quella di iniziare un nuovo genere: quello del romanzo poliziesco critico, teso a rivelare ciò che si nascondeva dietro al modello svedese degli anni Sessanta e Settanta, allora salutato da tutto il mondo come un’economia di successo che aveva come obiettivo prioritario il benessere dell’uomo e il suo sviluppo. E lo strumento principale sono i diversi personaggi (in particolare i poliziotti e il commissario) che, attraverso le loro analisi, idee, esperienze e frustrazioni diventano il mezzo critico per analizzare la società del benessere e la criminalità in rapporto alle dottrine politiche e alle ideologie vigenti. Ciascuno di loro è portatore della propria origine, della propria educazione e del proprio percorso personale. Il risultato è una dura critica nei confronti della società neocapitalistica svedese.

Benché in Italia non sia stato ancora riproposto tutto il “Romanzo su un crimine”, si consiglia – soprattutto ai lettori 'seriali' – di rispettare l’ordine cronologico con cui i libri sono stati scritti. In questo modo si apprezzerà maggiormente l’evoluzione dei personaggi e l’opera nel suo complesso.

La prima storia con protagonista Martin Beck è del 1965. Dei due autori Maj Sjöwall e Per Wahlöö sono usciti in Italia i seguenti titoli (che diamo nell'ordine cronologico di pubblicazione in versione originale): Roseanna (Sellerio 2005), L’uomo che andò in fumo (Sellerio, 2009), L’uomo al balcone (Sellerio 2008), Il poliziotto che ride (Sellerio, 2007), L’autopompa fantasma (Sellerio 2008), Omicidio al Savoy (Sellerio 2008), Un assassinio di troppo (Sellerio 2005).

Non sono ancora stati pubblicati in italiano i libri usciti in Svezia nel 1971, 1972 e l’ultimo del 1975.

 

La Cina di Barbara Alighiero

Parlando di gialli, di ambientazioni storiche e geografiche evocative di un dato periodo storico, pare doveroso un riferimento al romanzo L’uomo che voleva uccidere Mao di Barbara Alighiero (Milano, 2008, Excelsior 1881, pp.196, € 16,50) che si ispira a una storia vera. La vicenda, ricostruita sapientemente dall’autrice – sinologa e giornalista, attualmente direttrice dell’Istituto di cultura italiana dell’Ambasciata d’Italia a Pechino –, si riferisce a un fatto realmente accaduto nella Cina post-rivoluzionaria e precisamente all’arresto e alla successiva condanna a morte con esecuzione immediata  dell’italiano Antonio Riva e del giapponese Ruichi Yamaguchi, che, assieme agli altri loro complici nell’ambito dello spionaggio ai danni della neonata Repubblica popolare cinese (condannati a pene minori), furono ritenuti responsabili dell’unico tentativo di attentato alla vita di Mao Zedong.

Un fatto giudiziario vero, che si svolge a Pechino nel settembre 1950, proprio alla vigilia del primo anniversario della liberazione. Una storia dimenticata fino a ieri in Italia, prima della ricostruzione a sfondo romanzato della Alighiero, un episodio assai più noto in Cina, invece, dove alcuni anni fa una rivista della capitale pubblicava un resoconto sull’attentato al ‘grande timoniere’ voluto dalla CIA. E i contorni ancora molto controversi di questa vicenda realmente accaduta, ci fanno percepire il clima di diffidenza e di sospetto nei confronti dei rappresentanti delle grandi potenze imperialiste avverse alla nascita della Cina comunista; potenze straniere fra le quali anche lo Stato del Vaticano, con Monsignor Tarcisio Martina, rappresentante del nunzio apostolico, gioca un ruolo di primo piano nel “complotto  dei servizi segreti americani”, perché – come si legge nel libro – “quel Monsignor Martina era uno degli elementi più pericolosi del gruppo. Era l’inviato di uno Stato nemico che da secoli conduceva una subdola guerra contro la Cina. Senza armi convenzionali. Con il pensiero. Per conquistare la gente alla sua causa, quello Stato era disposto a tutto…”.

Ma non sono solo tutti i dati che l’autrice ha messo insieme – la vicenda, l’intreccio di personaggi e paesi, l’indagine e la costruzione del racconto sulla base delle varie fonti storiche (cinesi, italiane e degli altri paesi coinvolti) – a dare un contorno ‘storico’ a questo romanzo. Quasi a  descrivere una sequenza cinematografica, sono le dettagliate ambientazioni del racconto: i colori, gli odori e i rumori di una Cina in grande fermento;  i caratteri popolari, i ruoli sociali di un giovane Paese rivoluzionario; i poliziotti “nelle uniformi verdi troppo grandi e sgualcite”; gli abitanti del quartiere che “non osavano affacciarsi. Aspettavano. Ma già sapevano” cosa stava succedendo durante l’arresto di Antonio Riva; l’interprete Zhang Baoying “tipica ragazza dei suoi tempi […], figlia di intellettuali di sinistra, entusiasti e fiduciosi del nuovo regime, che non conosceva dubbi o incertezze”. E anche il comandante di polizia Cao Chunzhi, responsabile dell’inchiesta sull’attentato a Mao, che, sotto sotto, non avrebbe mai voluto trovarsi lì per sentirsi dire dai superiori: ”Devi trovare le prove del complotto americano […]. Dobbiamo dimostrare al mondo che non ci possono più umiliare, ne faremo un caso esemplare che darà il via a una radicale campagna di epurazione in tutto il Paese”.

È meglio non dire di più, altri elementi ‘storici’ che aggiungono conoscenza sulla Cina rivoluzionaria vale la pena di scoprirli nella lettura. 

L’Italia di Augusto De Angelis

Forse qualcuno ricorda le due serie televisive prodotte dalla RAI negli anni Settanta in cui Paolo Stoppa interpretava il commissario De Vincenzi della Squadra mobile di Milano.

A ispirare i telefilm sono stati i libri di Augusto De Angelis (1888-1944), giornalista e scrittore particolarmente attivo durante gli anni di fascismo. La sua vivace produzione di gialli inaugurò in Italia un nuovo genere letterario che il regime fascista non vedeva di buon occhio. Per questo i suoi scritti possono diventare un documento, “una testimonianza dei rapporti tra il fascismo e la cultura, tra sudditanza obbligata e indipendenza inevitabile, tra occhiuto controllo e margini di libertà”, come si legge nella quarta di copertina del volume L'impronta del gatto (Sellerio, 2007).

“Io ho voluto e voglio fare un romanzo poliziesco italiano”, scriveva De Angelis nella prefazione che riprendeva la sua celebre 'Conferenza sul giallo'. “Impresa ardua. Da noi manca tutto, nella vita reale, per congegnare un romanzo poliziesco del tipo americano o inglese. [...] L’essenziale per me è creare un clima. Far vivere al lettore il dramma”.

Si adoperò, quindi, a costruire un giallo con gli ingredienti della vita reale italiana, riuscendoci perfettamente. Descrive Milano, le sue strade e i suoi luoghi, tanto all’esterno che all’interno (gli appartamenti, i circoli, gli alberghi, le portinerie, ma anche le botteghe artigiane, i mercati, gli uffici e le banche). I suoi capitani d’industria e i suoi banchieri sono quelli di un capitalismo non ancora moderno; e così anche le signore aristocratiche nullafacenti, le massaie e le commesse, fino al proletariato urbano fatto di garzoni, camerieri e portinai. E poi i poliziotti all’italiana, un miscuglio tra prepotenza, burocrazia e paternalismo. In questo contesto si muove il commissario De Vincenzi, anche lui un classico italiano. Un alto funzionario, intelligente, sensibile e pensoso, con una raffinata cultura assolutamente non in linea con il ruolo ricoperto, è uno scettico che si ripete continuamente “ma perché ho fatto il poliziotto?”.

Le indicazioni date dal MinCulPop (il Ministero della Cultura Popolare istituito nel 1927 dal regime fascista con il compito di controllare e reprimere le pubblicazioni 'pericolose' e di organizzare la propaganda) erano non poche, tese a salvare l’italianità e l’ordine costituito: i delitti potevano verificarsi solo in ambienti esotici e viziosi, cosmopoliti o bohémien; solo colpevoli stranieri o depravati; necessariamente i libri dovevano avere un lieto fine, perché bisognava celebrare la vittoria dell’ordine sul disordine. Eppure l’autore, nel rispettarle, lasciava trasparire la sua posizione di distanza e scetticismo nei confronti del regime: il suo commissario è tollerante, malinconico e sicuramente antieroico.

Nel quadro generale della ricerca storica nel genere giallo, i romanzi di Augusto De Angelis meritano sicuramente un posto di riguardo: non solo ricostruiscono l’ambiente decò milanese, ma soprattutto – conoscendo i presupposti e il contesto in cui furono scritti – possono essere una buona base per lo 'storico-poliziotto' che ha deciso di meglio comprendere un poliziotto storico.

Si lascia spazio alla curiosità individuale di scegliere quali dei romanzi leggere tra gli otto pubblicati da Sellerio negli ultimi anni.

 

La Roma di Giovanni Ricciardi

In questo contesto mi è difficile resistere al piacere di segnalare Ci saranno altre voci di Giovanni Ricciardi (Fazi Editore, 2009), ambientato nella Roma dell’aprile 2008, nei giorni che vanno dalle elezioni politiche al ballottaggio tra "er Pupone" e "Lupomanno".

La descrizione della città e soprattutto dei personaggi che la animano sono la fotografia di una parte di Roma, fedele e divertente: il Rione Esquilino e il quartiere Parioli diventano emblematici di luoghi diversi, ma non unici per modi e costumi, della Capitale.

“Nun se preoccupi, dotto’. Ies uicchén!”.

“Ies che?”.

“Mo’ je spiego. Scusi, cameriere, che c’avrebbe er Dietor?” (pag. 43).

Chi, girando per le strade in quei giorni non ha sentito qualche romano storpiare gli slogan in lingua inglese? Se po’ fa, concludevano alcuni, ma con quel tono per cui si capiva che tanto convinti non erano. Forse non solo del risultato…

I motivi per cui si è scelto di segnalare questo libro sono anche altri due: l’autore e l’uomo attorno alla cui scomparsa è costruito il noir. Giovanni Ricciardi è professore di greco e latino in un liceo classico romano: pochissimo si sa di lui, certo deve essere un acuto osservatore, delle persone in primo luogo: i ragazzi, gli adulti, i colleghi, i dirigenti scolastici e i genitori.

La storia ruota attorno alla scomparsa di un professore di italiano e latino. Così il commissario Ottavio Ponzetti (già protagonista de I gatti lo sapranno) si addentra nei corridoi e nelle aule del Liceo ginnasio statale Mameli per cercare di risolvere il mistero. Non ci sono fiumi di sangue e inseguimenti mozzafiato, ma non mancano i colpi di scena e la piacevolezza che solo una buona lettura riesce a trasmettere.

 

*Dottore di ricerca in Storia dei partiti e dei movimenti politici, ha lavorato sui temi relativi alla storia elettorale e sull’analisi dei testi legislativi. Collabora con la casa editrice Leonardo International.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 









Postato il Venerdì, 24 luglio 2009 ore 00:05:00 CEST di Salvina Torrisi
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