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Rassegna stampa
ROMA (30 maggio) - La Questione Ispettiva è una di quelle croci che la scuola italiana si porta dietro, stremata, ormai da una quindicina d’anni. Storia bizzarra ma esemplare, che incrocia aspettative deluse, burocrazia cieca, conflittualità dannose, e che soprattutto conferma la storica impotenza di tutto un Sistema Paese quando si tratta di far venir fuori il Merito.

La questione è ispettiva perche si tratta di ispettori, figure mitiche di una scuola che fu, che quando arrivavano si sapeva già da giorni, grembiuli freschi di bucato, colletti inamidati, aule profumate di lavanda. E le maestre tutte in ghingheri proprio perché arrivava il Signor Ispettore. Cerimonie a parte, non si scherzava: quel signore stava lì non solo per dare un voto alla scuola, ma anche, a uno a uno, a tutti gli insegnanti che gli capitavano a tiro. Alla fine dell’anno servizio ottimo, buono, distinto e via a scendere, che se non ti garbava potevi solo far ricorso per via amministrativa.

E’ stato così fino al 1974. Poi un lento, progressivo decadimento della figura, fino quasi a scomparire dalle cronache e dalle scuole. Basta chiederlo ai bambini di oggi: avete mai visto un ispettore? Sapete cos’è un ispettore scolastico? Strabuzzeranno gli occhi e torneranno a concentrarsi sul computer. Trentacinque anni dopo di quella rivoluzione fatta in nome dell’autonomia degli istituti e soprattutto nel segno dei più ampi poteri concessi ai capi d’istituto, sono rimaste praticamente macerie.

Vagano trecento ispettori per questa Italia del 2009 e dovrebbero occuparsi di un milione di docenti e di nove milioni di alunni, sparsi per 57mila diverse sedi scolastiche, a loro volta raggruppate in undicimila istituti. Sono trecento da almeno quindici anni, perché sono quindici anni che non si fanno più concorsi(poi uno si domanda: c’entrerà qualcosa con l’abolizione di qualsiasi forma di merito nella scuola?) e sono cento in meno di quanti decise di nominarne nel 1910 -novantanove anni fa- per le scuole di tutto il Regno l’allora ministro Luigi Credaro, insigne pedagogista di Sondrio.

Non si fanno più concorsi perché si continua a rinviare di anno in anno quello che ormai è diventato una burletta. Centoquarantacinque posti in ballo, rinvii su rinvii, l’ultimo dal 7 maggio appena passato al prossimo 21 settembre, con un esercito di quindicimila candidati che scalpita e che prima o poi esploderà. Dicono che anche il terremoto abbia consigliato l’ennesimo rinvio. Tutti sperano che sia davvero la volta buona.

Ma che fanno, oggi come oggi, questi trecento ispettori? Molti sono al ministero, e da lì partono per le loro missioni, altri sono agganciati al territorio ma in misura davvero insufficiente. La Calabria, ad esempio, può vantare un solo ispettore scolastico, come il Friuli, mentre il Veneto ne ha il doppio, e cioè solo due. Così come sono messe le cose, intervengono solo in casi urgenti e scabrosi, alla Rignano Flaminio tanto per intederci, e debbono armarsi soprattutto di conoscenze del codice penale.
«Assomigliamo più a dei Tex Willer della scuola che ad altro -sintetizza amaro da Bologna Giancarlo Cerini, uno che l’ispettore scolastico lo fa da vent’anni e che ha percorso tutti i gradini, maestro elementare, direttore didattico e così via. Già, dei Tex Willer in una scuola che si è così incattivita: «Una volta ci si rivolgeva ai Carabinieri per dei fatti particolarmente importanti. Oggi basta un cattivo rapporto fra professore e genitore che scatta la denuncia».

Cerini guarda al futuro e soprattutto all’irrisolta questione del merito: «Ho l’impressione, anche a guardare le materie di studio del nuovo concorso, che vogliano continuare a cucirci addosso questa figura, come dire, inquirente, che trascura completamente altri fondamentali aspetti, la formazione e la valutazione, tanto per dire i primi due più importanti».
La valutazione dei docenti, dell’istituto nel suo complesso, e anche l’autovalutazione, anche il fornire a ogni istituto gli strumenti per darsi un giudizio serio sul lavoro svolto. «Non dico di ripristinare vecchie forme di controllo - sostiene Cerini- ma di verifica sì. Questa scuola italiana ha bisogno di forma di rendicontazione sociale, per quanto brutta sia quest’espressione. Ha bisogno di darsi forme che misurino la soddisfazione del cliente, come in tutti gli altri paesi europei. E per cliente intendo il genitore, l’università, la società esterna tutta».

Cerini parla svelto e sogna. Sogna i modelli inglesi e francesi, sogna che i suoi nuovi 445 ispettori possano essere diversi per tre e non per regioni: un terzo che si dedichi alla valutazione (uguale merito), un altro terzo alla formazione e l’ultimo terzo che invece si occupi del contenzioso, oggi impegno esclusivo di lui stesso e dei suoi colleghi.

Sogna forme di premio del merito assolutamente rivoluzionarie: «I migliori vanno incentivati a qualsiasi costo, anche pagando in natura. Perché non offrir loro uno stage all’estero? Perché non affidargli la responsabilità di dirigere un corso? Perché non creare onorificenze del tipo anglossassone, della serie “sei tu, ufficialmente, il miglior insegnante di matematica della scuola”. Certo, sui soldi veri e proprio siamo bloccati. L’idea di stornare il cinque per cento del bilancio della scuola per darlo in premio ai migliori non va né avanti né indietro. Tutti d’accordo, ma il sindacato lo vuole extra budget e il ministero continua a dire che deve star dentro le spese. E così non se ne fa niente».

Cerini si pone seriamente anche il problema di chi premiare e riferisce del dibattitto in corso: «L’ultima ricerca delle Fondazione Agnelli sulla scuola, presentata nel febbraio scorso, suggerisce di scegliere forme di riconoscimento non tanto per i singoli, quanto per il lavoro di squadra, per il team che ha gestito tutta la classe o anche tutta la scuola. Ecco, questo potrebbe essere una buona strada».
C’e tanta di quella carne a cuocere, insomma, che non basterà certo il prossimo concorso per mangiarla tutta. Perché gli ispettori potrebbero tornare a essere anche uno snodo importante della vita d’istituto di ogni giorno. Rifletteva qualche tempo fa Massimo Di Menna, segretario nazionale della Uil scuola: «Oggi le conflittualità si aprono e si chiudono fra docente e preside, creando situazioni a volte inestricabili. Ecco, il ritorno dell’ispettore potrebbe essere il ritorno di una figura terza, una sponda utile anche per rasserenare l’ambiente di lavoro». Tex Willer e giudici di pace, che scommessa.








Postato il Sabato, 30 maggio 2009 ore 14:02:13 CEST di Silvana La Porta
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