Sagredo: - E donde, caro Simplicio, avete tratto questa vostra opinione? -
Simplicio: - dal fatto che molti e valenti uomini di scuola ciò vanno dicendo, e non soltanto in privati cenacoli, sibbene in pubbliche et affollate occasioni. -
Sagredo: - Ma avete voi letto diligentemente codesta legge onde ci parlate? -
Simplicio: - In verità, Sagredo, non l’ho letta affatto, poiché non havvi bisogno di ciò fare. -
Salviati: - E come affermate, allora, essere cotale legge perniciosa, se non l’avete nemmanco
letta? -
Simplicio: - Ma come dicevo, preclaro amico, non v’era motivo ch’io la leggessi, atteso che altri l’hanno letta per me. -
Salviati: - E coloro i quali l’hanno letta per voi sono per avventura i molti e valenti uomini de’ quali dianzi parlavate? -
Simplicio: - Appunto, sì. -
Salviati: - Invero ciò immaginavo. E ora illustratemi, di grazia, quali sieno le jatture che questa legge seco porta. -
Simplicio: - Ad esempio essa tolle i fanciulli dalle scuole già all’ora del meriggio. Onde essi debbono soli e raminghi vagare per le città e i paesi, orbati dei diletti maestri loro. -
Sagredo: - E cotesto ove è scritto? –
Simplicio: - Come dissi, su la legge. –
Salviati: - Invero in essa legge, la quale tegno tra mani et ora vengo a mostrarvi, cotesto non c’è. Leggesi invece che i fanciulli potranno restare a scuola secondo il iudicio delle famiglie loro. –
Simplicio: - Sia pure, non è d’uopo ch’io legga quanto mi andate mostrando. –
Salviati: - E perché mai? –
Simplicio: - Perocché i molti e valenti uomini de’ quali dicevo hanno già bastevolmente adempiuto codesto ufficio. Onde bisogna che al loro pensiero fidatamente io mi tenga. –
Sagredo: - Transeat, e veniamo tosto alla seconda jattura di questa legge. –
Simplicio: - Essa tolle ai maestri il lavoro, e li danna all’accidia e alla dura e vergognosa inedia. –
Salviati: - Invero, egregio amico, neppur questo io scorgo nella bolla che ho in mano. –
Simplicio: - Et io dico, Salviati, che i molti e valenti uomini che mi sono di scorta, fra i quali tre sono in particolar modo valentissimi et eminentissimi, e tali che la sapienza loro ho per legge fermissima e quasi divina, ciò pure hanno coonestato. –
Sagredo: - Ditemi chi sono questi sapienti, affinché anch’io mi abbeveri alla loro scienza come da viva fonte. –
Simplicio: - Magister Pezzottus, Magister Angelettus et in particular modo Magister Epiphanius.. –
Sagredo: - E donde arguite che costoro abbiano tal copia d’ingegno, e di sapere possanza? –
Simplicio: - Perocché molti sono gli uomini che li seguono e li estimano, tanto che, quando elli ciò dispongono, le vaste piazze dell’Urbe ne sono piene, e tutti plaudono festosi a ciò ch’elli declarano, e non solo d’uomini e donne adulti io parlo, ma etiam de’ loro pusilli, i quali non appena li veggono prendono a cantare e ballare come da spirito posseduti. E tosto codesti pusilli principiano ad affermare ch’e’ se ne rimarrebbero contenti a scuola da mane a sera, e la notte ancora, cosa che non solo è fra tutte ammirabile, ma da tenersi onninamente come miraculosa. –
Sagredo: - E da ciò, Simplicio, arguite in loro scienza e saviezza? –
Simplicio: - Da ciò. –
Salviati: - Ma concesso pure che questa sapienza essi abbiano, caro Simplicio, non vi par meglior cosa legger co’propri occhi i testi onde poi si discute, e trarne cogitazioni proprie et argumenti non solo ex auctorictate, ma su ragione fondati? –
Simplicio: - Ma di grazia, amici, quando noi codesta perigliosa navigazione nel gran mar delle leggi intraprendessimo e tutti soli attendessimo a quella verità onde tendiamo, chi mai ci sarebbe di scorta in cotale operazione? E quali guarentigie avremmo che il cogitare nostro non fosse spericulato e fallace? –
Salviati: - Invero, caro Simplicio, tengo per certo che pecore, bovi et altri animali usi a procedere in armento bisogno hanno di scorta, uomini d’esto nome degni tale bisogno non hanno. –