Egregio dottore, Sono un?insegnante precaria, insegno a tempo determinato in una classe terza media con presenza di episodi di bullismo. In realtà i casi difficili sono due, ma ovviamente tutta la classe risente, anche se a volte approfitta, di questa situazione. Il mio è un problema didattico, oltre che di relazionalità. Non riesco a spiegarmi come alcuni elementi vengono portati in terza senza aver acquisito le minime competenze, relazionali e disciplinari. Tutto scorre come se niente fosse. Questi ragazzi sono stati abituati a fare i loro comodi, escono dall?aula senza degnarsi di chiedere permesso, ovviamente di portare libri o quaderni neanche a parlarne. Seguire le lezioni è attività opzionale. Arrivata ad anno scolastico inoltrato mi sono trovata di fronte per la prima volta ad una situazione senza controllo. Oltre ad un problema di gestione della classe, ho un problema riguardante la didattica. In occasione delle prove di verifica ufficiali non posso somministrare a questi ragazzi difficili le stesse prove del resto della classe, non hanno le competenze per poterle svolgere, visto che non seguono mai le lezioni. Insegno lingua straniera, ma molto probabilmente questi ragazzi non hanno competenze neanche in italiano, quindi decido di somministrare una prova elementare di copia ed inerente associazione di parole ad immagini. Alcuni colleghi mi hanno rimproverata di aver somministrato prove mortificanti e selettive. Io ritengo invece di aver ottenuto un importante obiettivo, ossia averli tenuti in classe e, soprattutto, aver ottenuto lo svolgimento della prova. Lei ritiene che somministrare prove "diverse" sia emarginante, mortificante per questo tipo di alunni? Ha un consiglio da darmi? La ringrazio anticipatamente, (lettera firmata)
Come lei stessa precisa, la sua richiesta è più di carattere psicopedagogico che psicologico e riguarda molto l'organizzazione della didattica, i contenuti, le modalità di gestione del disagio ecc. Il mio parere sarà pertanto necessariamente parziale in quanto inerente più la sfera relazionale che agli aspetti pedagogici. La situazione che lei descrive penso sia molto più diffusa di quanto non si creda o non si voglia ammettere. E' sempre estremamente complesso e difficile conciliare le esigenze di contenimento dei comportamenti di prepotenza o di trasgressione delle norme sociali con quelle di aiuto nei confronti di alunni che, anche se prepotenti, vivono comunque un disagio psico affettivo o socio educativo. Nella mia esperienza, in queste situazioni o si fa un intervento forte e deciso fin dalla prima media (che costa comunque fatica ed è fonte di conflitti con gli alunni e spesso le loro famiglie) e si riesce gradualmente ad arrivare in terza media con consistenti cambiamenti migliorativi, oppure si arriva in terza media con situazioni quasi esplosive e con disagio e bullismo sempre più forti. Dalle sue parole sembrerebbe trattarsi di una situazione del secondo tipo. A questo punto penso che vada realisticamente pensata una politica di 'riduzione del danno', abbandonando ideologie o ambizioni eccessive. Il suo intervento sembrerebbe orientato in questo senso, in quanto lei cerca di mantenere un senso all'essere a scuola, adattando le sue richieste alle effettive capacità di questi alunni. Quanto questa differenza nelle prove possa essere emarginante non so, di certo non mi sembra che lei abbia trovato una situazione di grande integrazione sociale o didattica, quindi non me ne preoccuperei eccessivamente. Quanto possa essere mortificante non saprei (bisognerebbe conoscere la situazione): a mio parere il fatto che degli alunni con atteggiamenti di bullismo, disinteresse verso la scuola, indifferenza alle regole, ecc., accettino di fare delle verifiche differenziate, stando in classe invece di scorrazzare per la scuola, ecc., rappresenta comunque un successo. Forse sotto ci sarà anche da parte loro il tentativo di ottenere un giudizio positivo e la ricerca del diploma di licenza, ma ciò che conta è la riduzione dei comportamenti inadeguati. Faccio lo psicologo da più di 20 anni, la maggior parte passata a lavorare con il mondo della scuola ed alcuni nelle scuole e nelle classi: più passa il tempo e più penso che oltre alle belle (o brutte) parole contino i fatti: stare in classe e fare una verifica è un risultato; se gli altri sanno fare meglio di lei che lo facciano, l'importante è che le loro critiche non siano manifestazione di invidia o paura di dover riconoscere che potevano fare di più o qualcosa di diverso da ciò che hanno fatto.
da www.bullismo.it
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