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Umanistiche: LA LIBRERIA DI AKIS: "NE' QUI NE' ALTROVE" DI GIANRICO CAROFIGLIO

Istituzioni Scolastiche

Di che cosa possiamo parlare? Di una vertigine, ma di una vertigine lucida, tra spazio e tempo. Di una vertigine lucida e ben raccontata, e che dovevamo aspettarci perché era già negli altri libri di Carofiglio, e che già troviamo a pagina 13 di Né qui né altrove: “è in quei momenti che balena l’intuizione ambigua e vertiginosa, di essere su instabili punti di fuga, diretti verso posti lontani” .Ma, al di là di questa vertigine lucida, che è la prima protagonista di Né qui né altrove, gli altri protagonisti del libro sono la città di Bari, tre persone che si rivedono dopo tanto tempo e il cibo. La voce narrante appartiene ad una di queste tre

persone. Forse è la voce dell’autore, Gianrico Carofiglio, forse è solo la sua versione letteraria. Conosciamo da tempo la voce letteraria di Gianrico Carofiglio, magistrato, scrittore e senatore della Repubblica. Abbiamo letto i suoi precedenti romanzi ed il graphic-novel, ovvero un fumetto impegnato, o meglio “letteratura disegnata” scritto col fratello Francesco ed intitolato Cacciatori nelle tenebre. Ed abbiamo anche letto il saggio L’arte del dubbio il cui

sottotitolo, pur non pubblicato in copertina, mi sembrava essere “Tutti gli avvocati sono cretini”. Ne L’arte del dubbio Carofiglio, con indiscussa competenza, esamina tutti gli errori commessi da professionisti sprovveduti nel condurre l’interrogatorio durante un processo penale. Ma, nel corso del libro elenca anche gli errori dei Pubblici Ministeri. E, comunque, l’intero testo è una lezione mirabile di procedura penale resa con una incredibile capacità divulgativa. “Somministrazione didattica” direbbero gli insegnanti, al cui mondo, Carofiglio non è sicuramente estraneo. Né qui né altrove è un libro struggente. La forma scorrevole ha una capacità evocativa in qualche modo universale. Sembra che il libro parli di ognuno di noi che, involontariamente ci perdiamo tra i ricordi e le parole dei protagonisti, appartenenti,

in qualche “eterno momento”, a ciascuno. Il sottofondo struggente e doloroso, forse loro malgrado, dei libri (sempre evocativi per il lettore) di Carofiglio, ci richiama ad un passato senza amore e senza allegria. Un passato comune che può essersi vissuto a Bari, a Roma, a Messina o a Catania. Qui e altrove, appunto. La padronanza linguistica di Carofiglio ci regala delle chicche: “il citofono ringhiò” (pag. 4), “quella macchina enorme, sfrontata e inutile” (pag. 7), “quella sensazione rettilinea di itinerari prevedibili e di svolte rassicuranti”, “una di quelle macchine lunghe e incongrue” (pag. 28), “la faccia di uno che non è ostile alle bevande alcoliche” (pag. 34), “un odore corporale intenso, segno di un rivoluzionario disprezzo per l’abitudine borghese delle abluzioni troppo frequenti” (pag. 42), “alternare le tipologie di

svago” (da sesso desiderato e droga non desiderata affatto) (pag. 48), “parlava a getto continuo, senza punteggiatura” (pag. 49). E poi c’è Bari, raccontata come un imprevedibile Eden urbano, preannunciata già nella seconda pagina di copertina da una piantina approssimativa e buffa. In maniera involontariamente poco lusinghiera, forse, per l’autore del libro, ma sicuramente non offensiva, ha osservato che le guide turistiche delle città devono essere preparate dagli scrittori. Bari esce da Né qui né altrove come un oggetto di desiderio: chiunque desidererà di andarci! Carofiglio descrive la “scorribanda” notturna dei tre protagonisti del libro partendo dai luoghi, le strade, le piazze, le chiese, i palazzi, le librerie, gli esercizi commerciali e i locali pubblici del passato e del presente. “Scivolammo sul lungomare Imperatore Augusto, che costeggia le mura della città vecchia, piegammo al fortino Sant’Antonio e superammo il Gran Cinema Margherita, chiuso e fasciato con impalcature, cartelloni e promesse solenni di restauro e pronta riapertura”( pag. 7). Ovvero “un altro giro e un ripasso dei vecchi posti” (pag. 84). Insuperabile è “Mentre passava la Storia non eravamo veramente qui. Né altrove” (pag. 86). Forse la struggente riflessione

sulle migrazioni bibliche, che sono in corso, mentre noi eravamo, e siamo, intenti ad altre occupazioni è il nodo irrisolto di una trama divisa in più puntate. Forse alcune puntate sono ancora da raccontare. Nel terzo capitolo di Né qui né altrove si comincia a parlare di cibo, e non si smette più, in un modo o nell’altro, fino all’epilogo. Se veramente i tre protagonisti del libro avessero mangiato, in una sola notte, tutto il cibo che Carofiglio descrive, sarebbero morti. Ma la licenza letteraria permette all’autore di infischiarsene, e così veniamo a sapere di alcune specialità pugliesi, e baresi in particolare, che fanno venire il buon appetito. “Vado un po’ a memoria, ma insomma, sulla nostra tavola passarono: seppioline crude con olio extravergine coratino e salsa di soia, ostriche, ricci di mare giganteschi, fagottini

di cicorie con il purè di fave; gamberetti in purè di ceci, formaggi con marmellate di peperoncini, di pomodori, di cipolle, di peperoni; taralli, friselle con pomodori e ricotta marzotica, olive dolci fritte, panzerottini con carne ed erbette della Murgia, pomodori secchi interi sott’olio, pomodori secchi a pezzetti, pomodori secchi tritati da spalmare, burrate, mozzarelline, ricotte; cicorielle selvatiche, funghi cardoncelli selvatici, più preziosi del tartufo, raccolti nelle zone inaccessibili dell’Alta Murgia; fave e cicorie con bocconcini di pane fritto e cipolle rosse di Acquaviva; riso, patate, cozze, grano, cipolle e zucchine; ravioli di rape con condimento di purè di fave; sforma tini di rape con composta di acciughe. Per darci il colpo

di grazia, il proprietario voleva farci preparare, testualmente, una bella grigliata di tonno, astice e polpo”; “…così seguì una teoria di bocconotti, torta alla ricotta con cioccolato fuso e cannella, millefoglie di mascarpone, dolci di mandorle, pasta di cartellate fritta e coperta di miele di cotogne, fichi secchi coperti di cioccolato e farciti con la mandorla”. E più avanti il cibo perde i contorni della festa, ma non il pregio della descrizione, con le “Sgagliozze… tipico e buonissimo cibo da strada barese. Salutare come il crack” (pag. 63). E con il “Furgone per la vendita di hamburger, hot dog ed altri alimenti dietetici” (pag.

87). L’odore della focaccia (pag. 89), così come descritto, ci trova concordi: l’olfatto è il senso della memoria. Ho cercato di rincorrere, di trovare nelle pagine, il perché del titolo del libro Nè qui né altrove e non so se l’ho trovato. Forse era in tutte le pagine, forse era in una frase di pagina 28 “A Chicago, come a New York e in altre città americane viste tante volte al cinema, avevo sperimentato un senso di familiarità quasi domestica. La sensazione di essere a casa, a mio agio. Paradossalmente: molto meno altrove di quanto mi sentissi quando ero a casa mia per davvero”. Già a pagina 3 avevo trovato: “L’ultima volta che avevo ricevuto una sua telefonata era stato più di vent’anni prima. Ero in un’altra casa e noi tutti eravamo in un altro mondo”. Ed ancora (pag. 4) “Per quanto ne sapevo, avrebbe dovuto essere altrove, molto lontano”. E poi (pag. 7) “La faccia di Paolo diceva che avrebbe voluto essere altrove, forse

nemmeno lui sapeva dove”. Ho anche pensato allo schermo del navigatore satellitare sulla grande macchina del coprotagonista Giampiero; o a Paolo che si guarda attorno “Come uno che cerchi punti di riferimento perduti”. Forse l’avevo già trovato in Ragionevoli dubbi (pag. 168): “In alcuni angoli di Madonnella ti sembra di essere altrove. A Tangeri, a Marsiglia o a Casablanca. Altrove”. Ma forse, più opportunamente, la spiegazione è nella pagina che racconta lo sbarco biblico nel 1991, di 15.000 disperati. La Storia era li, passava accanto a tutti e quasi nessuno lo capiva. La Storia ci passa accanto. È passata accanto a tutti, a Catania, quella volta che l’eccezione di illegittimità costituzionale del monopolio RAI dell’etere, è stata accolta. Era stata sollevata da un giudice catanese, Michele Papa. Da allora è cominciato, in Italia, il pluralismo dell’informazione televisiva.

da AKIS









Postato il Giovedì, 12 marzo 2009 ore 00:00:00 CET di Filippo Laganà
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