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Umanistiche: OMAGGIO A SIBILLA ALERAMO DI NATASHA PUGLISI

Rassegna stampa
Aveva quindici anni, si sentiva sola e confusa, ma soprattutto viveva quel delicato momento del passaggio alla giovinezza in cui è più avvertito il bisogno di un'affettuosa vicinanza. Sapeva d'essere considerata bella ed interessante, e non le dispiaceva la corte sempre meno reticente che il Pierangeli le faceva e che considerava più che altro un'attestazione di simpatia e di naturale galanteria. Lontanissima l'idea di un legame profondo a fini matrimoniali delle cui implicazioni sessuali era del tutto all'oscuro, non essendo certamente il padre la persona più adatta ad informarla in materia di rapporti intimi.Ulderico Pierangeli seppe approfittare del momento favorevole e dell'ingenuità, ed un mattino, in ufficio, "fui sorpresa da un abbraccio insolito, brutale: due mani tremanti frugavano le mie vesti, arrovesciavano il mio corpo fin quasi a coricarlo attraverso uno sgabello, mentre istintivamente si divincolava. Soffocavo e diedi un gemito ch'era per finire in urlo, quando l'uomo, premendomi la bocca, mi respinse lontano..." (Una donna, pp. 45-46). Come tutti ben sappiamo la donna odierna, o meglio, il ruolo che ricopre, è presente in ogni ambito, nell ’ambiente domestico, del lavoro, della politica ,del mondo dello spettacolo. La vediamo ovunque negli spot pubblicitari,nei programmi televisivi e alla figura della donna gli scrittori moderni dedicano romanzi, i cantanti le dedicano canzoni, insomma, è diventata per tutti modello di vita e fonte di ispirazione. Ma non dobbiamo pensare che sia un fenomeno diffuso solo tra le ultime generazioni! Certo, aprendo un libro di poesia o di letteratura e scorrendo l’indice, sono davvero poche le tracce femminili che si possono cogliere a primo acchito. I poeti, gli autori, i pittori, gli scultori, insomma,l’arte in generale porta per lo più nomi di grandi figure maschili. Ma…questi grandi uomini…sarebbero davvero stati così grandi senza un’adeguata fonte di ispirazione? Chi meglio di una donna possiamo immaginare accanto a delle menti così celebri? Dante e Beatrice, Petrarca e Laura, Pascoli e le donne della sua famiglia, Saba e la moglie, Montale e le sue muse e anche tanti altri ancora, che vien da chiedersi: Come sarebbe stata la nostra cultura letteraria senza le gentili presenze al loro fianco?! Ma cosa succede quando le donne si stancano di far da spalla al sesso forte e decidono di parlare di sé in prima persona? Accade che prendono carta e inchiostro, tramutano il loro sentimento in parole e passano alla storia tra i grandi nomi della letteratura. Ed è proprio questo il caso di Sibilla Aleramo, pseudonimo di Rina Faccio, voce narrante italiana del suo novecento.L’autobiografia di Sibilla Aleramo vuol essere sia una testimonianza umana sulla maternità, sulla condizione della donna e sulla molteplicità di ruoli – talvolta non facilmente conciliabili tra loro – che da sempre le donne incarnano, sia un’opera letteraria indirizzata a tutti, uomini e donne. Certamente non è uno di quei libri autoreferenziali, dove l’autrice si rivolge soltanto alle sue simili, in una sorta di circolo chiuso, dal quale il maschio viene escluso in quanto tale. Così si esprime infatti la scrittrice:“In realtà la donna,fino al presente schiava, era completamente ignorata, e tutte le presuntuose psicologie dei romanzieri e dei moralisti mostravano così bene l’inconsistenza degli elementi che servivano per le loro arbitrarie costruzioni! E l’uomo, l’uomo pure ignorava sé stesso: senza il suo complemento, solo nella vita ad evolvere, a godere, a combattere, avendo stupidamente rinnegato il sorriso spontaneo e cosciente che poteva dargli il senso profondo di tutta la bellezza dell’universo, egli restava debole o feroce, imperfetto sempre. L’una e l’altro erano, in diversa misura, da compiangere” (p. 105).E ancora: “bisogna riformare la coscienza dell’uomo, creare quella della donna!” (p. 135). Nata ad Alessandria nell’agosto del 1876, trascorrerà la sua infanzia a Milano, prima di trasferirsi a Civitanova Marche, causa il lavoro del padre. Infanzia e adolescenza segnate dalla rocambolesca situazione familiare, appena sedicenne dovrà ricorrere ad un matrimonio riparatore in seguito allo stupro subito da un collega, Ulderico Pierangeli. Sibilla tuttavia non sarà felice, nemmeno con l’arrivo del figlio Walter dopo un primo aborto: tenterà difatti il suicidio, tentativo disperato di fuga da un matrimonio-prigione e un marito manesco. A questo periodo risalgono le prime testimonianze scritte riguardo questa donna: difatti, nonostante avesse conseguito soltanto la licenza elementare , inizierà a collaborare con riviste femministe, ove manifesterà le sue aspirazioni umanitarie. Dopo aver ottenuto la direzione del giornale milanese Italia femminile, lascerà marito e figlio con l’obiettivo di cominciare una nuova vita. Rinata, troverà nuovi affetti nel poeta Damiani e nello scrittore Giovanni Cena. A qualche anno più tardi, 1906, risale la pubblicazione della sua prima opera: Una donna, racconto autobiografico considerato fra i primi romanzi femministi italiani. Sulla via della trasgressione, avrà una relazione con l’accesa femminista ravennate Lina Poletti, per poi soggiornare a Firenze e avvicinarsi all’ideologia futurista e instaurando un rapporto epistolare con D’Anunzio e Marinetti. Avrà numerose altre reazioni brevi, per lo più con intellettuali come Cardarelli e Boccioni. Durante la prima guerra mondiale, sarà nota la sua relazione con Dino Campana, poeta sofferente di patologia mentale. Nel 1925 sarà fra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti e sarà incarcerata poiché in amicizia con Enteo Zamboni, noto attentatore del duce. Ne uscirà indenne dopo aver ottenuto, inoltre, un colloquio con Benito Mussolini. Successivamente a questo, riceverà un premio in denaro dall’Accademia d’Italia, mentre nel 1927 metterà a disposizione del suo pubblico un’altra opera, Amo dunque sono, consistente in una raccolta di lettere non spedite a Giulio Parise. Ridotta in povertà, si stabilisce a Roma nel 1928, dove prosegue con le sue pubblicazioni, sia in prosa che in versi. Altra relazione, della durata di un decennio, la avrà nel 1936 con Franco Matacotta, considerata evento scandalistico in quanto quest’ultimo era uno studente di quarant’anni più giovane dell’autrice. Iscrittasi al PCI nel secondo dopoguerra, collaborerà con riviste quali L’unità e Noi donne. ridotta in miseria, morrà in fine a Roma, nel 1960, dopo una lunga malattia. La biografia di questa donna è alquanto complessa, tanto da poterla considerare suddivisa in quattro parti, ogni nuova esistenza rappresentata da una grande svolta nella sua vita (l’abbandono del marito, la relazione con la Poletti, Franco Matacotta). Tuttavia, non è la trasgressività di questa autrice l’elemento che più dovrebbe interessare il pubblico, quanto il ruolo che rivestì nell’ambito del femminismo, movimento in continua evoluzione al tempo in cui visse. Difatti la Aleramo, definita con il trinomio pacifista-comunista-femminista, si impegnerà attivamente in questo campo, collaborando a riviste e giornali e partecipando a campagne significative con a tema il voto alle donne e la promozione della pace, esprimendosi inoltre in termini di avversione contro l’alcolismo, la prostituzione e la tratta delle bianche. Si impegnerà inoltre in ulteriori iniziative quali la creazione di scuole nell’Agro romano e la partecipazione al Comitato atto a promuovere l’istruzione nel meridione italiano, nonché sarà presente al congresso femminile indetto dal Consigli nazionale dalle donne italiane. Anche le sue opere, ed in modo particolare Una donna, saranno un alternarsi di principi umanitari e idee socialiste miste ad uno stile narrativo provocatorio e appassionato, sì come soltanto una così singolare rappresentante del sesso femminile sarebbe stata in grado di fare.
NATASHA PUGLISI CLASSE QUARTA E P.N.I.








Postato il Sabato, 07 marzo 2009 ore 18:37:12 CET di Maria Allo
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