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Voce alla Scuola: Insegnanti e sindacato di Serafina Gnech del gruppo Professione insegnante

Opinioni

 

Insegnanti e sindacato di Serafina Gnech del gruppo Professione insegnante 

Che cosa spinge, oggi, un insegnante ad aderire ad una sigla sindacale? E che cosa lo spinge ad aderire ad una sigla piuttosto che a un’altra? C’è l’aspetto utilitaristico, ovviamente, la necessità di avere chi ti possa aiutare nei meandri di una burocrazia che si autoalimenta in modo implacabile ed indefesso,  privilegiando un linguaggio criptico decifrabile solo dagli addetti al mestiere.  L’adesione al sindacato-patronato avviene  senza troppa attenzione alla sigla; in fondo l’uno vale l’altro. Si guarda alla collocazione della sede e al suo orario di apertura, al costo della tessera, alle conoscenze personali, alla maggiore o minore efficienza, e via dicendo. Criteri non difformi da quelli che si userebbero per scegliere – che ne so – una compagnia assicurativa o una banca. C’è la necessità di trovare una sponda legale, qualcuno che ti sorregga nei casi sempre più frequenti di contenzioso all’interno delle scuole. E questa necessità è tanto più estesa quanto più aumentano i soggetti deboli della scuola: i precari a vita, i peripatetici per legge, sempre alle prese con una normativa in cambiamento, sempre schiacciati da un futuro che non hanno e da un presente da commesso viaggiatore alle prime armi.

C’è poi l’adesione vagamente politica, dico vagamente,  perché riesce molto difficile connotare ora i sindacati. Perlomeno molti di noi non ci riescono. Non riescono, ad esempio, a capire, come i confederali possano aver voluto i presidi-dirigenti, l’organizzazione aziendalistica, le RSU di scuola aperte ai collaboratori del dirigente, la triennalizzazione  del contratto. O meglio, lo capiscono, ma in una logica di potere e di collusione che fa inevitabilmente cadere l’adesione politica.

C’è poi l’adesione sindacale. E qui viene il punto dolente. Perché molti insegnanti non vorrebbero aderire a qualche confusa ideologia (ammesso, per l’appunto, che ci sia), non vorrebbero nemmeno essere posti nella necessità di dover ricorrere a un sindacato-patronato, che firma contratti da contrattare, perché di nulla si è certi e nulla avviene in modo automatico. Non vorrebbero vivere una condizione di asservimento al loro stesso sindacato.

Scrivono Epifani e Foà in un libriccino pubblicato in occasione del centenario della CGIL: “Per la Cgil è incomprensibile il fatto che possa esistere un livello istituzionale e politico totalmente disgiunto dai temi, dai contenuti, dalla condizione di coloro che il sindacato organizza e rappresenta”. Parole sante, ma per noi è altrettanto incomprensibile il fatto che possa esistere un sindacato totalmente disgiunto dai temi, dai contenuti, dalla condizione di lavoro di coloro che intende rappresentare.

Ma aderire  per bisogno di rappresentanza vera ad un sindacato oggi è impresa  ardua. Chi recepisce  ora che siamo arrivati all’estremo limite? Chi capisce che c’è un vero e proprio corto circuito nella scuola?

Il sindacato  generalista è lontano mille miglia dalle aule di scuola, chiuso con il dirigente nelle salette di contrattazione, ingessato nella sua gestione del potere, bertinottianamente  (ci perdoni Bertinotti, che in ogni caso stimiamo) cieco ai cambiamenti della realtà. Solo che, a differenza di Bertinotti, non può perdere le elezioni. L’impero regge perché è enorme, solido; è un impero economico dai mille tentacoli, uno oscuro castello kafkiano che incombe…

Distante e oscuro, per l’appunto. Aderire a un sindacato è quasi come comperare un fondo d’investimento: chi sa che cosa ci sta dentro? Chi mi dice che non ci sia qualche prodotto tossico? Le sigle sindacali nascondono le aggregazioni più disparate e eterogenee.

Che cosa sta dietro la nuova sigla della Cgil F.L.C., federazione lavoratori della conoscenza? Tutti i lavoratori? Immaginiamo di sì visto che la società attuale non prevede esistano dei lavoratori della non conoscenza. O sono piuttosto i lavoratori intellettuali? Quelli che la Cgil ha storicamente massacrato per far loro espiare il peccato originale di non essere operai?

E che cosa sta dietro la sigla  F.G.U. recentemente apparsa sul panorama sindacale?

Un nutrito gruppo di insegnanti soprattutto delle superiori (Gilda), un pugno di docenti prevalentemente della scuola  elementare (SAM), ma anche tanti non docenti, (Anpa) e qualche dirigente scolastico (Antes). Una nuova sigla per il comparto scuola, un altro sindacato generalista e onnicomprensivo ... , dunque.

Non ne sentivano affatto il bisogno. Anche perché non si vede come una sigla di comparto possa portare avanti – anche se lo dichiara pubblicamente – l’obiettivo ineludibile di una contrattazione separata per i docenti.

Molti di noi sentono il bisogno di una forza vera e sana che li rappresenti, una forza che percepisca lo stato di degrado in cui versa la scuola italiana, non lo consideri come un male ineluttabile dei tempi, ma una cosa che può e deve essere contrastata.

Non  sono i corsi di psicologia che possono risolvere i mali della scuola. La scuola non va medicalizzata, ma recuperata come scuola, come luogo diverso dalla società, un luogo con regole proprie adeguate allo stato  di persone che crescono; soprattutto un luogo in cui l’insegnante recuperi in toto il proprio ruolo educativo.  E questo ruolo deve essere forte perché il giovane possa crescere in modo corretto. “Nessuno, ci dice  l’etologo Konrad Lorenz parlando dei processi che reggono la crescita, si identifica con un essere debole e sottomesso, nessuno è disposto a farsi prescrivere da lui le norme del comportamento…”.

Possiamo invertire la tendenza? Possiamo fare un’azione sindacale che parta da questa realtà e che abbia alla propria base una riflessione sull’educazione e sulla professione?

Non lo sappiamo, ma crediamo che valga la pena di tentare.

 

24 febbraio 2009 - Serafina Gnech - Gruppo Professione Insegnante









Postato il Martedì, 24 febbraio 2009 ore 20:11:11 CET di Libero Tassella
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