Social network come Facebook e
MySpace sono giganti dai piedi d'argilla e molti di loro nel 2009
sbatteranno il muso contro la crisi. Alcuni falliranno e chiuderanno
bottega. Oppure si faranno acquistare da giganti del web. Altri
dovranno ridurre le pretese e mettere in campo rimedi sgradevoli quanto
necessari, come cominciare a far pagare gli utenti per alcuni servizi
ora dati gratis. Il problema è che la pubblicità già ora non riesce a
coprire le spese, per molti social network, e nel 2009 andrà peggio.
Sono stime che vengono dai vari ricercatori esperti di questo mercato.
Da Facebook
a MySpace, stanno tutti attraversando difficoltà. Far pagare gli
utenti? O vendersi ai grandi operatori? di ALESSANDRO LONGO
In particolare a parlare di rischio fallimento sono stati gli analisti
di Deloitte Research: fanno notare che i social network si sono fatti
prendere da manie di grandezza e ora si trovano stretti in una
tenaglia, tra i costi che crescono e i ricavi pubblicitari che non
aumentano a sufficienza. Ormai i principali siti pagano 100 milioni di
dollari l'anno, ciascuno, per archiviare i dati degli utenti. Hanno
permesso loro di pubblicare foto e video in grandi quantità. File
pesanti, che occupano spazio su hard disk e server, e che consumano
banda. Di contro, secondo Deloitte un social network tipico ricava per
ogni utente iscritto solo qualche centesimi di euro.
Gli analisti di Ovum, un altro osservatorio di ricerca, commentano
quindi che molti social network non riescono a fare ancora soldi in
modo adeguato in rapporto al numero di utenti che hanno. Vale
soprattutto per Facebook, che ha un modello di business ancora da
sistemare, e per Twitter, che invece non ne ha affatto uno. Già,
Twitter ha zero entrate: deve ancora decidere come trasformare in soldi
la propria popolarità. Pessimista è anche eMarketer, uno dei più
autorevoli osservatori specializzati. Nei giorni scorsi ha rivisto le
previsioni sui ricavi pubblicitari di Facebook, di MySpace e del
mercato in generale, per il 2008 e il 2009. Le ha ridotte del 20 per
cento circa, rispetto alle stime fatte prima della crisi.
Facebook conferma il ribasso: il ceo Mark Zuckerberg ha appena
dichiarato al BusinessWeek che prevede di ricavare 250-300 milioni nel
2008, contro i 300-350 milioni stimati in precedenza.
Dai calcoli di eMarketer si apprende anche un'altra cosa: MySpace fa da
solo circa metà dei ricavi del mercato totale dei social network.
Facebook ricava molto di meno (meno della metà di MySpace), anche se
ormai è il social network con il maggior numero di utenti al mondo (130
milioni). È come gridare che il re è nudo: Facebook è un fenomeno
sociale, richiama analisi di scrittori, guru, sta esplodendo in Italia
con un successo di pubblico insolito da queste parti, attirando nella
rete anche utenti alle prime armi con l'informatica. Eppure non riesce
a fare profitti, a differenza di MySpace, che è in positivo di poche
decine di milioni di dollari l'anno.
Nel novero dei social network che bruciano soldi, tanto popolari quanto
non profittevoli, c'è anche Youtube, posseduto da Google: anche questo
sito come Facebook è ancora alla ricerca di un modello di business
efficace. Il punto è che non è facile trasformare in denaro, con gli
sponsor pubblicitari, i dati e i contenuti forniti dagli utenti. È un
business molto nuovo, pochi grandi sponsor sono disposti a
sperimentarlo e in tempi di crisi sono ancora più prudenti del solito.
Preferiscono affidarsi a strumenti pubblicitari più consolidati, che
garantiscano meglio il ritorno dell'investimento: per esempio, link
sponsorizzati sui motori di ricerca.
Di contro, i social network devono stare attenti a non tirare troppo la
corda con i propri utenti: li farebbero fuggire, se li bombardano di
pubblicità o se sono troppo aggressivi nello sfruttare, per il
marketing, i loro dati personali.
Finora il gioco comunque si è retto in piedi, perché anche se social
network come Facebook e Twitter non fanno profitti possono contare sui
finanziamenti dei capitalisti di ventura. Sono investitori che
scommettono soldi in piccole aziende innovative e di solito hanno
pazienza anche per 5-10 anni prima di vedere un ritorno. La crisi
toglie però anche questo terreno dai piedi dei social network: i
capitalisti di ventura stanno stringendo i cordoni della borsa.
Accedere al credito diventa più difficile, i soldi disponibili
diminuiscono e vengono distribuiti con più prudenza e parsimonia. La
soluzione? Secondo gli analisti i network cercheranno di differenziare
le fonti di ricavo, affiancando l'e-commerce alla pubblicità. Alcuni
venderanno indirettamente la musica, facendo accordi con fornitori come
Amazon e Apple (iTunes). Youtube ha già fatto questo passo, MySpace lo
farà l'anno prossimo (ha annunciato). Facebook punterà di più sulla
vendita di servizi ai clienti (come i regali virtuali, che nel 2008
porteranno 50-60 milioni di dollari, secondo le stime di Silicon Alley
Insider).
È probabile quindi che diventeranno a pagamento alcuni servizi adesso
gratuiti, come la pubblicazione di video. I rimedi non basteranno a
tutti per salvare il business: gli analisti stimano quindi che alcuni
saranno costretti a chiudere o a farsi comprare da giganti come Google
o Microsoft. I quali potrebbero usare i social network per potenziare
le proprie piattaforme pubblicitarie, ora centrate sui motori di
ricerca.
La Repubblica 3 gennaio 2009