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Umanistiche: KANT E LA GUERRA

Rassegna stampa

La guerra e il superamento della guerra

di Deborah Lucchetta*

 

Un tema complesso e delicato come quello della guerra può essere affrontato molto efficacemente attraverso la breve ma intensa opera politica Per la pace perpetua (Zum ewigen Frieden), scritta da Kant nel 1795. L’importanza didattica di quest’opera risiede nella profonda attualità del progetto che essa rivendica, un progetto che in alcuni aspetti è tuttora in via di costruzione nella Comunità europea.

Il disegno kantiano, elaborato ai tempi della Rivoluzione francese, è estremamente innovativo poiché sostiene l'idea di una pace universale e permanente costruita attraverso il superamento della sovranità dei singoli stati e la formazione di uno stato federativo, l’unico compatibile con la libertà dei singoli.

 

Il progetto giuridico

Kant non era un utopista. Il suo, infatti, è un progetto giuridico che parte dalla consapevolezza che gli uomini non tendono spontaneamente alla bontà, dunque l’unica possibilità in grado di mettere la guerra fuori legge rimane la costituzione di un ordinamento giuridico sovranazionale tale da assicurare la pace. La pace, secondo Kant, non è uno stato naturale, è qualcosa che deve essere istituito attraverso un ordine legale imposto da un'autorità mondiale superiore a ogni singolo stato.

La lettura di queste pagine kantiane permette una riflessione ulteriore e trasversale su argomenti precedentemente studiati: le idee politiche fondamentali dell’Illuminismo (stato di natura, diritto di proprietà, diritti naturali, separazione dei poteri, libertà e tolleranza) che per la loro validità non tramontano mai, ma che spesso vengono dimenticati a favore della logica del progresso e del dominio.

 

Per la pace perpetua

Kant parte dalla considerazione che “la costituzione civile di ogni Stato dev'essere repubblicana” (I. Kant, Per la pace perpetua, Milano, Feltrinelli, 2007, p. 59) fondata sulla pura fonte del diritto e sulla prospettiva della pace perpetua. In questa costituzione, infatti, è richiesto l'assenso dei cittadini per decidere sull’assenso o sul rifiuto della guerra, dunque, non solo il peso della decisione ricadrà su di loro, ma anche tutte le conseguenze e le calamità che essa comporta.

Seguendo la propria natura ogni stato vorrebbe la pace durevole dominando il mondo intero; lo stato infatti è portato a impedire la mescolanza dei popoli, a tenerli separati, attraverso due mezzi: la diversità delle lingue e delle religioni (vi è forse un’epoca storica dove non siano scoppiate guerre a causa della religione? Gli esempi su cui discutere certo non mancano sia passati che attuali).

In controtendenza rispetto alle politiche dei nostri giorni che sono volte all'introduzione di eserciti permanenti e all'abolizione della leva, Kant propone l’abolizione degli eserciti permanenti, che producono una corsa senza fine agli armamenti e sono essi stessi causa di guerre aggressive. L’esercito è uno dei tre elementi di forza dello stato insieme alle alleanze strategiche e al denaro (ma è quest'ultimo, suggerisce Kant, a essere lo strumento di guerra più sicuro). Non devono essere contratti debiti pubblici in vista di conflitti esterni allo stato, poiché un sistema di debiti crescenti all’infinito rappresenta un tesoro per condurre una guerra in mano alle potenze per agire l’una contro l’altra e questa facilità nel fare una guerra sembra innata nella natura umana dei potenti e dunque un grave ostacolo alla pace perpetua.

In caso di guerra nessuno stato si può permettere ostilità tali da rendere necessariamente impossibile la reciproca fiducia in una pace futura: per esempio l’impiego di assassini, di avvelenatori, ecc. Come non pensare all’utilizzo dei bambini soldato nelle guerre tribali dell’Africa?

Lo stato di pace, secondo Kant, è qualcosa di più della semplice assenza di ostilità, la quale è sempre presente tra le regole sofistiche della politica, tra cui:

 

si fecisti, nega (p. 87), negare ogni colpa per un atto illecito commesso;

 

reservatio mentalis, come redigere trattati internazionali con espressioni che possono essere interpretate ove occorra a proprio vantaggio, "per esempio, l'uso della distinzione fra lo status quo de fait e quello de droit" (p. 94);

 

probabilismus, attribuire cattive intenzioni agli altri Stati come pretesto per attaccarli;

 

peccatum philosophicum, considerare ingiustizia veniale l'annessione di un piccolo stato da parte di uno molto più grande con un presunto maggior benessere del mondo (p. 159).

Allora come è possibile garantire la pace?

Attraverso un federalismo di stati liberi fondato sul diritto internazionale che regola il rapporto tra gli stati e sul diritto cosmopolitico che regola il rapporto fra uomini e stati in virtù delle condizioni dell'ospitalità universale. Il diritto cosmopolitico è, anzitutto, un “diritto di visita che consiste nel dichiararsi pronti a socializzare in virtù del diritto al possesso comune della superficie della terra”(p. 65). Il diritto cosmopolitico è un diritto pubblico generale in grado di attuare la pace perpetua “che sola può consentire il costante avvicinamento fra gli uomini, inevitabile a causa della forma sferica della superficie terrestre” (p. 66).

L'attualità del pensiero di Kant

Secondo Kant soltanto l'esperienza della distruttività della guerra può persuadere gli stati a rinunciare alla loro libertà selvaggia e a sottomettersi a una legge comune.

Dopo la caduta dei regimi fascisti e comunisti la maggior parte degli stati europei ha costruito il proprio futuro sulla base di governi democratici rappresentativi, l’unico pre-requisito in grado di estendere ancora di più la democrazia alle relazioni tra gli stati. Il Parlamento europeo è il laboratorio di questa nuova forma di democrazia, insieme ad altri passi compiuti come la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e la Corte penale internazionale, due esempi della tendenza ad applicare agli individui il diritto internazionale. Questi nuovi strumenti mostrano che l'ordine internazionale è cambiato e che può cambiare ancora più radicalmente.

Numerosi studiosi, come Jürgen Habermas, David Held e Otfried Hoffe , sostengono che l'idea kantiana di una Repubblica federale mondiale costituisca una possibile risposta ai problemi posti dalla globalizzazione e dalla diminuzione della sovranità degli stati. La creazione di nuove forme statuali a livello mondiale potrebbe essere una valida alternativa in grado di fronteggiare il dominio del sistema di mercato e la diffusione della violenza.

 

*Insegna Filosofia e storia presso il Liceo scientifico ‘Primo Levi’ di Montebelluna (Treviso). Ha collaborato alla stesura di Filosofie nel Tempo, opera diretta da Giorgio Penzo, a cura di Paolo Salandini e Roberto Lolli, Roma, SpazioTre, 2000-2006.

 

 

 

 

 

 

 

 









Postato il Mercoledì, 03 dicembre 2008 ore 08:11:51 CET di Salvina Torrisi
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