Il latino. Che dannazione. Provate a chiedere ai ragazzi liceali qual è la prima materia che vorrebbero scomparisse dal loro piano di studi, e vi sentirete sempre rispondere: l’idioma di Cicerone e Virgilio. E inutilmente voi ripetete che buona parte delle parole italiane derivano dal latino, che la civiltà romana è alla base della moderna civiltà europea, che ci sono classici che non si possono eliminare. Vi ascoltano, vi guardano stupiti e poi i ragazzi ripetono in coro: “Abbasso il latino!”
E così, in questo mare di odio, il latino continua ad essere, malgrè tout, studiato. E maldigerito. Perché è difficile, il latino. E’ una lingua rigorosa e lucida, ma tanto tanto complicata. E necessita di tanta tanta fatica. E, se non si sta attenti, si combinano pasticci. Prendiamo i paradigmi. Noi delle vecchie (!) generazioni ne abbiamo digeriti tantissimi a memoria, tutti lì, sul quaderno belli scritti in fila. E i nostri insegnanti ci dicevano di ripeterli sempre per esteso. Cioè Amo, amas, amavi, amatum, amare. Non –are. Amare per esteso. Guai a fare diversamente! Ci uccidevano. E anche oggi, memori degli insegnamenti dei nostri docenti, invitiamo i ragazzi a fare altrettanto. E volenterosi tanti ci ascoltano. Cioè ce lo dicono per intero questo paradigma. Solo che alcuni verbi sono, come dire, un po’ insidiosi. Prendete questo. E preparatevi a una bella risata. Dunque il paradigma fa così: Incolo, is, incolui, incultum, ere.
Classe in assoluto silenzio, alunno che declama il paradigma. Ma lo declama un po’ diverso: Incolo. Ok. Incolis. Ok. Incolui. Sì, continua. Incultum. Benissimo. Inculere.
Inculere?! Come inculere, non era incolere? Macchè. Inculere. Sonora risata dei compagni. Mamma mia, ma quant’è difficile ‘sto latino…ci fa diventare pure volgari…
SILVANA LA PORTA
E così, in questo mare di odio, il latino continua ad essere, malgrè tout, studiato. E maldigerito. Perché è difficile, il latino. E’ una lingua rigorosa e lucida, ma tanto tanto complicata. E necessita di tanta tanta fatica. E, se non si sta attenti, si combinano pasticci. Prendiamo i paradigmi. Noi delle vecchie (!) generazioni ne abbiamo digeriti tantissimi a memoria, tutti lì, sul quaderno belli scritti in fila. E i nostri insegnanti ci dicevano di ripeterli sempre per esteso. Cioè Amo, amas, amavi, amatum, amare. Non –are. Amare per esteso. Guai a fare diversamente! Ci uccidevano. E anche oggi, memori degli insegnamenti dei nostri docenti, invitiamo i ragazzi a fare altrettanto. E volenterosi tanti ci ascoltano. Cioè ce lo dicono per intero questo paradigma. Solo che alcuni verbi sono, come dire, un po’ insidiosi. Prendete questo. E preparatevi a una bella risata. Dunque il paradigma fa così: Incolo, is, incolui, incultum, ere.
Classe in assoluto silenzio, alunno che declama il paradigma. Ma lo declama un po’ diverso: Incolo. Ok. Incolis. Ok. Incolui. Sì, continua. Incultum. Benissimo. Inculere.
Inculere?! Come inculere, non era incolere? Macchè. Inculere. Sonora risata dei compagni. Mamma mia, ma quant’è difficile ‘sto latino…ci fa diventare pure volgari…
SILVANA LA PORTA