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Riforma: Il DDL Brunetta di riforma della Pubblica Amministrazione supera la commissione Affari Costituzionali del Senato

Attività parlamentare

Legislatura 16º - Disegno di legge N. 847  

 

Senato della Repubblica

 

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 

 

   

N. 847
 

 

 

 

 

 

DISEGNO DI LEGGE 
presentato dal Ministro per la pubblica amministrazione
e l’innovazione
(BRUNETTA) 
di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (TREMONTI)

 COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 26 GIUGNO 2008
Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività
del lavoro pubblico
 

 

 

   

Onorevoli Senatori. – Il disegno di legge in esame delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, intesi a modificare la disciplina relativa a taluni profili del rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, disciplina recata dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, allo scopo di ottimizzare la produttività del lavoro pubblico  

 

    Attesa la necessità – precisata, in via generale, all’articolo 1, comma 1, lettera a), del disegno di legge in esame – di garantire la convergenza del mercato del lavoro pubblico con quello del lavoro privato, i suddetti decreti legislativi dovranno introdurre misure conformi ai princìpi e criteri direttivi enunciati all’articolo 1, comma 1, precisati e sviluppati nelle successive disposizioni.
    Attraverso interventi che incidono, in generale, sull’organizzazione del lavoro pubblico, si intendono, dunque, conseguire obiettivi connessi all’accrescimento della produttività del lavoro, al fine ultimo di assicurare – senza tralasciare la garanzia della trasparenza, pubblicità ed accessibilità dei dati – il rafforzamento della tutela degli interessi pubblici e dei livelli essenziali delle prestazioni rese agli utenti.
    Si tratta, con tutta evidenza, di obiettivi che possono essere conseguiti principalmente attraverso il riconoscimento della centralità delle performances individuali e collettive, alle quali è pertanto necessario ancorare, da un lato, la disciplina relativa alla premialità ed alla meritocrazia e, dall’altro – affinché sia garantita l’esigenza di segno opposto di sanzionare l’improduttività e l’inefficienza – la disciplina concernente le ipotesi di responsabilità, i meccanismi di controllo, nonché i poteri e le sanzioni disciplinari.
    Il provvedimento legislativo in esame, dalla cui attuazione non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, è redatto in sei articoli.
    L’articolo 1 reca la delega al Governo ad emanare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi volti a modificare la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, di cui all’articolo 2, comma 2, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, e della contrattazione collettiva. È altresì prevista una delega volta a coordinare le disposizioni del presente schema di provvedimento e dei successivi decreti di attuazione con le disposizioni contenute nel predetto decreto legislativo.
    Le modifiche al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si rendono necessarie per adeguare la disciplina del rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche alle esigenze di efficienza, efficacia e produttività, nell’ottica della convergenza del mercato del lavoro pubblico con quello del lavoro privato.
    In particolare, il comma 1, nelle lettere dalla a) alla f), indica i princìpi generali entro i quali dovrà esercitarsi la delega, fissando gli obiettivi primari da raggiungere:

 

 

il miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia della contrattazione collettiva,

 

 

l’introduzione di sistemi interni ed esterni di valutazione volti a garantire un’offerta di servizi conformi agli standard internazionali di qualità,

 

 

la valorizzazione del merito cui ricollegare meccanismi premiali,

 

 

la definizione di un sistema rigoroso di responsabilità dei dipendenti pubblici,

 

 

il rafforzamento del principio di concorsualità per l’accesso al pubblico impiego e per le progressioni di carriera,

 

 

il miglioramento del sistema di formazione dei dipendenti pubblici.
    Nei successivi due commi è descritto l’iter per l’adozione del decreti legislativi di attuazione, che prevede la proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, il concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e la trasmissione alla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, ed alle Commissioni parlamentari competenti, al fine di acquisirne i prescritti pareri.
    Il comma 3 dell’articolo in esame prevede, infine, che entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti di attuazione della delega di cui al comma 1, il Governo può emanare, sulla base dei medesimi princìpi e criteri direttivi, ulteriori provvedimenti legislativi correttivi e integrativi della disciplina in esame.

 

 

Il successivo comma 4 stabilisce che gli stessi decreti legislativi di cui al comma 1 individueranno le disposizioni rientranti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, della Costituzione e quelle contenenti princìpi generali dell’ordinamento giuridico. Il comma 5 prevede espressamente che i criteri di delega si applicano alla Presidenza del Consiglio dei ministri solo in quanto compatibili con lo specifico ordinamento e nel rispetto delle funzioni di indirizzo e coordinamento.
    L’articolo 2 è finalizzato a modificare la disciplina della contrattazione collettiva nel settore pubblico, in considerazione della necessità di assicurare una più netta ripartizione tra le materie sottoposte alla legge (quali gli atti macro-organizzativi pubblicistici e quelli datoriali di gestione) e le materie di pertinenza della contrattazione collettiva (lettera a)).
    Con l’articolo 2 si delega il Governo a perseguire un’azione di rilancio della pubblica amministrazione e di miglioramento dell’organizzazione degli uffici pubblici, accompagnandola con specifiche misure volte a creare un ambiente di lavoro più produttivo, a garantire l’efficienza ed il rendimento complessivo delle amministrazioni pubbliche ed a ridurre in modo significativo i costi, con positive ricadute sia per i dipendenti pubblici sia per i cittadini-utenti.
    I princìpi e i criteri direttivi cui deve attenersi il Governo nell’adozione dei relativi decreti legislativi sono contenuti nel comma 2, che li elenca nelle lettere dalla a) alla l).
    In particolare, è stabilito che debbano essere riservate alla legge le seguenti materie (lettera b)): 1) organizzazione degli uffici;

 

 

2) criteri generali, metodologie, procedure e finalità della valutazione del personale;

 

 

3) individuazione degli strumenti premiali e di incentivazione della produttività;

 

 

4) regime della responsabilità e delle relative sanzioni disciplinari, in conformità con quanto previsto da specifiche disposizioni del decreto legislativo n. 165 del 2001;

 

 

5) criteri generali in materia di progressione professionale a carattere concorsuale.
    Accanto a meccanismi d’inserzione automatica di clausole in caso di nullità delle disposizioni contrattuali per violazione di legge o dei limiti fissati dalla contrattazione collettiva nazionale, sono, inoltre, previsti procedimenti periodici di monitoraggio sull’effettività e congruenza, anche in relazione agli specifici andamenti ed alle esigenze della contrattazione collettiva, della ripartizione delle materie affidate alla regolamentazione della legge o dei contratti collettivi, ciò al fine di adottare aggiustamenti dei rispettivi ambiti di competenza (lettere d) ed e)).
    È introdotta, inoltre, l’individuazione di appositi criteri di regolazione della contrattazione integrativa, al fine di consentire il pieno raccordo tra situazione economica e finanziaria e rendimento complessivo delle singole amministrazioni, nonché un rafforzamento dei controlli sui contratti collettivi integrativi e sull’impatto degli stessi per la collettività, attraverso l’adozione di uno schema standardizzato di relazione tecnica contenente i contenuti minimi ai fini della valutazione degli organi di controllo, in ordine alle compatibilità economico-finanziarie derivanti dalle attività negoziali della contrattazione collettiva integrativa ed il potenziamento delle amministrazioni addette ai controlli (lettere da f) a h)).
    Infine, è previsto un riordino dell’ARAN, volto al rafforzamento della rappresentatività delle esigenze datoriali e dell’indipendenza dalle organizzazioni sindacali, nonché al potenziamento del potere di rappresentanza delle regioni (lettera i).
    L’ultimo criterio direttivo, contenuto nella lettera l), si sostanzia nella previsione dell’imputabilità della spesa per il personale rispetto ai servizi erogati e di apposite modalità di pubblicazione degli atti riguardanti la spesa stessa. La proposta normativa trova, sotto tale profilo, il suo fondamento nei moderni princìpi di governance, per cui il cittadino e le imprese sono posti al centro del sistema quali utenti di servizi che la pubblica amministrazione deve fornire in modo efficiente ed efficace garantendone la migliore qualità.
    L’articolo 3 contiene, invece, la delega al Governo per la revisione della disciplina del sistema di valutazione delle performances delle strutture pubbliche e del personale dipendente. Sul punto è da sottolineare la prassi assai diffusa di focalizzare l’analisi delle performances, che ha quale obiettivo principale quello di migliorare l’accreditamento della pubblica amministrazione verso l’esterno.
    Il Governo è, pertanto, delegato ad introdurre i seguenti correttivi al vigente assetto delle amministrazioni pubbliche.
    In primo luogo, i criteri direttivi di cui alle lettere a) e b) prevedono l’obbligo di predisporre un sistema di indicatori di produttività in ordine alla valutazione del rendimento del personale delle amministrazioni pubbliche, correlati agli obiettivi assegnati e alla pianificazione strategica.
    La lettera c) è finalizzata a consentire il riordino, in particolare, degli uffici preposti all’attività di valutazione e controllo strategico, di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286; allo stesso modo, la lettera f), ai fini della valutazione e delle verifiche delle spese per il personale, prevede l’ampliamento dei poteri ispettivi dell’ispettorato per la funzione pubblica di cui all’articolo 60, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
    La lettera d) contiene, invece, l’istituzione, presso il Dipartimento della funzione pubblica, di un organismo collegiale, composto da personalità ed esperti in materia, che accettino di prestare la propria collaborazione a titolo gratuito, con il compito di validare i sistemi di valutazione e monitoraggio adottati dalle singole amministrazioni centrali. A quest’ultimo fine, il predetto organismo è, inoltre, chiamato a svolgere un ruolo di impulso, di definizione e di coordinamento delle linee guida per l’individuazione di idonei meccanismi di valutazione del personale e delle strutture delle predette pubbliche amministrazioni; inoltre, la lettera e) mira a promuovere ed assicurare la trasparenza e l’accessibilità delle attività di valutazione effettuate dalle amministrazioni in esame. Dall’attuazione delle disposizioni poc’anzi richiamate non devono derivare, infine, nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
    L’articolo 4 del disegno di legge individua, invece, i princìpi e i criteri direttivi ai quali il Governo, in virtù della delega ad esso conferita all’articolo 1, deve attenersi per l’adozione di un decreto legislativo avente ad oggetto misure intese a favorire il merito, nonché ad introdurre meccanismi di premialità nel lavoro pubblico.
    Per la realizzazione di tali obiettivi si ritiene opportuno introdurre nell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni metodi idonei alla incentivazione della produttività e della qualità delle prestazioni lavorative, tali da consentire una giusta valorizzazione del merito. In tale ottica, proprio per dare effettività al principio meritocratico, si intende inoltre garantire concreta attuazione ai princìpi di selettività e concorsualità con riferimento alle progressioni di carriera ed al riconoscimento degli incentivi.
    Il comma 2 dell’articolo in esame enuncia, dunque, princìpi e criteri direttivi orientati ad un necessario adeguamento dell’assetto organizzativo delle pubbliche amministrazioni, improntato alla valorizzazione del criterio meritocratico.
    In particolare, la lettera a) prevede che siano stabilite percentuali minime di risorse da destinare al merito e alla produttività del singolo dipendente, sulla base della misurazione del contributo e del rendimento di quest’ultimo, misurazione realizzata secondo criteri oggettivi ed in considerazione dei risultati conseguiti. Al riguardo, il criterio di delega in esame è volto a garantire che l’attribuzione delle predette risorse non avvenga mediante una corresponsione generalizzata ed indifferenziata di indennità e premi incentivanti a tutto il personale.
    Inoltre, a favore del personale coinvolto, direttamente e proficuamente, nei processi di ristrutturazione e razionalizzazione, sono destinate parte delle economie conseguite con risparmi sui costi di funzionamento (lettera b)).
    La norma intende, altresì, favorire la realizzazione di progetti innovativi che ampliano i servizi al pubblico dal punto di vista quantitativo e qualitativo, prevedendo l’individuazione di ulteriori e specifici criteri premiali in favore del personale coinvolto in tali progetti (lettera f)).
    Gli ulteriori princìpi e criteri direttivi attengono, invece, alle progressioni economiche e di carriera rispetto alle quali si intende valorizzare i princìpi di selettività (lettera c). Si prevede, infine, che le progressioni di carriera avvengano per concorso pubblico con una riserva a favore del personale interno di una quota comunque non superiore al 50 per cento (lettera e)).
    Si prevede, inoltre, la possibilità di accedere dall’esterno alle posizioni apicali nell’ambito delle aree funzionali, anche attraverso un corso-concorso bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione (lettera d)).
    L’articolo 5 del disegno di legge muove dall’esigenza di operare una revisione complessiva del dettato normativo vigente in materia di dirigenza pubblica, al fine di favorire una migliore e più efficiente organizzazione del lavoro pubblico, nonché di contribuire al progressivo miglioramento del livello e della qualità dei servizi pubblici offerti ai cittadini ed alle imprese. In particolare, l’obiettivo dell’intervento normativo in questione è quello di traslare nell’ambito del lavoro pubblico i più efficaci criteri di organizzazione, gestione e valutazione propri del lavoro privato, consentendo un costante innalzamento del livello complessivo di produttività delle pubbliche amministrazioni, sia attraverso la valorizzazione del merito e della professionalità, che tramite la conseguente individuazione ed eliminazione di alvei di inefficienza ed improduttività.
    Il comma 2 del predetto articolo individua, pertanto, una serie di princìpi e criteri direttivi necessari ad attuare l’obiettivo appena tratteggiato.
    In particolare, la lettera a) del citato comma si muove nell’ottica di attribuire e garantire al dirigente pubblico piena autonomia nella gestione delle risorse umane, nonché la competenza esclusiva nell’organizzazione degli uffici e dei servizi, nella valutazione del personale e nell’utilizzo dell’istituto della mobilità individuale di cui all’articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
    La lettera b) prevede, invece, l’introduzione di una specifica ipotesi di responsabilità dirigenziale per omessa vigilanza sull’effettiva produttività delle risorse allo stesso assegnate, la quale si pone nella direzione di un necessario bilanciamento tra i maggiori e più penetranti poteri di gestione conferiti a chi dirige la struttura pubblica ed il fondamentale principio di responsabilità.
    Le disposizioni di cui alla lettera c) sono finalizzate a rivedere la disciplina relativa all’accesso alla dirigenza nell’ottica di una forte valorizzazione del merito e della professionalità. In particolare, il criterio di delega in esame stabilisce che, nell’ambito di una percentuale determinata di posti, l’accesso agli incarichi dirigenziali di livello generale avvenga mediante il ricorso a procedure selettive pubbliche di tipo concorsuale.
    Alla lettera d) si prevede, invece, l’avvio di una ridefinizione dei criteri di conferimento, rinnovo o revoca degli incarichi dirigenziali, al fine di adeguare la relativa disciplina ai princìpi di trasparenza e pubblicità, nonché alla recente giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori. La norma in esame introduce, inoltre, un principio di limitazione dei casi di conferimento degli incarichi ai dirigenti non appartenenti ai ruoli ed ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione.
    La lettera e) si pone l’obiettivo di ridefinire e ampliare le competenze del Comitato dei garanti di cui all’articolo 22 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, attribuendo al predetto Comitato specifici poteri finalizzati a verificare l’osservanza dei criteri di conferimento o di mancata conferma degli incarichi dirigenziali, nonché l’effettiva adozione ed utilizzo dei sistemi di valutazione ai fini del conferimento o della mancata conferma dei citati incarichi.
    La disposizione di cui alla lettera f) è, invece, indirizzata a valorizzare le eccellenze nell’ambito della dirigenza pubblica, mediante l’erogazione mirata del trattamento economico accessorio (anche nella misura massima) ad un numero limitato di dirigenti, in base ai risultati ottenuti all’esito della valutazione effettuata ai sensi dell’articolo 3 del disegno di legge in esame.
    La lettera g) mira a riformare la disciplina delle incompatibilità per i dirigenti pubblici, al fine di rafforzarne l’autonomia e l’indipendenza rispetto alle organizzazioni rappresentative dei lavoratori.
    La disposizione di cui alla lettera h) introduce, infine, un criterio di delega per favorire la semplificazione della disciplina sulla mobilità nazionale e internazionale dei dirigenti delle pubbliche amministrazioni, al fine di renderne più ampia l’applicazione e di valorizzare il relativo periodo lavorativo nell’ambito delle procedure per il conferimento di altri incarichi dirigenziali.
    Il criterio di delega di cui alla lettera i) pone, infine, lo specifico divieto di corrispondere ai dirigenti l’indennità di risultato qualora le amministrazioni di appartenenza non abbiano predisposto sistemi di valutazione dei risultati coerenti con i princìpi contenuti nel disegno di legge.
    L’articolo 6 del disegno di legge, infine, delega il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi finalizzati a modificare la disciplina delle sanzioni disciplinari e delle responsabilità nell’ambito del rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, dettata dall’articolo 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e dalle norme speciali sulla medesima materia.
    La riforma del vigente assetto normativo si rende necessaria per adeguare la disciplina delle sanzioni disciplinari e delle responsabilità nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche alle esigenze di potenziamento dell’efficienza e della produttività degli uffici pubblici.
    In particolare, il comma 1 dell’articolo in esame, affida al Governo la delega a emanare decreti legislativi rivolti a porre in essere un sistema di princìpi e disposizioni, inderogabili da parte della contrattazione collettiva, diretti alla lotta alla scarsa produttività e all’assenteismo, riconnettendo a conclamate situazioni di assenteismo, inefficienza o scarso rendimento la sanzione disciplinare del licenziamento.
    Il comma 2 dell’articolo 6 è suddiviso nelle lettere da a) a i), che contengono i princìpi e i criteri direttivi per l’adozione dei decreti legislativi attraverso i quali perseguire gli obiettivi individuati nel primo comma.
    Il Governo dovrà innanzi tutto conseguire tali obiettivi attraverso la semplificazione e l’accelerazione dei tempi e delle modalità di svolgimento delle varie fasi del procedimento disciplinare, prevedendo che lo stesso possa proseguire e concludersi anche in pendenza del procedimento penale (lettere a) e b)), in conformità a quanto avviene nel rapporto del lavoro privato. Inoltre, dovrà essere ridefinita la tipologia delle infrazioni comportanti il licenziamento, in particolare, per scarso rendimento e per falsificazione di attestazioni di presenze o presentazione di certificati medici falsi, prevedendo in queste due ultime ipotesi di condotta l’introduzione di una fattispecie autonoma di reato (lettera c)).
    La lettera d) prevede, poi, l’introduzione di meccanismi di controllo più rigorosi durante il periodo d’assenza del dipendente per malattia, con connesse responsabilità disciplinari e licenziamento dei medici addetti, se dipendenti pubblici, in caso di concorso degli stessi nella falsificazione dei certificati attestanti lo stato di malattia.
    Il criterio di cui alla lettera f) prevede, poi, la configurazione di un’ipotesi di illecito disciplinare in relazione alla condotta colposa del pubblico dipendente cui sia connessa la condanna della pubblica amministrazione al risarcimento dei danni.
    La lettera g) contiene, inoltre, la delega al Governo finalizzata a disciplinare procedure e modalità per il collocamento a disposizione e licenziamento del personale che, in quanto inefficiente, abbia arrecato grave danno al normale funzionamento degli uffici.
    La lettera h) sancisce, invece, la responsabilità dell’organo procedente per mancato esercizio o per decadenza dell’azione disciplinare in caso di negligenza.
    Infine, un’altra importante direttrice lungo la quale si snoda l’articolo in esame è quella relativo all’ampliamento dei poteri disciplinari assegnati al dirigente (lettera i)), che mira a consentire allo stesso dirigente l’erogazione diretta di sanzioni conservative, quali la multa o la sospensione.

 

 

*  *  *

 

 

    Non si provvede alla redazione della relazione tecnica in quanto dall’attuazione della delega non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, trattandosi di attività che saranno svolte a titolo gratuito dagli esperti chiamati alla validazione dei sistemi di valutazione e monitoraggio adottati dalle singole amministrazioni centrali e che in tutti gli altri casi possono essere svolte dai competenti uffici, anche del Dipartimento della funzione pubblica, attraverso un processo di razionalizzazione nell’utilizzo delle risorse umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

 

 

 

 

DISEGNO DI LEGGE

 

 

Art. 1.

 

 

(Delega al Governo in materia di riforma del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni)

 

 

    1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, entro il termine di nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti a riformare, anche mediante modifiche al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, di cui all’articolo 2, comma 2, del medesimo decreto legislativo e della relativa contrattazione collettiva per il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

 

 

        a) convergenza del mercato del lavoro pubblico con quello del lavoro privato;

 

 

        b) miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia delle procedure della contrattazione collettiva;
        c) introduzione di sistemi interni ed esterni di valutazione del personale e delle strutture, finalizzati ad assicurare l’offerta di servizi conformi agli standard internazionali di qualità;
        d) valorizzazione del merito e conseguente riconoscimento di meccanismi premiali;
        e) definizione di un sistema più rigoroso di responsabilità dei dipendenti pubblici;
        f) affermazione del principio di concorsualità per l’accesso al lavoro pubblico e per le progressioni di carriera.

 

 

    2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati nell’osservanza dei princìpi e criteri direttivi fissati dai seguenti articoli, nonché nel rispetto del principio di pari opportunità, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e sono trasmessi alla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, ed alle Commissioni parlamentari competenti, le quali esprimono il proprio parere entro trenta giorni dalla data della trasmissione; decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l’espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto al comma 1, o successivamente, quest’ultimo termine è prorogato di sessanta giorni.

 

 

    3. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può emanare eventuali disposizioni integrative correttive, con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri.
    4. I decreti legislativi di cui al comma 1 individuano le disposizioni rientranti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, della Costituzione, e quelle contenenti princìpi generali dell’ordinamento giuridico.
    5. I princìpi e i criteri di delega contenuti nella presente legge si applicano alla Presidenza del Consiglio dei ministri solo in quanto compatibili con lo specifico ordinamento, e nel rispetto delle funzioni di indirizzo e coordinamento attribuite al Presidente del Consiglio dei ministri, anche attraverso il ricorso ad apposita disciplina.

 

 

Art. 2.

 

 

(Princìpi e criteri in materia di contrattazione collettiva e integrativa e funzionalità delle amministrazioni pubbliche)

 

 

    1. L’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzato a modificare la disciplina della contrattazione collettiva nel settore pubblico al fine di conseguire una migliore organizzazione del lavoro e ad assicurare il rispetto della ripartizione tra le materie sottoposte alla legge e quelle sottoposte alla contrattazione collettiva.

 

 

    2. Nell’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

 

        a) definire e precisare gli ambiti della disciplina del rapporto di lavoro pubblico riservati rispettivamente alla contrattazione collettiva e alla legge;

 

 

        b) prevedere, in ogni caso, che siano definite ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le seguenti materie:

 

 

            1) organizzazione degli uffici;

 

 

            2) criteri generali, metodi, procedure e finalità della valutazione del personale;
            3) individuazione degli strumenti volti a premiare e ad incentivare la produttività e la qualità della prestazione lavorativa, ferme restando le competenze della contrattazione collettiva in materia di trattamento economico;
            4) regime della responsabilità, ivi compresi i princìpi in materia di tipologia delle infrazioni, delle relative sanzioni e del procedimento disciplinare in conformità con quanto previsto dall’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
            5) criteri generali in materia di progressione professionale a carattere concorsuale;

 

 

        c) fare in ogni caso salvo quanto previsto dagli articoli 2, comma 2, secondo periodo, e 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

 

 

        d) prevedere meccanismi periodici di monitoraggio sull’effettività e congruenza, anche in relazione agli specifici andamenti ed alle esigenze della contrattazione collettiva, della ripartizione delle materie affidate alla regolamentazione della legge o dei contratti collettivi, anche al fine di modificarne i relativi ambiti di competenza;
        e) prevedere lo strumento dell’inserzione automatica delle disposizioni legislative inderogabili in caso di nullità delle clausole contrattuali per violazione di norme imperative e dei limiti fissati alla contrattazione collettiva;
        f) individuare criteri di regolazione della contrattazione collettiva integrativa al fine di evitare superamenti dei vincoli di bilancio anche mediante la fissazione di tetti o di bande di oscillazione tra minimo e massimo;
        g) prevedere ai fini dell’accertamento dei costi della contrattazione integrativa, uno schema standardizzato di relazione tecnica recante i contenuti minimi necessari per la valutazione degli organi di controllo, della compatibilià economico-finanziaria; prevedere adeguate forme di pubblicizzazione ai fini della valutazione, da parte dell’utenza, dell’impatto della contrattazione integrativa sul funzionamento evidenziando le richieste e le previsioni di interesse per la collettività;
        h)  potenziare le amministrazioni interessate al controllo attraverso il trasferimento di personale in mobilità ai sensi dell’articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127;
        i) riordinare le procedure di contrattazione collettiva, anche integrativa, e riformare l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), con particolare riguardo alle competenze, alla struttura ed agli organi della medesima Agenzia, secondo i seguenti criteri:

 

 

            1) rafforzamento dell’indipendenza dell’ARAN dalle organizzazioni sindacali anche attraverso la revisione dei requisiti soggettivi e delle incompatibilità dei componenti dei relativi organi, con particolare riferimento ai periodi antecedenti e successivi allo svolgimento dell’incarico, e del personale dell’Agenzia;

 

 

            2) potenziamento del potere di rappresentanza delle Regioni e degli enti locali;
            3) ridefinizione della struttura e delle competenze dei comitati di settore;
            4) riduzione del numero dei comparti e delle aree di contrattazione, ferma restando la competenza della contrattazione collettiva per l’individuazione della relativa composizione, anche con riferimento alle aziende ed enti di cui all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni;
            5) modificazione, in coerenza con il settore privato, della durata dei contratti al fine di ridurre i tempi e i ritardi dei rinnovi e di far coincidere il periodo di regolamentazione giuridica con quello di regolamentazione economica;
            6) rafforzamento del regime dei controlli sui contratti collettivi integrativi, in particolare prevedendo specifiche responsabilità delle parti contraenti e degli organismi deputati al controllo sulla compatibilità dei costi;

 

 

        l) prevedere l’imputabilità della spesa per il personale rispetto ai servizi erogati e definire le modalità di pubblicità degli atti riguardanti la spesa per il personale e dei contratti attraverso gli istituti e gli strumenti previsti dal codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

 

 

Art. 3.

 

 

(Princìpi e criteri in materia di valutazione delle strutture e del personale delle amministrazioni pubbliche)

 

 

    1. L’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzata a modificare ed integrare la disciplina del sistema di valutazione delle strutture e dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, al fine di assicurare elevati standard qualitativi ed economici dell’intero procedimento di produzione del servizio reso all’utenza tramite la valorizzazione del risultato ottenuto dalle singole strutture.

 

 

    2. Nell’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

 

        a) individuare sistemi di valutazione delle amministrazioni pubbliche diretti a rilevare, anche mediante ricognizione e utilizzo delle fonti informative esistenti in materia, la corrispondenza dei servizi e dei prodotti resi ad oggettivi standard di qualità, rilevati anche a livello internazionale;

 

 

        b) prevedere l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di predisporre, con periodicità annuale, un sistema di indicatori di produttività e di misuratori della qualità del rendimento del personale, correlato al rendimento individuale ed al risultato conseguito dalla struttura;
        c) riordinare gli organismi che svolgono funzioni di controllo e valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche secondo i seguenti criteri:

 

 

            1) estensione della valutazione a tutto il personale dipendente;

 

 

            2) definizione di requisiti di elevata professionalità ed esperienza dei componenti degli organismi di valutazione;
            3) assicurazione della piena autonomia della valutazione;

 

 

        d) prevedere l’istituzione presso il Dipartimento della funzione pubblica, eventualmente in raccordo con altri enti o soggetti pubblici, di un organismo centrale che opera in raccordo con il Ministero dell’economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato con il compito di validare i sistemi di valutazione adottati dalle singole amministrazioni centrali, indirizzare, coordinare e sovrintendere all’esercizio delle funzioni di valutazione, nonché di informare annualmente il Ministro per l’attuazione del programma di Governo sull’attività svolta. I componenti del predetto organismo sono scelti tra persone di elevata professionalità, anche estranee all’amministrazione, prestano la loro collaborazione a titolo gratuito e sono nominati, nel rispetto del principio di equilibrio di genere, dal Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro per l’attuazione del programma di Governo, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari;

 

 

        e) assicurare la totale accessibilità dei dati relativi ai servizi resi dalla pubblica amministrazione tramite la pubblicità e la trasparenza degli indicatori e delle valutazioni operate da ciascuna pubblica amministrazione;
        f) ampliamento dei poteri ispettivi con riferimento alle verifiche ispettive integrate di cui all’articolo 60, commi 5 e 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

 

 

    3. Dall’attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

Art. 4.

 

 

(Princìpi e criteri finalizzati a favorire il merito e la premialità)

 

 

    1. L’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzato ad introdurre nell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni strumenti di valorizzazione del merito e metodi di incentivazione della produttività e della qualità della prestazione lavorativa, vincolanti per la contrattazione collettiva, anche mediante l’affermazione del principio di selettività e di concorsualità nelle progressioni di carriera e nel riconoscimento degli incentivi.

 

 

    2. Nell’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

 

        a) stabilire percentuali minime di risorse da destinare al merito e alla produttività, previa misurazione, secondo criteri oggettivi del contributo e del rendimento del singolo dipendente formulati in relazione al risultato, evitando la corresponsione generalizzata ed indifferenziata di indennità e premi incentivanti a tutto il personale;

 

 

        b) destinare al personale, direttamente e proficuamente coinvolto nei processi di ristrutturazione e razionalizzazione, parte delle economie conseguite con risparmi sui costi di funzionamento;
        c) stabilire che le progressioni meramente economiche avvengano secondo princìpi di selettività;
        d) definire una riserva di accesso dall’esterno alle posizioni economiche apicali nell’ambito delle rispettive aree funzionali, anche tramite un corso-concorso bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione;
        e) stabilire che le progressioni di carriera avvengano per concorso pubblico, limitando le aliquote da destinare al personale interno ad una quota comunque non superiore al 50 per cento;
        f) individuare specifici e ulteriori criteri premiali per il personale coinvolto in progetti innovativi che ampliano i servizi al pubblico, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.

 

 

Art. 5.

 

 

(Princìpi e criteri in materia di dirigenza pubblica)

 

 

    1. L’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzato a modificare la disciplina della dirigenza pubblica, al fine di conseguire la migliore organizzazione del lavoro e di assicurare il progressivo miglioramento della qualità delle prestazioni erogate al pubblico, utilizzando anche i criteri di gestione e di valutazione del settore privato, nonché al fine di realizzare adeguati livelli di produttività del lavoro pubblico e di favorire il riconoscimento di meriti e demeriti.

 

 

    2. Nell’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

 

        a) affermare la piena autonomia e responsabilità del dirigente, in qualità di datore di lavoro pubblico, nella gestione delle risorse umane, attraverso il riconoscimento in capo allo stesso della competenza esclusiva con particolare riferimento alle seguenti materie:
            1) individuazione dei profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti istituzionali dell’ufficio cui è preposto;

 

 

            2) valutazione del personale e conseguente riconoscimento degli incentivi alla produttività;
            3) utilizzo dell’istituto della mobilità individuale di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, secondo criteri oggettivi finalizzati ad assicurare la trasparenza delle scelte operate;

 

 

        b) prevedere una specifica ipotesi di responsabilità del dirigente, in relazione agli effettivi poteri datoriali, nel caso di omessa vigilanza sulla effettiva produttività delle risorse umane assegnate e sull’efficienza della relativa struttura;

 

 

        c) rivedere in senso meritocratico la disciplina dell’accesso alla dirigenza prevedendo, in particolare, che l’accesso alla prima fascia dirigenziale avvenga mediante il ricorso a procedure selettive pubbliche concorsuali per una percentuale dei posti, altresì adottando le necessarie misure volte a mettere a regime il nuovo sistema di accesso in raccordo con il regime vigente;
        d) ridefinire i criteri di conferimento, mutamento o revoca degli incarichi dirigenziali, adeguando la relativa disciplina ai princìpi di trasparenza e pubblicità ed ai princìpi desumibili anche dalla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori, escludendo la conferma dell’incarico dirigenziale ricoperto in caso di mancato raggiungimento dei risultati, secondo i sistemi di valutazione adottati dall’amministrazione, e limitando i casi di conferimento, rispetto a quanto previsto dalle norme vigenti, degli incarichi ai dirigenti non appartenenti ai ruoli ed ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione;
        e) ridefinire e ampliare le competenze del Comitato dei garanti di cui all’articolo 22 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con particolare riferimento alla verifica sul rispetto dei criteri di conferimento o di mancata conferma degli incarichi, nonché sull’effettiva adozione ed utilizzo dei sistemi di valutazione al fine del conferimento o mancata conferma degli incarichi;
        f) valorizzare le eccellenze nel raggiungimento degli obiettivi fissati mediante erogazione mirata del trattamento economico accessorio ad un numero limitato di dirigenti nell’ambito delle singole strutture cui può essere attribuita la misura massima del trattamento medesimo in base ai risultati ottenuti nel procedimento di valutazione di cui all’articolo 3;
        g) rivedere la disciplina delle incompatibilità per i dirigenti pubblici e rafforzarne l’autonomia rispetto alle organizzazioni rappresentative dei lavoratori e all’autorità politica;
        h) semplificare la disciplina della mobilità nazionale e internazionale dei dirigenti delle pubbliche amministrazioni, al fine di renderne più ampia l’applicazione e di valorizzare il relativo periodo lavorativo ai fini del conferimento degli incarichi;
        i) stabilire il divieto di corrispondere l’indennità di risultato ai dirigenti qualora le amministrazioni di appartenenza non abbiano predisposto sistemi di valutazione dei risultati coerenti con i princìpi contenuti nella presente legge.

 

 

Art. 6.

 

 

(Princìpi e criteri in materia di sanzioni disciplinari e responsabilità
dei dipendenti pubblici)

 

 

    1. L’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzato a modificare la disciplina delle sanzioni disciplinari e della responsabilità dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e delle norme speciali vigenti in materia, al fine di potenziare il livello di efficienza degli uffici pubblici contrastando i fenomeni di scarsa produttività ed assenteismo. Nell’ambito delle suddette norme sono individuate le disposizioni inderogabili inserite di diritto nel contratto collettivo ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile.

 

 

    2. Nell’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

 

        a) semplificare le fasi dei procedimenti disciplinari, con particolare riferimento a quelli per le infrazioni di minore gravità, nonché accelerare i termini del procedimento disciplinare, escludendo la natura perentoria di quelli che non attengono a fasi o ad attività che incidono direttamente sul diritto di difesa del dipendente e prevedendo l’obbligo della comunicazione immediata, per via telematica, della sentenza di condanna penale ai soggetti interessati;

 

 

        b) prevedere che il procedimento disciplinare possa proseguire e concludersi anche in pendenza del procedimento penale, stabilendo eventuali meccanismi di raccordo all’esito di quest’ultimo;
        c) definire la tipologia delle infrazioni che, per la loro gravità, comportano l’irrogazione della sanzione disciplinare del licenziamento, ivi comprese quelle relative a casi di scarso rendimento, di attestazioni non veritiere di presenze e di presentazione di certificati medici non veritieri da parte di pubblici dipendenti, prevedendo altresì, in relazione a queste due ultime ipotesi di condotta, una fattispecie autonoma di reato, con applicazione di una sanzione non inferiore a quella stabilita per il delitto di cui all’articolo 640, secondo comma, del codice penale e la procedibilità d’ufficio;
        d) introdurre meccanismi più rigorosi per l’esercizio dei controlli medici durante il periodo di assenza per malattia del dipendente e prevedere, in particolare, la responsabilità disciplinare ed il licenziamento per giusta causa del medico, se pubblico dipendente, nel caso in cui lo stesso concorra alla falsificazione di documenti attestanti lo stato di malattia ovvero vìoli i canoni di ordinaria diligenza nell’accertamento della patologia;
        e) prevedere, a carico del dipendente responsabile, l’obbligo del risarcimento del danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché del danno all’immagine subito dall’amministrazione;
        f) prevedere ipotesi di illecito disciplinare in relazione alla condotta colposa del pubblico dipendente che abbia determinato la condanna della pubblica amministrazione al risarcimento dei danni;
        g) prevedere procedure e modalità per il collocamento a disposizione ed il licenziamento, nel rispetto del principio del contraddittorio, del personale che abbia arrecato grave danno al normale funzionamento degli uffici di appartenenza per inefficienza o incompetenza professionale;
        h) prevedere la responsabilità, per mancato esercizio o per decadenza dell’azione disciplinare dovuta a negligenza, dell’organo procedente;
        i) ampliare i poteri disciplinari assegnati al dirigente prevedendo, altresì, l’erogazione di sanzioni conservative quali, tra le altre, la multa o la sospensione del rapporto di lavoro, nel rispetto del principio del contraddittorio.

 

 

 

 









Postato il Venerdì, 14 novembre 2008 ore 22:06:03 CET di Salvatore Indelicato
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