«Un romanziere può nascondere la propria identità dietro la sua narrativa per tutto l’arco della sua vita, ma nel lavoro di un poeta si trova la magmatica, emozionale storia del suo cuore e della sua anima. Una registrazione, per quanto in apparenza dissimulata, che non può essere falsificata, supponendo che le poesie siano vere per il poeta, e quali poesie non lo sono, se sono poesie? La vita interiore è più leggibile, purché solo dopo un’accurata ricerca, di qualsiasi autoritratto in un racconto o romanzo.
Sono diventato uno scrittore pensandomi più come poeta che come romanziere. La poesia era più importante della narrativa. Benché la narrativa abbia dominato la mia vita di scrittore (forse per impedirmi di essere pigro), io penso ancora che la poesia sia un mezzo di espressione superiore alla prosa. Comunque, è di gran lunga più antica, per quanto finora ne sappiamo parte da Esiodo. I due grandi libri di Omero, l’Iliade e l’Odissea sono, per me, romanzi in versi, entrambi con una potente capacità narrativa. Il lungo poema di Byron Don Juan è un esempio più vicino a noi di questo genere».( I temi della sua poesia sono legati al mondo: la crisi del rapporto fra uomini e città, il richiamo della natura, ricordi. È d’accordo?
«Non ho mai sentito alcun bisogno consapevole di dare un tema alle mie poesie, anche se naturalmente ce l’hanno. Principalmente riguardano amore e morte, e di rado sono collegate col mondo in senso politico o sociale. Politica e poesia non si incontrano mai, a mio modo di vedere. E in realtà nemmeno politica e romanzo, benché narrativa e poesia possano dare un volto umano alla politica».
Il suo libro più di recente tradotto in italiano, «Ritratto di un saccheggio» (Edizioni del Leone, 2007), si può considerare un compendio del suo lavoro poetico? Pensa che sia il suo libro più 'europeo'?
«Le mie Poesie scelte del 1995 vengono da sette volumi precedenti pubblicati fra il 1959 e il 1995. Ho scelto meno della metà dei versi da questi libri Lo scrittore Alan Sillitoe
e rivisto ciascuna poesia. È difficile considerare finita una poesia. Qualcuna ha bisogno di una riscrittura completa, quasi tutte di una revisione. Quando ho pubblicato per la prima volta ho pensato che fossero finite, ma in seguito mi è apparso evidente che non lo erano. Nel futuro posso vedere bene che la revisione è ancora necessaria. È impossibile a dirsi se mai ci sarà un tempo in cui non ci sarà bisogno di fare nient’altro. Non parlo dei temi della mia poesia, ma posso tuttavia parlare delle circostanze in cui la poesia [eponima dell’edizione italiana] Ritratto di un saccheggio
è stata scritta. Era inclusa nel mio primo libro di poesie, I topi e altre poesie (1959), con testi per lo più scritti negli anni Cinquanta. Prima dei trent’anni avevo vissuto otto anni fuori dall’Inghilterra, e questo si rivelò la cosa migliore che mi sia mai accaduta. Tornando da Maiorca nel 1958, fu una specie di incubo, o shock, vedere, dopo il tempo trascorso in austerità, la ricchezza e l’opulenza di Londra. Ma io stavo tornando da quello che sembrava un lungo periodo di esilio, che era stato necessario per la mia preparazione a diventare uno scrittore. La poesia non era realistica, tuttavia rifletteva la divisione del mondo fra quelli che erano ricchi e quelli che vivevano esistenze precarie e che un giorno certamente avrebbero sopraffatto luoghi come Londra. Dopo otto anni come in esilio, un tale stato mentale continua per il resto della vita. Quel dislocamento mette lo scrittore al di fuori della società, in modo che possa osservarla meglio».
Nei suoi primi libri ha scritto dei problemi della società inglese della metà del secolo scorso. Com’è cambiata questa società? E come ne parlerebbe adesso?
«Nella metà del secolo scorso non ho scritto dei problemi della società. Ho raccontato delle storie, che riflettevano le vite della gente e le difficoltà che avevano a convivere col mondo sociale che avevano intorno.
Queste difficoltà scuotevano le loro personalità fino a un certo limite, ma ho sempre scritto per raccontare una storia che in primo luogo potesse dare un po’ di piacere alla gente (e forse un po’ di istruzione). Scrivendo
Sabato sera e domenica mattina e La solitudine del maratoneta io descrivevo le vite di persone su cui non era mai stato scritto prima in quel modo. Senza rendermene conto o ricordarlo, finché non ebbi letto I miserabili,
io stavo rievocando le parole di Victor Hugo: 'Il dovere degli storici di cuori e anime è inferiore a quello degli storici dei fatti esterni? Possiamo credere che Dante avesse meno da dire di Machiavelli? La parte inferiore di una civiltà, per il fatto di essere più profonda e più triste, è meno importante di quella superiore?
Conosciamo del tutto la montagna se non conosciamo le caverne?' Il mio romanzo di adesso, che si intitola
Come un pesce nell’acqua (Like Fish in Water), è su un falegname che vive a Nottingham, ed è ambientato ai nostri giorni».