RIORGANIZZAZIONE DEGLI ISTITUTI TECNICI E PROFESSIONALI
La necessità di rivedere la funzionalità complessiva degli istituti tecnici e professionali è da lungo tempo presente nel nostro sistema scolastico.
Le prospettive aperte dalla legge 40/2006 sono state condivise dalla scrivente organizzazione sindacale confederale e di categoria, in quanto tendenti alla costruzione di un sistema integrato di istruzione e formazione più rispondente alle moderne opzioni di sviluppo del capitale formativo all’interno del mondo del lavoro e delle professioni, cogliendo al contempo altri obiettivi quali la diminuzione della dispersione scolastica, l’innalzamento dei livelli di istruzione della popolazione al di sotto dei 25 anni, la qualificazione dei percorsi formativi attraverso una razionalizzazione degli indirizzi di studio, eccessivamente frammentata, non sempre nel rispetto degli interessi e degli esiti formativi degli studenti.
L’attuazione della legge 40/2006 in concomitanza con l’attuazione delle previsioni della legge 133/2008 non deve trasformarsi in strumento di intervento in termini riduzionistici della qualità dell’offerta né deve costituire alibi per l’applicazione secca di logiche ragionieristiche che poca affinità hanno con il delicato compito di formare nei giovani competenze ed abilità tali da renderli soggetti attivi, competenti e protagonisti della società e dello sviluppo economico sociale e culturale.
Da questo punto vista è apprezzabile che la discussione abbia preso le mosse dagli esiti dei lavori della Commissione De Toni, già presentati, nelle linee generali, in occasione di dibattiti pubblici che ne hanno favorito la condivisione anche nella scuola, inoltre va tenuto conto della necessità di partire dalla riflessione comune sulla innovazione ordinamentale piuttosto che dagli obiettivi secchi di razionalizzazione della spesa, come risposta all’esigenza di invertire la piramide che prevede, in prima battuta di partire dai risparmi, a favore di un ripensamento complessivo della struttura, degli obiettivi e dei modelli pedagogici che dovrebbero sostenere ogni scelta di carattere economico, che mantiene certamente la sua importanza, ma non può imprimere un esclusivo monopolio su tutti gli aspetti inerenti l’istruzione e la formazione.
L’incontro ha finalmente consentito di chiarire alcune importanti questioni per l’avvio del prossimo anno scolastico e di aprire occasioni di informazione e coinvolgimento degli operatori e della scuola.
Il percorso di confronto necessita di ulteriori fasi di approfondimento che permetteranno di meglio tarare le diverse misure e rispondere all’ esigenza di fare una “buona scuola”.
Sul metodo va apprezzata la messa a disposizione di un ampio materiale documentario, comunque non ancora completo e sufficiente a fornire alle organizzazioni sindacali tutti gli elementi utili alla valutazione dell’impatto generato dai modelli e dalle strutture presentate, particolarmente per ciò che attiene le ricadute sulla organizzazione del lavoro degli operatori, su cui occorreranno approfondimenti ulteriori.
A questa carenza si aggiunge l’ assenza di qualsiasi riferimento alle misure di accompagnamento che necessariamente dovranno essere assunte per sostenere l’innovazione.
Le prospettive aperte dalla legge 40/2006 sono state condivise dalla scrivente organizzazione sindacale confederale e di categoria, in quanto tendenti alla costruzione di un sistema integrato di istruzione e formazione più rispondente alle moderne opzioni di sviluppo del capitale formativo all’interno del mondo del lavoro e delle professioni, cogliendo al contempo altri obiettivi quali la diminuzione della dispersione scolastica, l’innalzamento dei livelli di istruzione della popolazione al di sotto dei 25 anni, la qualificazione dei percorsi formativi attraverso una razionalizzazione degli indirizzi di studio, eccessivamente frammentata, non sempre nel rispetto degli interessi e degli esiti formativi degli studenti.
L’attuazione della legge 40/2006 in concomitanza con l’attuazione delle previsioni della legge 133/2008 non deve trasformarsi in strumento di intervento in termini riduzionistici della qualità dell’offerta né deve costituire alibi per l’applicazione secca di logiche ragionieristiche che poca affinità hanno con il delicato compito di formare nei giovani competenze ed abilità tali da renderli soggetti attivi, competenti e protagonisti della società e dello sviluppo economico sociale e culturale.
Da questo punto vista è apprezzabile che la discussione abbia preso le mosse dagli esiti dei lavori della Commissione De Toni, già presentati, nelle linee generali, in occasione di dibattiti pubblici che ne hanno favorito la condivisione anche nella scuola, inoltre va tenuto conto della necessità di partire dalla riflessione comune sulla innovazione ordinamentale piuttosto che dagli obiettivi secchi di razionalizzazione della spesa, come risposta all’esigenza di invertire la piramide che prevede, in prima battuta di partire dai risparmi, a favore di un ripensamento complessivo della struttura, degli obiettivi e dei modelli pedagogici che dovrebbero sostenere ogni scelta di carattere economico, che mantiene certamente la sua importanza, ma non può imprimere un esclusivo monopolio su tutti gli aspetti inerenti l’istruzione e la formazione.
L’incontro ha finalmente consentito di chiarire alcune importanti questioni per l’avvio del prossimo anno scolastico e di aprire occasioni di informazione e coinvolgimento degli operatori e della scuola.
Il percorso di confronto necessita di ulteriori fasi di approfondimento che permetteranno di meglio tarare le diverse misure e rispondere all’ esigenza di fare una “buona scuola”.
Sul metodo va apprezzata la messa a disposizione di un ampio materiale documentario, comunque non ancora completo e sufficiente a fornire alle organizzazioni sindacali tutti gli elementi utili alla valutazione dell’impatto generato dai modelli e dalle strutture presentate, particolarmente per ciò che attiene le ricadute sulla organizzazione del lavoro degli operatori, su cui occorreranno approfondimenti ulteriori.
A questa carenza si aggiunge l’ assenza di qualsiasi riferimento alle misure di accompagnamento che necessariamente dovranno essere assunte per sostenere l’innovazione.
Istruzione professionale
Nel merito delle questioni la UIL e al UIL scuola valutano negativamente il differimento del riordino degli istituti professionali al 2010-2011, reputando che tale riordino vada trattato contestualmente in entrambi i settori, con un approccio di carattere ordinamentale e non solo, come avverrebbe per i professionali, a carattere economico.
Altra riflessione va fatta in relazione alla coerenza che il riordino dell’istruzione tecnica e professionale complessivamente assumono rispetto alla misura ampiamente condivisa di costituzione di poli tecnico – professionali di integrazione tra gli istituti tecnici, i professionali, le strutture della formazione professionale e le strutture che operano nell’ambito dell’istruzione e formazione tecnica superiore.
Comitato tecnico scientifico e organi collegiali
Anche nella più corretta sede di discussione sulla riordino degli organi collegiali la UIL ha evidenziato la necessità di ampliarne la partecipazione anche ai rappresentanti delle imprese, degli enti territoriali e del mondo del lavoro.
La costituzione del comitato tecnico scientifico di istituto sembra andare in questa direzione ma non risultano chiari i compiti che esso dovrà svolgere e le interazioni che si dovranno attivare tra tale comitato e gli altri organi collegiali della scuola; in particolar modo in relazione ai dipartimenti non è chiaro se di indirizzo od altro né come soprassiedano alla organizzazione didattica ed alla progettazione formativa.
Contratti di prestazione d’opera
Deve risultare chiaro che il ricorso al contributo di esperti del mondo del lavoro e delle professioni per le attività inerenti competenze specialistiche con contratti di prestazione d’opera è consentito solo in accertata assenza di competenze adeguate all’interno del collegio dei docenti della singola scuola, o di altre scuole, avendo a riferimento quanto previsto dal’articolo 35 del vigente CCNL, e da retribuire con fondi non di origine contrattuale.
Ufficio tecnico
È un tema ancora aperto alla discussione l’istituzione di un ufficio tecnico finalizzato a migliorare la funzionalità dei laboratori, per la sicurezza delle persone e del rispetto dell’ambiente; può infatti rappresentare una elemento di confusione rispetto a competenze di varia e differenziata natura già presenti nelle scuole.
Appare necessario verificare l’opportunità di introdurre una ulteriore struttura formalizzata all’interno della quale non pare chiara l’utilità ed il grado di autonomia rispetto alle diverse unità organizzative della scuola.