Andy fa il grafico pubblicitario per vivere, lavora per Harper's Bazaar e Vogue, ha vinto premi importanti e chiede di vedere i lavori a matita di Jasper Johns. Sebbene siano cari, acquista il piccolo disegno di una lampadina. Alla fine della loro conversazione, una volta congedato, Ileana si avvicina a Karp e gli chiede chi fosse e cosa gli avesse mostrato. Lui ride e le dice: «È una persona molto particolare e fa dei disegni strani. Tu che ami andare negli studi degli artisti perché non vai a trovarlo?». L’amministratore annota il numero di telefono e l’indirizzo di Andy Warhol e consegna il biglietto a Ileana che, alcuni giorni dopo, lo chiama. «Sono andata a trovarlo a casa, la casa sull'Ottantanovesima Est che aveva comprato per sua madre Julia. Andy faceva dei disegni bellissimi per la pubblicità e l’appartamento era pieno di cose splendide, oggetti d’epoca, grandi cani in papier-maché. Lui era timidissimo. Poi abbiamo cominciato a parlare, mi ha mostrato dei timbri, i dipinti che faceva con i timbri dell’aviazione, mi ha mostrato anche una Coca-Cola e tanti disegni di scarpe, che mi sono piaciuti, mi hanno interessata molto. Diceva di non avere amici». L’incontro tra Ileana e Andy è un cortocircuito. Entrambi riservati, silenziosi, classici e rivoluzionari, si accingono a penetrare il mondo pop facendo un buon tratto di strada assieme. Ma non subito. Non ora. Ileana non ha una galleria propria ma ha le idee chiare, è la voce che, sulle decisioni di Leo, ha sempre «l’ultima parola». Tuttavia per Warhol i tempi non sono maturi. Alcuni giorni dopo la visita, Ileana richiama quel ragazzo solitario e introverso. «Ti va di uscire, Andy?».
L’appuntamento è alla Quarantaduesima. «Era molto diversa allora la Quarantaduesima - racconta Ileana - era una strada negletta, le case non erano proprio in rovina ma neanche ben messe. C’erano piccole edicole con letteratura porno, negozi di lingerie e tanti sexy shop. Ce n’erano molti più di adesso e poi c’erano dei cinema e un paio di ristoranti. Girava gente curiosa. Ricordo una piccola meraviglia: un circo, o meglio una galleria di cose strane. In questo luogo, la grande attrazione era il “circo delle pulci”. Mi piaceva perché c’era un signore in smoking molto dignitoso a un tavolo verde da gioco che si esercitava con delle pulci, ne era l’ammaestratore. Non mi crede nessuno quando lo racconto. Le pulci avevano dei nomi e l’uomo armeggiava con una pinzetta d’oro. Apriva la scatolina che le conteneva chiamandole per nome. “Vieni fuori Rosy, esci Cleopatra”. Allora Rosy e Cleopatra uscivano tirando una piccola carrozza. Poi c’erano altre pulci vestite con pezzettini di carta rosa. Era una scena surreale. C’erano i gladiatori e un carro d'oro trascinato dai microscopici insetti. Percorrendo poi questo circo dell'assurdo si incappava in una persona catatonica che sembrava morta, e infine si incontrava il mangiatore di coltelli».
Con questo viaggio fantastico lungo la Quarantaduesima strada, inizia il sodalizio tra Ileana e Andy. Una scoperta in un primo momento osteggiata da Leo, che lì per lì non riconosce la grandezza di Warhol, malgrado, attorno a lui, stia nascendo una forte attenzione. Negli stessi giorni, anche Ivan Karp va a visitare lo studio dell’artista. Anche Ivan è conquistato dalla ripetizione warholiana, dalla filosofia del nulla e dall’icona commerciale spiattellata sulla tela. (…) Leo è l’ultimo degli ospiti che Karp accompagna da Warhol, ma l’impatto è disastroso. Il gallerista non vuole sentir parlare di fare una mostra a Andy, le sue opere sono troppo simili a quelle di Roy Lichtenstein e poi, poi è così nasty, così sgradevole questo polacco dalla pelle bianchissima e rovinata, che il rapporto rimane lì, sospeso. Tuttavia, Leo esce dalla casa di Warhol con un piccolo quadro di Campbell's soup sotto il braccio, pagato quarantacinque dollari.