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Umanistiche: L'ANGELO DI BOTERO DI MARINELLA FIUME

Rassegna stampa

 

Marinella Fiume, L'ANGELO DI BOTERO
pp. 96, 8,00 euroAeB edizioni, Acireale, 2005
narrativa

"Aveva sperimentato che di ferite al cuore ne basta una per cambiare la vita, sono infatti quelle che danno la piena cognizione del dolore per cui niente sarà più come prima, quelle che rendono diversi da tutti coloro che non hanno mai avuto inferta una ferita al cuore, ma spesso anche da coloro che l'hanno subìta, quelle che fanno percepire le cose secondo una gerarchia e una graduatoria diversa rispetto a prima, quelle che lasciano per sempre un senso dell'assoluta precarietà e della repentina mutevolezza dell'esistere che fa guardare con ironica comprensione verso coloro che, nutrendo un senso dell'eternità del loro vivere, non fanno che progetti a lunga e lunghissima scadenza, fiduciosi che nella loro vita non debba mai irrompere il dolore. "
(Da L'angelo di Botero) alleo.it

Nove racconti, singolari per la varietà di ambientazione storica, la contaminazione di generi e l'interferire di una pluralità di stili e registri linguistici, accomunati dal motivo della "patologia", una dimensione esistenziale che condanna l'uomo essendosi spezzato quel filo salvifico che univa Il principio con la fine (dal titolo del "racconto rotondo" che apre la raccolta). La "malattia" assume ora le forme della surreale "pestilenza" che porta alla decimazione per contagio degli abitanti di un villaggio ai piedi dell'Etna destinato ad inabissarsi; ora della rara sindrome genetica che trasforma nei pingui personaggi del pittore colombiano Fernando Botero i ragazzi che ne sono affetti; ora del cancro che uccise nel 1878 la poetessa netina Mariannina Coffa; o della forma depressiva che fece avvertire come devastanti le modificazioni dell'età della menopausa al grande soprano Maria Callas; o della dolorosa difficoltà di sublimare l'eros attraverso inimitabili modelli di santità cristiana, che travaglia suor Deodata Buonarroti, o della patologia sociale del fanatismo religioso, ad opera del Tribunale siculo-spagnolo del Sant'Uffizio (in due racconti che traggono spunto da documenti inediti dell'archivio del tribunale dell'Inquisizione di Madrid), che processa e condanna al rogo per stregoneria una servetta e un'anziana terziaria francescana; o ancora della cancrena sociale della mafia in un paese siciliano. Ma, sia che si manifesti come cancro del corpo e dell'anima, perversione e fanatismo o dolorosa lacerazione tra l'insopprimibile esigenza dell'io a dispiegarsi in tutta la sua pienezza e la pretesa delle convenzioni sociali, della superstizione e del pregiudizio a mortificarlo e imbrigliarlo in gabbie mortifere, la malattia perde negatività e guadagna "dolcezza", assurge a condizione esistenziale di privilegio per la chiaroveggenza, l'accumulazione di senso, conquistate sul campo, con l'onore delle armi.
La forza della donna in primo piano, le sue lotte, la sua fragilità, il suo dolore mai urlato è ciò che Marinella Fiume ha sottolineato nelle sue dichiarazioni. Ha spiegato la non usuale scelta di accostare diverse cifre linguistiche diverse a secondo dell’argomento trattato nei racconti. Entusiasmante, passionale come sempre Angelo Scandurra ha evidenziato il posto che la donna occupa nella società, il suo evolversi, la fragilità che prende e comprende ogni essere umano, la fragilità del corpo e dello spirito, quella manifesta e quella nascosta, focalizzando l’attenzione sull’etica come punto imprescindibile dell’esistenza.

 

 

Marinella Fiume è nata a Noto (Siracusa). E' docente di Italiano e Latino nei licei.Laureatasi in Lettere (indirizzo classico) presso l’Università di Catania con una tesi di Letteratura italiana sotto la guida del prof. Carlo Muscetta, ha insegnato Materie Letterarie presso gli Istituti Tecnici e Italiano e Latino nei Licei. Ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca di Letteratura Italiana. Recentemente svolge la funzione di Supervisore di tirocinio presso la scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario (SISSIS) dell’Università di Catania. È socia della Società Italiana delle Storiche e della Società italiana delle Letterate. Ha al suo attivo diverse pubblicazioni scientifiche di critica letteraria ed etno-storiche. Nel 1997, ha ricevuto il premio “Franca Pieroni Bortolotti” indetto dal Comune di Firenze e dalla Società Italiana delle Storiche nell’ambito del “Progetto Donna” per un saggio inedito; nel 1999 un riconoscimento da parte delle Soroptimist International - Sezione di Catania; nel 2001, il premio “Rosa Balistreri” indetto dalla sezione di Giardini Naxos (Messina) della FIDAPA; nel 2001 il premio “Kaliggi d’oro” alla cultura organizzato dal Comune di Gaggi (Messina) in collaborazione con l’International University Union O.S.J (edizione 2001); nel 2001, con il suo primo romanzo inedito, si è piazzata tra i primi quattro finalisti ex equo del premio “Palazzo al Bosco” (Firenze).A cura di dopamina

 Ma eccovi della scrittrice un interessante articolo del 25 novembre in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne

Il 25 novembre è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, istituita dall’ONU nel 1999un importante appuntamento internazionale per porre l’attenzione su un fenomeno tanto drammatico quanto sottovalutato come quello della violenza familiare e di ogni forma di violenza e discriminazione nei confronti delle donne, una realtà che non risparmia nessuna nazione e nessun continente, una realtà endemica, nei paesi industrializzati come in quelli in via di sviluppo, una realtà che non conosce differenze sociali o culturali: le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali. Il rischio maggiore sono i familiari, mariti e padri, seguiti a ruota dagli amici: vicini di casa, conoscenti stretti e colleghi di lavoro o di studio. Specialmente in quest’ultimo periodo i casi di “femminicidio” nel nostro Paese sono stati numerosi e brutali, ad opera per lo più di mariti, fidanzati o ex-partner e, in numero minore, di sconosciuti. In particolare, le statistiche rivelano come la violenza domestica colpisca una donna su sei nel mondo e, secondo un’indagine recente del Consiglio d'Europa, è addirittura la prima causa di morte e invalidità permanente per le donne nella fascia di età fra i 16 e 44 anni, ancora prima e più del cancro, di incidenti stradali e della guerra! Sono infatti 200 milioni ogni anno le donne che muoiono a causa della violenza esercitata su di loro. Una donna su tre ha subito, almeno una volta nella vita, violenza fisica, sessuale o psicologica. Se nel mondo tra il 40 e il 70% delle donne uccise sono vittime di familiari prossimi, in Italia l'Istat ha calcolato che il 69,7% degli stupri sono perpetrati dal partner e il 17,4% da un conoscente, solo il 6,2% da estranei. La violenza è un fatto culturale, manifestazione estrema di un rapporto tra uomini e donne storicamente diseguali che ha condotto gli uni a prevaricare e discriminare le altre; per combatterla, perciò, è importante rafforzare l’equilibrio e il rispetto reciproco nella relazione tra i sessi, valori che devono essere trasmessi dalla famiglia, dalla scuola e dalle altre istituzioni. Nessuno deve restare indifferente se si trova davanti alla violenza, verbale o fisica, nei confronti di una donna. Tra le tante iniziative programmate in varie città italiane, mi piace segnalare la “campagna del fiocco bianco” che si rivolge agli uomini: chi sceglierà di indossare il fiocco bianco, renderà manifesto il proprio impegno, in quanto uomo, a contrastare questa forma di violenza messa in atto da altri uomini contro le donne. A Bologna, per esempio, il 24 novembre ci sarà una distribuzione del fiocco bianco davanti alle scuole medie superiori. La campagna del fiocco bianco è il più grande sforzo nel mondo di uomini che lavorano per mettere fine alla violenza sulle donne. Nel 1991, a seguito di un inquietante fatto di cronaca che ha visto la strage di 14 studentesse dell’ École Polytechnique di Montreal, un gruppo di uomini in Canada ha deciso che aveva la responsabilità di sensibilizzare gli uomini sul tema della violenza contro le donne e che portare un nastro bianco sarebbe stato un simbolo dell'opposizione degli uomini alla violenza contro donne. L’esempio, seguito in poco tempo da molti uomini, ora sbarca anche da noi. Marinella Fiume

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Marinella Fiume
Il vecchio del fiume freddo
L' angelo di Botero
Vita di Orazia contadina e guaritrice









Postato il Lunedì, 23 giugno 2008 ore 15:45:56 CEST di Maria Allo
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