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Umanistiche: Nelle magnificenze quotidiane il volto contemporaneo del mito

Rassegna stampa
Probabilmente nessuno può dare risposte attendibili a queste domande. È certo però che nella storia dell'Occidente i beni di lusso hanno avuto un ruolo molto importante, come dimostra Il tempo del lusso (Sellerio, pp. 82, euro 12), nuovo lavoro pubblicato in Italia dal sociologo francese Gilles Lipovetsky, di cui da poco è uscito per Cortina Una felicità paradossale. “Stiamo vivendo una nuova epoca della moda e del lusso” Così esordisce Gilles Lipovestsky al convegno “Parigi-Milano. La moda e la città”, organizzato dallo IULM a Milano, il 4 aprile scorso. Nell’analisi del sociologo di Grenoble questa nuova epoca va di pari passo con le mutazioni della società. Se dobbiamo definire la società attuale come dell’ipermodernità, la nuova epoca della moda deve definirsi dell’iperconsumo .(Da Mimore) M.Allo


Uscito per Sellerio, «Il tempo del lusso» di Gilles Lipovetsky

Individua nella tensione diffusa alla raffinatezza il tentativo di conciliare i ritmi accelerati del consumo con quelli lenti della memoria

Per quanto tempo ancora sarà possibile acquistare beni di lusso? In un sistema come quello occidentale, che sembra avviato verso un futuro drammatico caratterizzato da carenza di materie prime e da catastrofi ecologiche, il lusso è destinato ad avere ancora un ruolo? Probabilmente nessuno può dare risposte attendibili a queste domande. È certo però che nella storia dell'Occidente i beni di lusso hanno avuto un ruolo molto importante, come dimostra Il tempo del lusso (Sellerio, pp. 82, euro 12), nuovo lavoro pubblicato in Italia dal sociologo francese Gilles Lipovetsky, di cui da poco è uscito per Cortina Una felicità paradossale.
Ricostruendo i significati associati storicamente al lusso, Lipovetsky ha infatti mostrato come esso abbia avuto inizio nelle civiltà primitive grazie a quella che gli antropologi hanno chiamato dépense, lo spreco di beni che avveniva in particolari eventi sociali: come ad esempio la festa-banchetto potlàc di cui parlava Marcel Mauss, dove gli oggetti donati o distrutti divenivano simboli del prestigio e del potere di chi li possedeva e stabilivano o confermavano le gerarchie sociali esistenti. In tali occasioni gli oggetti svolgevano anche funzioni religiose e magiche, attirando sugli esseri umani la protezione delle forze sovrannaturali e mitigando così l'angoscia della morte.
In seguito, nota Lipovetsky, con la divisione in classi della società, i beni di lusso sono diventati un simbolo di inalterabilità e hanno assunto un ruolo funzionale alla volontà dell'aristocrazia di legittimarsi come un ordine sociale di derivazione divina. I signori rivaleggiavano tra loro elargendo doni alla collettività, per riceverne in cambio gloria e prestigio sociale. Nelle società aristocratiche, dunque, il lusso non era un elemento superfluo, ma uno strumento necessario per rafforzare un sistema sociale basato sull'ineguaglianza. E le grandi opere architettoniche non dovevano più celebrare le forze dell'aldilà per fare guadagnare l'eternità al loro committente: ciò che adesso si cercava era l'immortalità nella storia, la permanenza della gloria di sé e della propria famiglia nella memoria degli esseri umani.
La progressiva affermazione sociale della borghesia e la perdita conseguente di potere dell'aristocrazia hanno poi ulteriormente incrementato le spese per i beni di lusso. Da un lato, i borghesi li impiegavano come strumento di ascesa sociale, dall'altra i nobili li utilizzavano in misura crescente per trovare gratificazioni in grado di compensare la loro progressiva emarginazione nella società. È stato così fra l'altro che anche le opere d'arte sono diventate strumenti di ostentazione della posizione sociale dell'individuo e in genere gli oggetti di lusso hanno cominciato a essere apprezzati per le loro qualità estetiche, oltre che per la loro capacità di simboleggiare prestigio e potere.
A partire dal XIV secolo, sottolinea ancora il sociologo francese, il lusso comincia a legarsi alla moda, diventando anche fonte di piacere sensoriale. Ma è nella seconda metà dell'Ottocento che avviene un nuovo, importante cambiamento: il lusso si personalizza, prende come riferimento la figura di un «creatore». È esemplare a questo proposito il sistema dell'alta moda, sviluppatosi proprio in quel periodo, all'interno del quale emerge la firma del couturier, una sorta di garanzia di qualità estetica in grado di aggiungere un ulteriore significato a quelli propri dei beni di lusso.
Intanto, sebbene gli abiti destinati alla clientela più ricca vengano ancora confezionati per lo più a mano e su misura, la produzione delle grandi maisons abbandona la dimensione artigianale per assumere le caratteristiche di un'industria. La produzione di beni di lusso segue lo stesso processo. Poiché però la democratizzazione e l'accessibilità economica sono caratteristiche insite nel progetto industriale, il lusso comincia di conseguenza a diffondersi con prodotti facilmente raggiungibili, come le riproduzioni degli abiti o come gli accessori, dai bijoux ai soprammobili, dai tappeti alle vetrerie. I prodotti, cioè, vengono realizzati con materiali meno costosi e venduti in luoghi appositi - i nuovissimi grands magasins - che propongono prezzi bassi ma si presentano come lussuosi e in grado dunque di attribuire prestigio ai prodotti.
Non è sorprendente, allora, che proprio a partire dall'Ottocento si sia parallelamente fatto largo nella società anche il paradossale lusso dell'understatement - il lusso, ad esempio, del puritano abito nero maschile adottato dai gentiluomini borghesi o quello dell'eleganza discreta imposta da Coco Chanel negli anni venti del Novecento. Un understatement che trova una sua declinazione contemporanea nella presenza poco vistosa degli odierni sistemi di sorveglianza e di sicurezza.
Ostentativo e dilapidatorio, il lusso tradizionale è ancora vivo, ma soprattutto per le élite sociali che si sono sviluppate negli ultimi anni in zone a forte sviluppo economico del pianeta e che hanno esigenze di affermazione sociale (un esempio per tutti, i «nuovi russi»). Per quanto riguarda invece la maggior parte dei paesi occidentali, negli ultimi decenni, il processo di industrializzazione dei beni di lusso si è ulteriormente rafforzato, portando con sé l'accelerarsi di una paradossale «democratizzazione». In altri termini, i beni di lusso hanno dovuto adattarsi in misura crescente alle logiche del mercato, fino a manifestare caratteristiche sempre più simili a quelle proprie dei beni di massa: strategie di marca globali, investimenti crescenti in comunicazione, accorciamento della durata di vita dei prodotti, legami sempre più stretti con il mondo della finanza, esigenza di ottenere risultati economici a breve termine.
Questa democratizzazione ha però avuto un altro effetto, descritto efficacemente dallo studioso francese: oggi il lusso si è fatto sempre più personale e soprattutto più «emotivo», appare insomma più teso a soddisfare il bisogno personale di gratificazioni sensoriali che a consentire all'individuo di sviluppare strategie distintive che gli permettano di elevarsi nella gerarchia sociale. Ma questo non esclude che esso si presenti anche come il fattore che continua a mantenere viva una forma di pensiero mitico nel cuore delle culture consumistiche e desacralizzate dell'Occidente contemporaneo. Anzi, conclude Lipovetsky, la virtù del lusso sta proprio nella sua capacità di consentire agli individui di conciliare il tempo accelerato e instabile del consumo e della moda con quello lento e duraturo della memoria e del mito. Una visione, questa, lontana da quella tradizione secolare che ha portato il lusso a essere condannato come simbolo di spreco e di colpevole concessione alle gratificazioni dei sensi. Eppure, è forse solo liberando il consumo dei beni di lusso dai pregiudizi moralistici che il rapporto degli individui con tali beni può essere collocato in una giusta prospettiva di analisi.
  Ma chi è Gilles Lipovetsky?
“Stiamo vivendo una nuova epoca della moda e del lusso” Così esordisce Gilles Lipovestsky al convegno “Parigi-Milano. La moda e la città”, organizzato dallo IULM a Milano, il 4 aprile scorso. Nell’analisi del sociologo di Grenoble questa nuova epoca va di pari passo con le mutazioni della società. Se dobbiamo definire la società attuale come dell’ipermodernità, la nuova epoca della moda deve definirsi dell’iperconsumo .(Da Mimore) M.Allo



Quattro sono i pilastri su cui si deve orientare la moda del futuro. Per ciò che riguarda i marchi: deregolarizzazione dei tempi di produzione; esplosione della pubblicità, conseguenza di un eccessivo tributo nei confronti dei media. Da parte del consumatore: personalizzazione dell’uso dei marchi e distanziamento dallo stilista; “emozionalizzazione” del lusso, che porta ad un consumo socialmente diffuso, ma sporadico nel tempo degli oggetti di lusso.

Alcune premesse aiutano a comprendere l’analisi del sociologo francese.

Come effetto della globalizzazione, anche la moda subisce una decentralizzazione. Se Parigi era il punto unico di riferimento nell’epoca moderna, oggi, dopo l’avvento del pret-a-porter, e per effetto della globalizzazione i riferimenti si sono moltiplicati, Parigi, Milano, New York.
Se il sistema postmoderno della moda si caratterizzava dall’opposizione tra moda e lusso, stiamo assistendo alla nascita di molti lussi e alla moltiplicazione dei marchi di lusso.
Alcuni fenomeni già in atto sono di sommo interesse per il futuro del sistema moda. Quello che richiama maggiormente l’attenzione, per l’entità che va assumendo, è che marchi di grande distribuzione hanno la stessa notorietà dei marchi di lusso, basti pensare a Benetton, Zara o H&M. Secondo fenomeno che sta assumendo proporzioni notevoli è che siamo in un’epoca dominata dall’imperativo dell’immagine.
Anche nell’ambito della distribuzione si assiste a grandi cambiamenti. Il ritmo della produzione è alterato: se prima era marcato dai cambi stagionali, oggi è possibile che nelle grandi distribuzioni ogni 2 settimane venga sostituita la collezione.

Nella società di oggi si assiste ad un fenomeno sconcertante, ma rispondente alla logica dell’iperconsumo, cioè che il mercato si muove verso una bipolarizzazione: già stiamo sperimentando, in un estremo lo sviluppo dei marchi di prezzo basso e nel polo apposto la moltiplicazione dei marchi di lusso. Questi ultimi per competere sul mercato stanno adottando la strategia di mercato dei marchi bassi, utilizzando la pubblicità in modo convulsivo. Mentre tradizionalmente i marchi di lusso consideravano la pubblicità non di buon gusto e privilegiavano, oltre la creatività e lo stile, la discrezione, oggi l’imperativo è la strategia di comunicazione. Ciò li porta a rendere spettacolari ed erotici i mezzi per la comunicazione, ad esempio le sfilate, che saranno sempre più evidentemente destinati ai media. Oppure a cercare quelle soluzioni che ottimizzano l’immagine come i mega store.

Ma i fenomeni più interessanti dell’epoca ipermoderna sono rappresentati secondo Lipovetsky dai seguenti fatti: predominio del consumatore e tendenza da parte di questo al mescolamento degli stili; diffusione di quello che il sociologo francese ha chiamato il lusso "esperienziale" o "emozionale". Proviamo a sintetizzare il suo pensiero.


Il predominio del consumatore o “avvento del consumatore”, secondo la terminologia del relatore, sarà uno degli elementi determinanti su cui si costruirà la trasformazione del sistema della moda.
Il consumatore sta dando prova di distanziamento dallo stilista e da quella unitarietà stilistica che caratterizzava l’estetica dello chic, propria dell’alta moda e della prima fase del pret-a-porter. Certamente siamo di fronte ad una opportunità “creativa” per il consumatore che indossa quello che desidera, non ciò che è di moda; ed è capace di mescolare stili, forme e linee. E’ però un consumatore che carica di valore la propria persona e non più il gruppo di appartenenza; un consumatore che vuole mostrare e dimostrare il suo gusto personale ed evidenziare una personalità molto individualistica. Punta non già sulla seduzione che viene dalla classe o dalla ricchezza, bensì sulla seduzione che viene dalla propria persona fisica che deve essere presentata come sempre giovane: è più importante sembrare giovane che sembrare ricchi. Si spiega bene con questa interpretazione il fatto che si moltiplicano i centri di benessere, la pratica della chirurgia estetica, le cure personali, le aspettative sul look.

Da tutto ciò risulta però, e in opposizione a quello detto sopra, una grande incertezza estetica, una grande indecisione che viene superata dal consumatore, ancora con il marchio, ma soprattutto con ciò che Lipovetsky chiama il “lusso emozionale” cioè col sottomettersi alla spinta del desiderio. Si tratta di un ricorso al lusso non come necessità di status, ma di un ricorso che obbedisce alla logica del “farsi piacere” di regalarsi personalmente, almeno una volta l’anno un oggetto di lusso. E’ un momento sensoriale molto egoistico e psicologicamente molto sottile: quando il consumatore acquista un oggetto di lusso, il piacere in esso insito non è il poterlo mostrare per dimostrare che si è diversi, ma mostrarlo per sperimentare il piacere di sapersi diversi e sentirsi diversi dalla massa.
Una ultima annotazione riguardante il consumatore che va tenuta presente: la sua capacità di acquistare e portare marchi di lusso accanto a pezzi acquistati sulle bancarelle del mercato; di spendere alte cifre per un prodotto e allo stesso tempo inseguire gli sconti.
Il consumatore di moda dell’immediato futuro sarà capace di mescolare categorie di prodotti, di prezzi e di valori estetici.

Fin qui l’analisi di Lipovetsky, che in quanto analisi sociologica può subire tutte le modifiche che le persone e i gruppi sociali sono in grado di determinare. Certamente se ciò rappresenta una occasione “creativa” per il consumatore, risulta invece un elemento di complessità per il sistema moda non più in grado di stabilire con certezza quali possono essere le preferenze del consumatore. Si sposterà inoltre l’attenzione dallo stilista, che potrebbe perdere la funzione preminente che ancora oggi possiede, verso coloro che sono più in grado di assecondare il “desiderio” del mercato. Siamo comunque nel campo delle ipotesi.

Qualche suggerimento allora per il consumatore per sottrarsi alla tirannia emozionale dell’acquisto: sviluppare una buona capacità estetica e ricostruire dentro di sé quei canoni di eleganza, stile e razionalità che permettano di scegliere sul mercato della moda, non solo indipendentemente dal marchio, ma anche indipendentemente dalla spinta emozionale.









Postato il Venerdì, 02 maggio 2008 ore 08:15:35 CEST di Maria Allo
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