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Formazione Superiore: COSA VA E COSA NON VA NELLA FORMULA UNIVERSITARIA DEL 3+2

Istituzioni Scolastiche

Che cosa va e che cosa non va nel 3+2

di Carlo Cellucci

 

E’ ormai trascorso qualche anno dall’ applicazione del 3+2 e, sulla base dell'esperienza accumulata, è possibile cominciare a fare un bilancio dei pro e contro della riforma.

Tra i pro c'è il fatto che essa, da un lato, ha convinto molti docenti ad organizzare i propri corsi in modo più attento e meditato, dando ad essi una struttura modulare e commisurando i programmi di esame ai crediti assegnati; dall'altro lato, ha permesso agli studenti di costruirsi piani di studio più a misura delle proprie esigenze, riservando a ciascun settore disciplinare un numero di crediti adeguato ai propri interessi. Inoltre, la riforma ha fatto comprendere a molti studenti che è preferibile condurre la preparazione degli esami in parallelo con lo svolgimento dei corsi invece di rimandarla alla loro fine, se vogliono esaurire i sessanta crediti previsti annualmente.

I contro derivano invece da alcuni peccati originali della riforma.

Un primo peccato originale è che l'allora ministro dell'Università e della ricerca scientifica affidò la preparazione dei decreti ministeriali sulle classi delle lauree e delle lauree specialistiche a commissioni di esperti di sua nomina, senza prevedere alcuna consultazione ufficiale delle università. Questo ha fatto sì che le attuali classi siano il risultato di pressioni non ufficiali sulle commissioni delle varie lobby accademiche, che hanno dato luogo a vere e proprie lottizzazioni dei settori e dei crediti. Per quanto riguarda le classi delle lauree e lauree specialistiche in filosofia, la cui commissione di esperti era presieduta da un filologo romanzo e non comprendeva alcun filosofo, le pressioni delle lobby accademiche hanno portato a progettare le classi non pensando allo stato attuale degli studi filosofici in Italia e nel mondo, ma cercando di accontentare le varie corporazioni presenti nelle facoltà di lettere e filosofia (letterati, storici, ecc.), con l'attribuzione di crediti obbligatori ai loro settori disciplinari. Questo non significa che, con una consultazione ufficiale delle università, non si sarebbero avute lottizzazioni, ma almeno si sarebbe potuto dare un nome ai loro autori.

Un secondo peccato originale è che i decreti sulle classi delle lauree specialistiche hanno stabilito che ogni classe debba inglobare tutti i crediti di una specifica laurea triennale, fissata una volta per tutte, e per accedere ad essa senza debiti formativi si debba essere in possesso di tutti i crediti di quella laurea. In questo modo si è andati contro le indicazioni delle stesse commissioni di esperti ministeriali, che in un primo momento avevano proposto che per l'accesso alle lauree specialistiche senza debiti formativi fossero sufficienti novanta crediti, ossia la metà di quelli poi imposti dai decreti. Il risultato di tutto ciò è che si sono resi molto gravosi i passaggi trasversali. Per esempio, un laureato in fisica, in ingegneria, in biologia, in economia, ecc., può accedere ad una delle classi delle lauree specialistiche in filosofia solo con un debito molto elevato, pari ai crediti di quasi due anni di corso, e lo stesso vale per un laureato in filosofia che voglia compiere il percorso inverso. Questo rende molto rigido il sistema 3+2.

Un terzo peccato originale è che i decreti sulle lauree e sulle lauree specialistiche hanno lasciato all'autonomia delle singole università solo la scelta di un terzo dei crediti, imponendo di autorità i rimanenti due terzi. Questo impedisce la realizzazione di lauree miste, per esempio di lauree in filosofia più un altro soggetto, come quelle che esistono nei maggiori atenei del mondo occidentale. Per esempio, tutte le lauree in filosofia (sette) dell'Università di Oxford sono miste. La più frequentata è la laurea in filosofia, politica ed economia, ma oltre ad essa vi sono lauree in filosofia, psicologia e fisiologia, in filosofia e antichistica, in filosofia e matematica, in filosofia e lingue moderne, in filosofia e teologia, in filosofia e fisica. Le lauree miste hanno vari vantaggi. Per esempio, esse permettono l'accesso ad un mercato del lavoro molto più vasto e variegato di quello dischiuso da una laurea in filosofia e basta. Perciò esse attraggono agli studi di filosofia un numero quantitativamente maggiore di studenti, perché questi sanno che, iscrivendosi ad esse, non si precludono l'accesso a molte carriere appetibili. Per esempio, le lauree in filosofia dell'Università di Oxford hanno ogni anno nel complesso seicento matricole, e la laurea in filosofia, politica ed economia ne ha da sola trecento. Inoltre, le lauree miste danno allo studente quella formazione pluriculturale che è indispensabile per fare un lavoro creativo in filosofia. Non a caso quasi tutti i filosofi più influenti del ventesimo secolo non provenivano da studi di filosofia e basta (per esempio, Bergson proveniva da studi di matematica, meccanica e filosofia, Frege di matematica, Husserl di matematica e astronomia, Whitehead di matematica, Russell di matematica e filosofia, Wittgenstein di ingegneria e filosofia, Heidegger di teologia e filosofia, Carnap di fisica, Jaspers di medicina, Popper di matematica e fisica, Quine di matematica e filosofia, Kuhn di fisica).

Trattandosi di peccati originali, essi non possono essere cancellati dalle singole università ma richiedono un intervento legislativo da parte del ministro responsabile del MIUR. L'intervento legislativo dovrebbe riguardare tre punti.

1) L'eliminazione delle gabbie di area. I decreti sulle classi delle lauree e delle lauree specialistiche dovrebbero limitarsi a stabilire che, affinché una laurea o una laurea specialistica, per esempio in filosofia, abbia valore legale, lo studente debba aver conseguito almeno metà dei crediti nei settori di filosofia (cioè nei settori che vanno da M-FIL/01 a M-FIL/08). Questo permetterebbe di abolire quelle gabbie di area che non rispondono a ragioni didattiche né scientifiche ma sono solo il risultato della lottizzazione dei settori e dei crediti da parte delle lobby accademiche.

2) Una drastica riduzione dei crediti richiesti per l'accesso alle lauree specialistiche senza debiti formativi, dagli attuali centottanta ad un massimo di novanta. Questo consentirebbe passaggi trasversali, eliminando la rigidità del sistema attuale.

3) Un aumento della quota dei crediti lasciati all'autonomia dei singoli atenei, passando dall'attuale un terzo ad almeno metà del totale. Questo permetterebbe di introdurre lauree miste, comprendenti più soggetti.

Se le università italiane devono competere con le altre università europee, è indispensabile che esse possano farlo ad armi pari, senza essere costrette nelle gabbie del sistema attuale.

Il ministro dovrebbe inoltre intervenire sui meccanismi di controllo dell'attuazione della riforma. Il controllo è stato affidato finora al CUN, che ha dato un'interpretazione restrittiva dei decreti sulle classi delle lauree e delle lauree specialistiche, limitando ulteriormente gli spazi di autonomia che i decreti consentono, in base a criteri non comunicati alle università prima della presentazione delle loro proposte di ordinamento didattico. Così è avvenuto che ordinamenti didattici assolutamente conformi ai decreti venissero censurati dal CUN in base a criteri formulati a posteriori e comunque non previamente comunicati alle università, determinando enormi ritardi e incertezze nell'avvio dei corsi di laurea e di laurea specialistica. Il controllo dovrebbe limitarsi, invece, alla verifica che i vincoli fissati dai decreti sulle classi delle lauree e delle lauree specialistiche siano rispettati, e per questo basterebbe un programma di computer.

 









Postato il Giovedì, 24 aprile 2008 ore 17:06:25 CEST di Salvina Torrisi
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