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Cultura e spettacolo: L'ULTIMO RENOIR STREGATO DALL'ITALIA

Redazione

In realtà Renoir non è questo. O meglio non solo. La sua partecipazione al movimento risale agli anni tra il 1873 e il 1877. Dopo di che eccolo cambiare, cercare, oscillare tra nuovo e tradizione, a volte serenamente, altre con difficoltà, quasi con frustrazione. La svolta dalla pennelata sfaldata e densa di luce della pittura impressionista alla ricerca di una solidità quasi classica, avviene intorno al 1880 quando sente «di non saper più disegnare né dipingere». Complice del cambiamento un viaggio in Italia compiuto l'anno successivo. Qui recupera il disegno e una manualità che considera elemento essenziale del suo essere artista, rivendicando con orgoglio gli esordi come decoratore di porcellane.

Al periodo che va dall'81 alla morte avvenuta nel 1919 all'età di 79 anni, è dedicata questa mostra curata da Kathleen Adler (catalogo Skira) che raccoglie circa 130 tra dipinti, disegni e sculture. Un Renoir meno conosciuto di quello del Moulin de la Galette o del Ritratto di Ambroise Vollard, ma legato a quelle esperienze dal bisogno di dipingere un mondo dal quale è bandita la sofferenza, il dolore, la fatica. Si dice che Renoir non abbia mai dipinto un brutto quadro. Non è così, naturalmente. Però non ha mai permesso che la bruttezza entrasse nelle sue opere, ha cercato di tenercela lontana. Tutto doveva essere armonioso. Sognava la felicità dei Greci, così perfetta che questi «immaginavano che gli dei, per trovare il paradiso e l'amore scendessero in terra». E voleva dipingerla.(Da La Stampa M.Allo))

Quando arriva nel nostro Paese ha la folgorazione della pittura del passato. Ecco tornare la linea di contorno che i suoi compagni di strada Monet, Sisley, Pissarro avevano abbandonato con convinzione. Eppure a guardare bene opere come la Fanciulla con il cesto di pesce o quella con il cesto di arance, certi nudi femminili giganteschi immersi nel paesaggio come Dopo il bagno o La bagnante che si asciuga il braccio destro, nella carne investita dal sole sembra che Renoir guardi più Ingres, Rubens o un vecchio amore come Courbet, che Raffaello o Tiziano. L'Italia non c'è, proprio come l'impressionismo. Il pittore insegue un suo sogno senza tempo, senza luogo, senza storia. I visi delle sue modelle, per esempio, hanno tutte la stessa espressione. Sembra che sia sempre la medesima faccia: occhi un po' allungati, bocca carnosa, naso piccolo. Più ninfe che figure di un mondo reale, anche quando prendono il tè, siedono al piano oppure suonano il tamburello.

Per capire la differenza con gli altri componenti del gruppo impressionista, basta confrontare Il cappello appuntato di Renoir con le donne con i cappelli di Degas. Per il primo indossare un copricapo è un gesto pieno di grazia e anche di affettazione, per l'altro il profilo di una donna che lo porta somiglia ha qualcosa di animalesco e nessun elemento di attrazione. I due, nello sguardo sulla donna, sono davvero agli antipodi: laddove Renoir rincorre la femminilità nel suo lato più sensuale e appagante, Degas cerca di coglierla in fallo, ne inquadra le pose più goffe e sgraziate. Insomma, uno si incanta e idealizza e l'altro patisce e forse, in fondo, odia.

«Il problema con l'Italia è che è troppo bella. Perché preoccuparsi di dipingere quando si ricava un tale piacere semplicemente guardandosi intorno?». Questo afferma l'artista durante il suo viaggio sulle tracce degli antichi maestri. Eccolo, tuttavia, di fronte al golfo di Napoli inquadrare il Vesuvio in un'opera del 1881: la luce del Sud rinvigorisce la pennellata impressionista che invece nelle figure andava cercando un ordine, una disciplina. Quando torna dall'Italia ha gli occhi pieni di quadri e la consapevolezza che «gli italiani non hanno alcun merito nel fare della grande pittura. Non hanno che da guardarsi intorno. Le strade italiane sono piene di dei pagani e di figure della Bibbia. Ogni donna che allatta un bambino è una Vergine di Raffaello». Raggiunge Cézanne a l'Estaque nel 1882 e anche il maestro di Aix en Provence lo aiuta a ridare solidità alla sua pittura. In mostra c'è una veduta di La Roche-Guyon che rivela una comunione di intenti tra i due. Però il nostro è soprattutto pittore di figure, la natura è lo sfondo in cui queste si adagiano felici. Ed è sempre amica, non tira vento, non fa mai freddo. Se la terra non è il paradiso degli dei, si può sempre fare finta che lo sia. Renoir almeno ci prova. E qualche volta ci riesce.L’analisi di questo periodo agre dell’artista transalpino è proprio il fine della mostra “Renoir. La maturità tra classico e moderno” che ricostruisce gli sviluppi classicisti di un’artista da sempre considerato “la quintessenza dell’impressionismo”.

Renoir Pierre Auguste nasce nel 1841 da un modesto sarto di Limoges (Francia), sarà pittore ed incisore, ovvero uno dei più grandi coloristi francesi del XIX secolo. La dormiente - Opera di RenoirPer Renoir la pittura esprime la gioia di vivere o, per essere più precisi, la gioia di partecipare alla vita di tutto ciò che ci circonda e di apprezzare la bellezza al punto di sentire l'urgenza irrinunciabile di fissare sulla tela il ricordo di ogni percezione visiva; tutto ciò che esiste vive; tutto ciò che vive é bello; tutto ciò che é bello merita di essere dipinto. Renoir occupa un posto preponderante nell'ambito dell'impressionismo. Si devono a lui e a Monet i primi quadri dipinti secondo questa tecnica che si chiamerà «impressionista», nei quali la luce crea spazi vibranti e dove gli impulsi del sentimento generano una freschezza nuova. Ma, contrariamente a Monet, Renoir quasi non può concepire un quadro senza la presenza umana. Così, pur dedicandosi completamente al paesaggio è innanzitutto un pittore di figure e in special modo il pittore della donna.
Dopo il trasferimento della famiglia a Parigi, il padre lo mette come apprendista in una bottega, dove egli si applica nella decorazione, dipingendo mazzetti di fiori, di piatti e tazze di porcellana. Grazie alla sua abilità, dopo pochi mesi dal suo arrivo, ha compiuto tali progressi che gli affidano i pezzi più delicati. Ma le ordinazioni si fanno sempre più rare, e la fabbrica che l'impiega, lo licenzia nel 1857. Promosso agli inizi del 1862 al concorso d'ammissione della Scuola Nazionale di Belle Arti, s'iscrive allo studio di Charles Gleyre.La colazione dei canottieri Opera di Renoir Sebbene sia studioso, i suoi professori lo giudicano indisciplinato, e gli rimproverano uno stile ardito, non abituale in quel luogo. Nell'autunno del 1862, Renoir fa amicizia con Alfred Sisley, Claude Monet e Frèdèric Bazille, nuovamente entrati nello studio di Gleyre; tutti e tre professano apertamente la loro ammirazione per i pittori anticonformisti dell'epoca. Ed è grazie a Monet che Renoir e i suoi nuovi amici guardano ciò che sta accadendo nel mondo dell'arte.. Il gruppo che dieci anni dopo costituirà il nucleo fondamentale degli impressionisti si trova riunito, quando Bazille, nel giro di qualche mese, presenta ai compagni Cézanne e Pissarro, che lavorano all'accademia svizzera. Con la chiusura dello studio di Gleyre nel gennaio del 1844 Renoir supera un ultimo esame per la Scuola di belle arti, e non vi rimette più piede. Nel Salone del 1864, Renoir è accettato e figura nel catalogo come allievo di Gleyre. In seguito, non avrà sempre questa possibilità anche se eviterà di inviare le tele più audaci. Se la sua arte ancora non volta le spalle alla tradizione, egli lascia già trasparire quella grazia venata di sensualità che impregnerà tutta la sua opera.
Dal 1866, si fanno sentire gli Blonde nude - Opera di Renoir accenti moderni, soprattutto visibili nei ritratti, ma essi sono più improntati verso il realismo di Courbet che all'esaltazione della luce dei pittori all'aperto. Per vederlo compiere il passo decisivo, bisogna aspettare l'anno 1869, quando, avendo raggiunto Monet a Bougival, esegue con quest'ultimo numerose versioni di una trattoria di campagna, "La Grenouillère" (collezione Reinhart, Winterthur). Come lui, egli analizza allora il fenomeno luminoso con occhi nuovi, impiegando nuovi procedimenti, come la soppressione dei dettagli e la frammentazione del tocco. Senza che i due pittori se ne rendano conto, il loro modo di interpretare la natura, abbandonando il contorno, dà il segnale al grande movimento che rivoluziona la pittura: l'impressionismo. Dopo qualche anno Renoir vive nella peggior miseria sostenendosi solo grazie alla generosità di qualche amico, soprattutto di Bazille, che godeva di una certa agiatezza. Dopo la guerra del 1870, Renoir incontra Paul Durand-Ruel che diventerà suo mercante, e il critico Thèodore Duret. Risale a quest'epoca il quadro "La rosa" (museo del Louvre, Parigi), che rappresenta una giovane donna, a seno nudo, che tiene in mano una rosa. Si può, per la prima volta, vedervi l'immagine che Renoir darà della donna: un corpo dalle forme piene, un viso rotondo con gli occhi stretti e a mandorla e un'aria di innocenza nell'atteggiamento. Nel 1874 partecipa alla prima mostra degli impressionisti, che si tiene al boulevard des Capucines. Le tele di Renoir sono, come quelle dei suoi amici, vivamente criticate, ma tuttavia esistono anche degli amatori. IlGabrielle e la rose - Opera di Renoir funzionario del ministero Victor Chocquet a cui farà il ritratto, poi l'editore Georges Charpentier, che gli compra un quadro e gli commissiona dei ritratti della famiglia ( "Madame Charpentier con i figli", esposto con successo al Salone del 1879; Metropolitan Museum, New York). Renoir dipinge durante questi anni le sue tele migliori. Queste esaltano la bellezza del corpo umano e l'armonia della natura, mettendo l'accento sulla gioia di vivere: "La loggia" (1874, Tate Gallery, Londra), "Il mulino della Gallette" e "L'altalena" (1876, museo Jeu de Paume, Parigi). Alcuni visi gli ispirano queste tavole luminose, nelle quali fa affiorare il fascino segreto della donna ( "La lettrice" 1875-76, museo Jeu de Paume, Parigi), dipinge "I canottieri a Chatou" (1879, National Gallery of Art, Washington), riflesso cangiante degli svaghi all'aria aperta sulla Senna. Ma ben presto Renoir interrompe per un certo tempo la sua ricerca impressionista, stimando di non poter andare oltre su questa strada. Questo ritorno alla tradizione classica si realizza nel corso di un viaggio in Italia (1881-82) dove, dopo Venezia, scopre a Roma gli affreschi di Raffaello e a Napoli la pittura pompeiana. Sentendo di non saper «né dipingere, né disegnare», si concentra sulla qualità del disegno, sulla raffigurazione dei dettagli per rendere più precisi i contorni delle forme, più netti i volumi. Una buona parte di ciò che costituiva il fascino del suo modo di dipingere viene abbandonato. I suoi toni diventano severi e la luce fredda, e la sua arte non è più animata dalla magia. Questo periodo è segnato da opere che non hanno ricevuto altra definizione che quella di «solide». Dopo aver partecipato alla settima manifestazione degli impressionisti nel 1882, l'anno seguente fa Moulin Galette - Opera di Renoir una mostra presso Durand-Ruel. Talvolta evade da Parigi per dipingere a Guernesey, o all'Estaque in compagnia di Cézanne. Non ha più preoccupazioni finanziarie grazie a Durand-Ruel che si accanisce nel diffondere le sue opere, così come quelle degli altri impressionisti, organizzando mostre a Parigi, Londra, Bruxelles, Vienna e New York. Allora nascono, nel ritrovato splendore, tele vivaci dove sono rese tutte le sottili dispersioni della luce. I raggi si impigliano alle forme, accentuano la pienezza e la freschezza delle carni, caricandole d'un potere di suggestione quasi magico "La dormiente" 1897, collezione privata. A partire dal 1912, il suo stato di salute peggiora, dipinge solo con grande difficoltà. La mano non può afferrare i pennelli e deve far ricorso all'aiuto di membri della famiglia per riuscire a fissarli alle dita. Tormentato dall'artrite e con le dita irrimediabilmente deformate, si faceva legare i pennelli ai polsi. Un amico che nel 1912 si era recato a visitarlo riferisce: "é sempre nelle stesse tristi condizioni, ma é sempre straordinario per la forza del carattere. Non può camminare e neppure alzarsi dalla poltrona e malgrado tutto, sempre lo stesso buon umore e la stessa felicità quando dipinge". La sua pittura afferra sempre con lo stesso slancio comunicativo i momenti più caldi della vita, prendendo a modelli i suoi familiari: la moglie, i figli Pierre, Jean e Claude, e anche la governante, che ritrae in diverse pose. Renoir si spegne il 3 dicembre 1919.






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Postato il Martedì, 15 aprile 2008 ore 15:38:56 CEST di Maria Allo
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