Benvenuto su AetnaNet
 Nuovo Utente / Login Utente 582114066 pagine viste dal Gennaio 2002 fino ad oggi 11170 Utenti registrati   
Sezioni
Consorzio
Home
Login
Progetto
Organizzazione
Scuole Aetnanet
Pubblicità
Convenzione Consult Service Management srl
Contattaci
Registrati

News
Aggiornamento
Associazioni
Attenti al lupo
Concorso Docenti
Costume e società
Eventi
Istituzioni
Istituzioni scolastiche
Manifest. non gov.
Opinioni
Progetti PON
Recensioni
Satira
Sondaggi
Sostegno
TFA
U.S.P.
U.S.R.
Vi racconto ...

Didattica
Umanistiche
Scientifiche
Lingue straniere
Giuridico-economiche
Nuove Tecnologie
Programmazioni
Formazione Professionale
Formazione Superiore
Diversamente abili

Utility
Download
Registrati
Statistiche Web
Statistiche Sito
Privacy Policy
Cookie Policy


Top Five Mese
i 5 articoli più letti del mese
aprile 2024

Catania romana e dintorni
di a-oliva
324 letture

Mascalucia - Federico Sorrenti, sindaco dei ragazzi dell’istituto Leonardo Da Vinci
di a-oliva
291 letture

Mobilità Personale Docente per l’a.s. 2024/2025 – conclusione operazioni di convalida
di a-oliva
275 letture

A Pescara Convegno per il Decennale Ancri. I Cavalieri della Repubblica in cammino sul sentiero della Solidarietà
di a-oliva
62 letture


Top Redattori 2016
· Giuseppe Adernò (Dir.)
· Antonia Vetro
· Michelangelo Nicotra
· Redazione
· Andrea Oliva
· Angelo Battiato
· Rosita Ansaldi
· Nuccio Palumbo
· Filippo Laganà
· Salvatore Indelicato
· Carmelo Torrisi
· Camillo Bella
· Renato Bonaccorso
· Christian Citraro
· Patrizia Bellia
· Sergio Garofalo
· Ornella D'Angelo
· Giuseppina Rasà
· Sebastiano D'Achille
· Santa Tricomi
· Alfio Petrone
· Marco Pappalardo
· Francesca Condorelli
· Salvatore Di Masi

tutti i redattori


USP Sicilia


Categorie
· Tutte le Categorie
· Aggiornamento
· Alternanza Scuola Lavoro
· Ambiente
· Assunzioni
· Attenti al lupo
· Bonus premiale
· Bullismo e Cyberbullismo
· Burocrazia
· Calendario scolastico
· Carta del Docente
· Concorsi
· Concorso Docenti
· Consorzio
· Contratto
· Costume e società
· CPIA
· Cultura e spettacolo
· Cultura Ludica
· Decreti
· Didattica
· Didattica a distanza
· Dirigenti Scolastici
· Dispersione scolastica
· Disponibilità
· Diversamente abili
· Docenti inidonei
· Erasmus+
· Esame di Stato
· Formazione Professionale
· Formazione Superiore
· Giuridico-economiche
· Graduatorie
· Incontri
· Indagini statistiche
· Integrazione sociale
· INVALSI
· Iscrizioni
· Lavoro
· Le Quotidiane domande
· Learning World
· Leggi
· Lingue straniere
· Manifestazioni non governative
· Mobilità
· Natura e Co-Scienza
· News
· Nuove Tecnologie
· Open Day
· Organico diritto&fatto
· Pensioni
· Percorsi didattici
· Permessi studio
· Personale ATA
· PNSD
· Precariato
· Previdenza
· Progetti
· Progetti PON
· Programmi Ministeriali
· PTOF
· Quesiti
· Reclutamento Docenti
· Retribuzioni
· Riforma
· RSU
· Salute
· Satira
· Scientifiche
· Scuola pubblica e o privata
· Sicurezza
· SOFIA - Formazione
· Sostegno
· Spazio SSIS
· Spesa pubblica
· Sport
· Strumenti didattici
· Supplenze
· TFA e PAS
· TFR
· Umanistiche
· Università
· Utilizzazione e Assegnazione
· Vi racconto ...
· Viaggi d'istruzione
· Voce alla Scuola


Articoli Random

Istituzioni Scolastiche
Istituzioni Scolastiche

·La tematizzazione dei conflitti nella letteratura Italiana Otto-Novecentesca
·L’istituto Aeronautico 'Ferrarin' difende la propria autonomia
·Il Vescovo di Catania Luigi Renna incontra gli studenti dell’aeronautico 'A. Ferrarin'
·Originalità e sentimento “a tempo con il battito del cuore” di Ilenia Rigliaco. Così inizia l’anno scolastico all’I.C. “F. De Roberto” di Catania
·Le Klostés, musica al femminile, tra i banchi di scuola e le onde del mare


Scuole Polo
· ITI Cannizzaro - Catania
· ITI Ferraris - Acireale
· ITC Arcoleo - Caltagirone
· IC Petrarca - Catania
· LS Boggio Lera - Catania
· CD Don Milani - Randazzo
· SM Macherione - Giarre
· IC Dusmet - Nicolosi
· LS Majorana - Scordia
· IIS Majorana - P.zza Armerina

Tutte le scuole del Consorzio


I blog sulla Rete
Blog di opinione
· Coordinamento docenti A042
· Regolaritè e trasparenza nella scuola
· Coordinamento Lavoratori della Scuola 3 Ottobre
· Coordinamento Precari Scuola
· Insegnanti di Sostegno
· No congelamento - Si trasferimento - No tagli
· Associazione Docenti Invisibili da Abilitare

Blog di didattica
· AltraScuola
· Atuttoscuola
· Bricks
· E-didablog
· La scuola iblea
· MaestroAlberto
· LauraProperzi
· SabrinaPacini
· TecnologiaEducatica
· PensieroFilosofico


Umanistiche: Zanzotto, il pessimismo della natura perduta

Rassegna stampa

 

"A lui tutto serve: le parole rare e quelle dell'uso e del disuso; l'intarsio della citazione erudita e il perpetuo ribollimento del calderone delle streghe. Sullo sfondo, poi, può esserci tanto il fatto del giorno quanto il sottile richiamo psicologico... E' un poeta percussivo ma non rumoroso: il suo metronomo è forse il batticuore. (E. Montale)
"Sovrimpressioni", di Andrea Zanzotto: composizioni e scomposizioni linguistiche sul nostalgico paesaggio naturale che non c'è più
Andrea Zanzotto è nato a Pieve di Soligo (Treviso) nel 1921. Si è laureato in Lettere all'Università di Padova nel 1941e ha vissuto a lungo in Francia e Svizzera. Tornato in Italia, si è stabilito nel suo paese natale, dove vive tuttora. Poeta, traduttore e critico letterario, Andrea Zanzotto è un attento osservatore del nostro tempo ("scrivo versi per attraversare quest' epoca rotta e accidentata"). Le sue opere sono state tradotte in varie lingue e gli sono stati conferiti numerosi premi in Italia e all'estero (Premio Viareggio 1979, Premio Librex-Montale 1983, Premio Feltrinelli dell'Accademia dei Lincei 1987 per la poesia). È unanimemente considerato dalla critica come uno dei più importanti poeti del secondo Novecento.
Vuoto, assenza e nulla riverberano continuamente nella raccolta di Andrea Zanzotto, Sovrimpressioni ( Mondadori), costruendosi in un linguaggio denso, talvolta ostico e impenetrabile nei suoi latinismi e arcaismi, nel dialetto veneto di Pieve del Soligo, ma al contempo rinnovato, assoluto, estasiante e stridente in quella lucida verità dei paesaggi ormai perduti che racconta.
<"Intorno è un senza-niente/ che nessun baratro eguaglia/ un'assenza che rende/ ogni contesto festuca e frattaglia/ e langue dell'affiorare/ come atto stesso dell'evaporare" - in "Totus in Illis", riprendendo nel titolo alcuni versi di Orazio.
Non solo dunque il vuoto, ma il niente. Quello che non è, che non c'é. Che c'era e non c'è più. Eppure Zanzotto riesce a dare un soffio vitale a questo "non-più"; egli, sa renderlo presente nell'atto stesso del nominarlo attraverso un gioco di antinomie, combinazioni e strutture composite. Se il significato in se stesso non è capace di "significare" il significante ecco che quest'indicibile si esplica nell'assenza. Un intorno che si consuma nel niente del quale si compone, che sussiste nel "senza-niente" e che allo stesso tempo soffre nell'atto del disperdersi e finire.

C'è un costante riferimento al ciclo della vita in ogni concetto espresso da Zanzotto: il nascere, il vivere e il morire. Dei pensieri, dei ricordi, di quello che è stato ieri. Tutto si esplica e si costruisce nella negazione e in quello che non è, per scomparire ed esistere proprio attraverso questo incessante ritmo esistenziale. Non solo. Accanto al ricordo sfumato di quei paesaggi, egli registra i mutamenti di un'epoca, tra disincanto e illusione, tra superstiti meraviglie e territori inquinati, tra luoghi incantati e "sempre più orge e ammucchiate/ e intrichi di catene alimentari...".

Tema principale della poetica zanzottiana, inclusa la raccolta dal titolo Sovrimpressioni, è l'amara consapevolezza del "c'era una volta". Di quei paesaggi naturali estintisi sotto le mani dell'uomo, di quella trasformazione della natura, del degrado ambientale, del "glu glu glo globalità/ pronta a ricaricarsi eternamente/ per sua forza inerente gongolante/... ".
Egli soffre dell'intervento dell'uomo sul ciclo naturale della riproduzione. Dell'alterazione dei ritmi biologici, attraverso l'incessante sfruttamento della terra. Ma è anche un osservatore lucido e addolorato di un mondo ormai trapassato dal futuro. Nino, figura mitica del suo passato, agricoltore e profeta dei colli, infatti, dice "state accorti/ non mettetevi a strafare/ con tutti questi pali metallici/ queste reti, queste viti così fitte ormai,/ altrimenti col primo gran temporale/...in fondo vien giù tutto, a rotoloni!".

La natura diventa dunque la più grande musa del poeta, la sua più intima compagna. E quel paesaggio antico resuscita e muore attraverso le sue parole sia nei concetti che lo esprimono sia nella scelta grafica che li accompagna. Nel primo verso di "Ligonàs", II, infatti, il lemma "paesaggio" viene rinchiuso in parentesi quadre e cancellato, nell'intento di significare un'esistenza privata della sua originaria bellezza, del sue essere incontaminata, inviolata, limpida e pura. Tuttavia, questo "scheletro con pochi brandelli", com'egli definirà il paesaggio, diventa terapia al "nero del fato", benessere per l'io del poeta "tu dài, distribuisci con dolcezza/ e con lene distrazione il bene/ dell'identità, dell''io'"... Diventa il tramite per guardarsi, analizzarsi, scomporsi e ricomporsi nella stessa natura. L'io si estrinseca nel vento, nella luna, nel sole, nelle valli, nei fiori, nelle formiche. Esce da sé per viversi in lei, in una unione salvifica, che preserva la memoria di quel che fu. Esce da sé rimuovendo la contingenza storica, quel post-hiroshima devastante per desiderio assoluto di esprimere la bellezza edenica della natura, dimenticando consciamente l'uomo in quanto come egli stesso affermerà: "Non avrei potuto più guardare le colline che mi erano familiari come qualcosa di bello e di dolce, sapendo che là erano stati massacrati tanti ragazzi innocenti."

Sovrimpressioni, sa tagliare, ma anche ricucire. È una ninnananna all'esistere moderno, un viaggio di allitterazioni e assonanze, di neologismi, composizioni e scomposizioni poetiche che tendono verso la luce. O piuttosto la auspicano.(A cura di M.Allo)

Vi proponiamo l'Intervista di Maurizio Chierici




La casa di Andrea Zanzotto è il rifugio del poeta scontento. In fondo al giardino arruffato legge e scrive immerso nella malinconia di un paesaggio che gli alberi dagli zecchini d'oro continuano a cambiare.
Zanzotto non lo sopporta. Perché nei versi accumulati durante la lunga vita “compare una fitta popolazione - non saprei dire altrimenti - di prati, boschi, colline ma anche di eventi e cose atmosferiche: piogge, nevi, venti, geli, cose di natura, segni di scrittura”. Immaginava che per parlare, la letteratura avesse bisogno di un paesaggio, ma questo paesaggio sbiadisce nella memoria.


Invece il degrado avanza “restio all'ultima umana cupidità e torsione”. Guardando il verde e le trasparenze dei ghiacci si rallegrava: era il 1951. Adesso, nello studiolo coperto dai libri, sotto l'acquerello delle colline fiorite di Tullio Pericoli, il pessimismo di Zanzotto intristisce i suoi 83 anni. Sono fiori di carta, non appassiscono; la consolazione resta provvisoria.
Lungo la strada da Treviso a Pieve i supermercati hanno l'aria di portaerei insabbiate tra fabbriche e fabbrichette, gli alberi dove fioriscono gli zecchini. “Mi sono trovato circondato. Prima era un bel posto dove si poteva stare. Adesso andrei, ma sono troppo vecchio per cambiare. Qualcuno di loro sta andando. In Romania o verso la Cina”.


Lei conosce l'animo delle persone, le ha viste crescere ed arricchirsi: al di là degli affari, crede sappiamo cos'è la Cina?


Ho grandi dubbi. C'è una distorsione di sguardo creata dalla falsa mondializzazione, specie di colpo di stato mondiale che il capitalismo più lesto ha organizzato senza ben sapere dove andava a sbattere. Adesso i soldi devono moltiplicarsi in continuazione, altrimenti, il disastro. Bisogna vendere più automobili quest'anno di quante vendute dell'anno precedente. Nessuno si chiede: dove le mettiamo? Vada a vedere cosa c'é a Vittorio Veneto, e un po' dappertutto: una fabbrichetta dopo l'altra, sembrano animali intrufolati nei posti più incredibili.


... attorno alle lapidi che coprono la montagna dei i morti nelle trincee della prima guerra. Pensare che un tempo erano i paesi poveri dell'emigrazione...


Siamo stati tutti emigranti. Anch'io ho lavorato in Svizzera. Sono entrato nel Vallese come sguattero, era il '47. In realtà insegnavo in un collegio sopra Losanna, a Villars. Chiamavano i clandestini laureati con contratti di comodo e li usavano come a loro faceva comodo. A Padova, nel '42, avevo discusso la tesi su Grazia Deledda. Ma da noi non c'erano posti e là si guadagnava bene. Con i primi 180 franchi netti sono riuscito a pagarmi due vestiti e un paltò.


Studenti svizzeri?


Scuola internazionale. Arrivavano figli di ricconi, ambasciatori, banchieri... Si parlava francese. Davo lezione di tutto, anche di matematica perché la direttrice diceva che un buon insegnante deve arrangiarsi con ogni materia. In realtà voleva risparmiare. Ho raccontato la storia di questa madame in “Altopiano”. L'ha stampato Neri Pozza. A Losanna cominciavo a scrivere in francese. L'emigrazione mi ha fatto sentire la barriera che c'era tra noi e loro, ma si lavorava contenti con qualche paura: la polizia svizzera teneva gli occhi aperti sui clandestini.


Sia pure nell'angolo nobile di un collegio, ha provato cosa vuol dire vivere sradicati dalla realtà nella quale si è cresciuti. Dalla Treviso non tenera verso gli extracomunitari, in quale modo oggi osserva la vita di chi arriva attraversando l'Europa, il Mediterraneo e altri mari?


Con profonda tristezza. Penso che se il capitalismo era intelligente doveva creare posti di lavoro attorno alle loro case. Già andare in Svizzera era un trauma. Si pativano tante cose... .


Chi emigrava partendo da Pieve o da Treviso passava il confine col passaporto in mano?


Non sempre. A Pieve, nel dopoguerra, avevano vinto i democristiani come in quasi ogni posto del Veneto (a Venezia no), ma mio padre è stato eletto sindaco a furor di popolo. Si doveva far fronte alla massa dei disoccupati, solo Giovanni Zanzotto, socialista, insegnante di disegno e pittore, era intoccabile; solo lui poteva inventare qualcosa per calmare gli animi. Il fascismo lo aveva perseguitato. Nel '29 aveva votato contro il referendum, c'erano due schede una per il si e una per il no. Aveva scelto il no ed è stato punito. Non poteva più insegnare in una scuola pubblica. Ha trovato lavoro in Cadore in una specie di cooperativa indipendente. Più tardi è partito per la Francia. Quando nel '46 è tornata la libertà, la gente gli dava ascolto, era uno che aveva pagato. E lui si è messo d'accordo con la rete dei “passanti”, spalloni di uomini: guidavano i clandestini oltre confine. Andavano in Savoia. C'era lavoro, mancavano le braccia. Si sono formate le prime comunità di emigranti. Storie bellissime.


Anche lei ha attraversato il confine da clandestino?


No. A Treviso c'era tutta una banda passata in Svizzera dove insegnava il professor Gian Giacomo Cappellaro, partito in avanscoperta. Sono entrato col permesso da sguattero.


Incontrava compaesani umiliati dalla non considerazione dei padroni di casa. In Francia li chiamavano “macaronì”, nei Grigioni svizzeri “cinghei”, cinque soldi. Come spiega che quando sono tornati e hanno fatto fortuna, proprio qui, attorno a Treviso, la loro diffidenza verso lo straniero nutre la xenofobia delle leghe intransigenti. Non sopportano chi sta vivendo la loro vecchia sofferenza...


Da principio non era così. Prima di diventare assuntori di emigranti, gli ex emigranti ricordavano la solitudine del lavoro in terra straniera. Un po' facevano gli artigiani o aprivano negozietti, o andavano alla Zoppàs ma restavano sempre mezzadri: il lavoro dei campi dava sicurezza. Poi si sono sentiti con i piedi a posto. E la vita è cambiata, rivalsa di chi magari non aveva girato il mondo ma era cresciuto ascoltando i racconti dei nonni e dei padri. Lontani non erano nessuno, qui vogliono essere qualcuno. Forse, questo....


È la sola spiegazione?


Ve ne sono altre. I governi della vecchia Dc non hanno trattato male i mafiosi smascherati. Li mandavano al confino sulla pedemontana o nei paesi del lago d'Iseo, luoghi di privilegio. E i mafiosi continuavano i loro affari suscitando il rifiuto della gente costretta a subire quel trapianto sgradito. Lentamente hanno generalizzato il fastidio. Chi non parlava il dialetto poteva essere pericoloso. Sono stato contro a certe reazioni. Dicevano: viene gente che non ha le nostre tradizioni. Quindi, tutti mafiosi. Tutti? Andiamo... Ma il buonsenso di pochi non intiepidiva la diffidenza dei tanti.


Quando i Serenissimi hanno scalato e conquistato il campanile di piazza San Marco a Venezia, bravata che ha fatto ridere l'Europa, quale spiegazione ha dato alla stupidità dell'intemperanza?


«Non era il caso di enfatizzare la presa del campanile. Meritava si e no un titolino nella pagina interna pur essendo il bubbone che confermava l'esistenza di un disagio multiplo».


Dal campanile annunciavano la secessione...


Ma chi seccede da chi? Questo benessere coincide con una fortissima slogatura culturale che induce a bislacche nostalgie e approssimazioni mitologiche. Tutte fondate su fantasmi perché le leghe sono capitate molto più tardi. Si sarebbe dovuto obbligarli ad imparare un po' di storia e di antropologia. Ma forse c'era sotto qualche intrigo, ne abbiamo visti infiniti nell' Italia del dopoguerra.


Possibile si sia perduta la memoria collettiva di un passato non lontano, quando i padroncini di oggi erano ospiti in paesi che li guardavano in un certo modo?


Sono solo rimasti stupidi dall'enormità del successo economico.


Quando ha cominciato a scrivere versi guardando boschi e campagne con occhi d'amore?


Quando la punizione del fascismo ha costretto mio padre in Cadore. Ma anche prima: mi portava a dipingere paesaggi, boschi, colline. Così è cominciata la seduzione. Ed ho continuato ad andare in giro per le campagne, in bicicletta, passeggiate con amici, un'adorazione.


Il paesaggio è cambiato...


È cambiato con la pioggia del grande prestito del piano Marshall: all'inizio degli anni Cinquanta sono stati favoriti coloro che già avevano dato segni industriali e raccoglievano nelle officine i metalmezzadri. Senza andare all'estero, c'era chi aveva la fortuna di un campetto, terra poco fertile e frazionatissima: non avrebbe permesso di sopravvivere, ma dopo le otto ore di officina restava il tempo per il resto. Lavoravano sempre e lavoravano bene. A Pieve la tradizione degli ebanisti. Poco lontano i pionieri che avevano fondato le fabbriche. Ricordo il primo Zoppàs: andava da uno zio che aveva una botteguccia. Arrivava in bicicletta a presentare i suoi prodotti.


Cominciano i cambiamenti...


All'inizio ben visti. Gli emigranti tornavano; i giovani non dovevano andare via. Ma è successo qualcosa: la debolezza della lira ha aperto i mercati e tutti si sono dati daffare. Mani d'oro, spirito di sacrificio.


È la ricchezza che trasforma il paesaggio di Zanzotto. Non solo fabbriche e supernegozi, ma ville, villette, villone. Da Palladio ai geometri, la ferita diventa profonda esasperando il poeta angosciato ma convinto che “la classe dirigente mondiale sia rimasta ferma ad un'età pregeologica. Per loro non c'è un tempo della realtà, cìoé un tempo della storia che è minimo rispetto al tempo della geologia, quindi hanno inventato il mito dell'impresa dalla crescita senza fine. La natura non la sopporta. Tutti, dico tutti, da Bush, Putin o compagni di briscola, lottano credendo di diventare chissà chi perché si impadroniscono di un bruscolo di polvere che è la terra. Difendere il paesaggio vuol dire difendere la bellezza della natura, che è la bellezza della vita anche se può essere un inganno, come dice Leopardi, “perché di tanto inganno i figli tuoi”.


Resta il paesaggio coperto da mattoni, neon e lamiere...


Qui è ormai lettera morta. Cerco del passato i ritagli di verde raggiungibili. E penso che la gente sia anche stufa di distruggere per rompere la vecchia miseria. È vecchia, non dovrebbe più esserci, invece nel su e giù degli ultimi anni lo spettro ritorna. La dislocazione di chi trasporta le macchine in Romania faceva paura, ma qualche legame in fondo restava. Adesso vanno in Cina e la Cina è proprio lontana. Sta arrivando una crisi che frena la proliferazione delle fabbriche. I capannoni si svuotano ed è un vuoto che fa perdere tanti posti. Un altro vuoto inquieta: largamente rifiutata l'onda di questo governo, si patisce la speranza ancora non salda di una coesione larga del centrosinistra ricco di intellettuali e protagonisti della politica.


Pessimista...


Ma! Qua pretendono tutto e il contrario di tutto, una bella natura libera e fare turismo in cima all'Everest. Adesso sembrano sospesi: nessuno pensa di volere la fine troppo vicina, ormai é sotto il naso, ma se il profitto lo chiede ricominciano a costruire e andare avanti. Nel 1962 avevo lanciato l'allarme denunciando lo scempio su una rivista di Treviso. Mi sentivo socialista vecchia maniera incantato dal movimento di Comunità nato attorno ad Olivetti. Non sopportavo la crescita edilizia sconsiderata. Sentivo che stava per arrivare ciò che poi è arrivato. La bomba dell'anno scorso... .


Ma le torri gemelle sono di tre anni fa...


No, é la bomba del caldo atroce che scioglie i ghiacci. Perché la ribellione della natura sconvolta fa più morti del terrorismo, eppure nessuno reagisce. Pochissimi sembrano accorgersi che siamo entrati in un periodo di catastrofe climatica. Il clima che cambia crea fenomeni imprevedibili. Ci si sente stretti da qualcosa che non è esagerato dire apocalisse.


Nel rifugio della poeta che osserva il futuro con occhi sfiduciati, la domanda é stonata, eppure la Tv messa d'angolo è il mobile spento che la suggerisce. “L'accende?”. “Poco, quasi niente”. Dibattiti, telegiornali... “Preferisco il televideo. Nei dibattiti dicono le stesse cose con le stesse persone che si accavallano l'una sull'altra e va finire in baraonda. Insignificante, incomprensibile anche perché comincio a perdere la memoria, ma ciò che trasmettono ha l'aria di una manipolazione. Allora spengo oppure cambio stanza. Meglio leggere o scrivere epigrammi”.
Cerca l'ultimo foglio: “Un gran bisogno in giro ora si sente quello di un'assemblea prostituente”. Il secondo lo mormora camminando: “In questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato o ingoio”.
Attraversiamo il giardino. Dice che ha voglia di vivere perché deve fare ancora qualcosa. “Il mio solo nipote ha compiuto un anno. Troppo piccolo, non posso spiegargli. Devo aspettare che capisca per potergli parlare. O scrivergli un messaggio, dentro un biglietto la richiesta di perdono per non avergli lasciato un mondo migliore di quello che è”.












Postato il Sabato, 05 aprile 2008 ore 15:51:01 CEST di Maria Allo
Annunci Google



Mi piace
Punteggio Medio: 0
Voti: 0

Dai un voto a questo articolo:

Eccellente
Ottimo
Buono
Sufficiente
Insufficiente



Opzioni

 Pagina Stampabile Pagina Stampabile

 Invia questo Articolo ad un Amico Invia questo Articolo ad un Amico



contattaci info@aetnanet.org
scrivi al webmaster webmaster@aetnanet.org


I contenuti di Aetnanet.org possono essere riprodotti, distribuiti, comunicati al pubblico, esposti al pubblico, rappresentati, eseguiti e recitati, alla condizione che si attribuisca sempre la paternità dell'opera e che la si indichi esplicitamente
Creative Commons License

powered by PHPNuke - created by Mikedo.it - designed by Clan Themes


PHP-Nuke Copyright © 2004 by Francisco Burzi. This is free software, and you may redistribute it under the GPL. PHP-Nuke comes with absolutely no warranty, for details, see the license.
Generazione pagina: 0.55 Secondi