M’è sembrato quasi
di vedere la giovane Agata, immersa nella penombra e negli affetti
della sua
casa, con i familiari, e i dialoghi con la mamma, in un tempo in cui
era
difficile essere cristiani, era rischioso credere alle parole di Gesù
di
Nazareth, era pericoloso abbracciava la nuova fede venuta dalla
Palestina.
Eppure una giovane ragazza catanese di buona famiglia, ebbe il coraggio
di
sfidare l’impero romano, i suoi principi, le sue credenze, le sue
leggi. E
questa “diatriba” di speranza e di persecuzione, di luce e di buio, di
lotta
tra il bene e il male, l’abbiamo percepita, tutt’intera, durante la
rappresentazione sacra, “Agata, Vergine e Martire”, di Pino Pesce,
andata in
scena la sera del 17 agosto, e organizzata dall’Assessorato alla
Cultura del
Comune di Catania, nell’ambito del “Catania Summer Fest”.
Siamo nel III d.C. e nell’impero romano infuriano le persecuzioni contro i cristiani, ordinati dall’Imperatore Decio. A Catania, il proconsole Quinziano segue alla lettera i dettami imperiali, perseguitando, imprigionando e uccidendo chiunque si fosse “macchiato” della fede nella nuova e incomprensibile religione cristiana. E’ presente sulla scena, in maniera evidente e prorompente, lo scontro, sanguigno, violento, “all’ultimo sangue”, tra Agata e Quinziano, tra la giovane catanese, forte della sua fede, e il rappresentante dell’imperatore di Roma, duro, intransigente, a tratti violento e aggressivo nel difendere la religione dello Stato.
Si contrappongono due mondi, due visioni della vita, due modi di vedere la trascendenza e l’immanenza. Alla fine, viste le forze in campo, vince il “carnefice” Quinziano, e perde “la perseguitata” Agata, anche se piena di luce e di purezza. Tra terribili e inenarrabili sofferenze, Agata muore il 5 febbraio del 251 d.C. Ma, “chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà”, recita il Vangelo, e Agata alla fine vincerà con la forza della sua fede e con l’immensa dedizione a Dio. Alla fine è il prof. Pino Pesce, autore e régisseur del dramma sacro, a dare la giusta interpretazione dell’opera, «La mia rappresentazione ha un elevato valore educativo e formativo per l’intera comunità. Vuole parlare al cuore della gente, in particolare ai giovani, ancora in via di formazione, quali costruttori di un futuro di rispetto e quindi di civiltà». Il dramma è stato portato in scena, con l’egregia regia di Pino Pesce, da un cast di bravi attori: Chiara Seminara (Agata), Mario Sorbello (Quinziano), Antonella Barresi (Mamma di Agata), Nino Spitaleri (Vecchio), Jonathan Barbagallo (San Michele Arcangelo), Gabriele Ricca (Lucifero), Carmen Mela D’Amico (danzatrice), Gianmarco Arcadipane (Mario Rapisardi), 2 soldati: Bayeoumy Mbaye - Luca Sinatra, 2 carnefici: Salvo Gambino - Pippo Ragonesi. E inoltre, con Pasquale Platania (Narratore), le coreografie del Centro Professionale Danza Azzurra, diretto da Alfio Barbagallo e le musiche del Coro Lirico Siciliano, diretto da Francesco Costa.
Angelo Battiato
Siamo nel III d.C. e nell’impero romano infuriano le persecuzioni contro i cristiani, ordinati dall’Imperatore Decio. A Catania, il proconsole Quinziano segue alla lettera i dettami imperiali, perseguitando, imprigionando e uccidendo chiunque si fosse “macchiato” della fede nella nuova e incomprensibile religione cristiana. E’ presente sulla scena, in maniera evidente e prorompente, lo scontro, sanguigno, violento, “all’ultimo sangue”, tra Agata e Quinziano, tra la giovane catanese, forte della sua fede, e il rappresentante dell’imperatore di Roma, duro, intransigente, a tratti violento e aggressivo nel difendere la religione dello Stato.
Si contrappongono due mondi, due visioni della vita, due modi di vedere la trascendenza e l’immanenza. Alla fine, viste le forze in campo, vince il “carnefice” Quinziano, e perde “la perseguitata” Agata, anche se piena di luce e di purezza. Tra terribili e inenarrabili sofferenze, Agata muore il 5 febbraio del 251 d.C. Ma, “chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà”, recita il Vangelo, e Agata alla fine vincerà con la forza della sua fede e con l’immensa dedizione a Dio. Alla fine è il prof. Pino Pesce, autore e régisseur del dramma sacro, a dare la giusta interpretazione dell’opera, «La mia rappresentazione ha un elevato valore educativo e formativo per l’intera comunità. Vuole parlare al cuore della gente, in particolare ai giovani, ancora in via di formazione, quali costruttori di un futuro di rispetto e quindi di civiltà». Il dramma è stato portato in scena, con l’egregia regia di Pino Pesce, da un cast di bravi attori: Chiara Seminara (Agata), Mario Sorbello (Quinziano), Antonella Barresi (Mamma di Agata), Nino Spitaleri (Vecchio), Jonathan Barbagallo (San Michele Arcangelo), Gabriele Ricca (Lucifero), Carmen Mela D’Amico (danzatrice), Gianmarco Arcadipane (Mario Rapisardi), 2 soldati: Bayeoumy Mbaye - Luca Sinatra, 2 carnefici: Salvo Gambino - Pippo Ragonesi. E inoltre, con Pasquale Platania (Narratore), le coreografie del Centro Professionale Danza Azzurra, diretto da Alfio Barbagallo e le musiche del Coro Lirico Siciliano, diretto da Francesco Costa.
Angelo Battiato