Ma
quando c'è scuola voi grandi cosa fate? Quando noi siamo in classe cosa
succede in città? Quando facciamo lezione com'è la vita fuori? Di
mattina c'è gente nelle strade, nelle piazze, c'è vita nel paese?
Queste e altre domande "insolite" mi ha posto l'altro giorno mia nipote
che frequenta la terza media. Mi ripeteva, quando di mattina sono a
scuola mi sembra di vivere in un tempo indefinito, in un tempo sospeso
nel tempo, in un tempo non-tempo. Non mi sembra né mattina né sera, né
presto né tardi. E' il tempo senza tempo della scuola, il tempo fuori
dal tempo dell'apprendimento e del sapere. Facciamoci caso, credo che
anche per noi adulti, per noi insegnanti, sia così, succeda la stessa
cosa. Quando siamo a scuola, sembra che il tempo si fermi, sembra che
passi troppo in fretta o che non passi mai, sembra che le settimane
finiscano subito, o sembra che il sabato non arrivi mai, o che troppo
presto ricominci la settimana, che troppo presto arrivino le vacanze di
natale, o che non arrivi mai giugno, che subito si ricominci a
settembre o che l'anno scolastico non termini mai!
Forse dovremmo imparare il vecchio adagio siciliano che recita, "chi ha tempo, non aspetti tempo", o
l'altro, "tempu e malu tempu, non
dura tuttu 'u tempu!". No!
Il tempo a scuola lo dettiamo noi. Un tempo senza tempo. Ma noi lo
sappiamo che il tempo è solo una variante che saltella nell'anima, che
batte dentro di noi, che vive in noi; siamo noi che spingiamo o
fermiamo la lancetta dell'ora, solamente noi mordiamo o freniamo il tic
tac dell'orologio. Il tempo è una condizione delle nostre azioni, è una
necessità per i nostri sentimenti, è un'opportunità per il nostro
cuore.
Fuori dal tempo non esistiamo. Tutto può succedere con il tempo. Diamo
fiato e carne a tutto il nostro tempo, prima che sia troppo tardi.
Prima che finisca il tempo. Prima che non abbiamo più tempo. Poi, per
sedare "la frenesia del tempo",
m'è parso giusto chiosare con le parole del più grande dei nostri poeti:
"Garzoncello scherzoso, / codesta età fiorita / è come un giorno
d'allegrezza pieno / giorno chiaro, sereno / che precorre alla festa di
tua vita / Godi, fanciullo mio, stato soave, / stagione lieta è
codesta. / Altro dirti non vò; ma la tua festa / ch'anco tardi a venire
non ti sia grave".
E se lo dice Leopardi, c'è crederci, ... c'è da crederci ...
Angelo Battiato