Ci sono uomini
che non muoiono mai. Che rimangono con noi, anche quando non ci sono
più, anche quando per loro "sono passate le cose di questo mondo",
quando si "ferma la luce, e il cuore". Perché le loro idee continuano
con noi, restano in noi, vivono dentro di noi, "camminano sulle gambe
di altri uomini". E le loro idee, le loro visioni, hanno dato un senso
alla loro vita. E anche alla nostra. Non hanno indossato nessuna
divisa, non sono stati magistrati, giornalisti, carabinieri,
poliziotti. Sono stati solamente dei normali cittadini, dei valenti
lavoratori, delle persone perbene, che hanno pagato con la vita
l'attaccamento ai valori della legalità, del rispetto delle regole, del
principio di giustizia, hanno difeso la loro dignità, il loro lavoro,
la loro famiglia, la loro vita. Per questo sono stati uccisi, per aver
compiuto il loro dovere di uomini liberi fino in fondo. Uno di questi è
Libero Grassi.
Vissuto un poco su questa piccola terra e ucciso per aver detto no al
potere mafioso. E il Liceo Artistico Statale "Emilio Greco", della sede
di San Giovanni La Punta, ha organizzato una serie di incontri,
coordinati dal prof. Giuseppe Di Giovanni, responsabile delle sedi
distaccate, con l'attore Adriano Chiaramida (nei panni di Libero
Grassi), per presentare "Io sono Libero", una docufiction che mescola
scene recitate da attori con interviste e immagini di repertorio, sulla
vita e l'impegno alla lotta alla mafia del'imprenditore palermitano,
che nel 1991 pagò con l'estremo sacrificio questo suo atto di coraggio.
Libero Grassi è stato un imprenditore palermitano, ucciso dalla mafia
il 29 agosto del 1991, per non aver voluto pagare il pizzo e per aver
denunciato i suoi estorsori. Nacque a Catania nel 1924, da una famiglia
antifascista, a otto anni si trasferì a Palermo, dove studiò al liceo
Vittorio Emanuele, nel 1942 si trasferì di nuovo con la famiglia a
Roma, dove studiò inizialmente Scienze Politiche. Per evitare di
combattere nella Seconda Guerra Mondiale, Grassi entrò pure in
seminario. Dopo la fine della guerra tornò a Palermo e si iscrisse a
Giurisprudenza. All'inizio degli anni Cinquanta Libero Grassi mise in
piedi un'azienda a Gallarate, in provincia di Milano, con il fratello
Pippo, e si inserì nell'ambiente della borghesia industriale milanese.
Ritornato a Palermo, fondò un'azienda tessile, specializzata nella
produzione di biancheria intima, raggiungendo un notevole successo.
Negli anni Sessanta Grassi si impegnò pure in politica, diventò un
editorialista per diversi giornali siciliani ed entrò nel Partito
Repubblicano Italiano. Intorno alla metà degli anni Ottanta arrivarono
le prime minacce estorsive della mafia palermitana, Grassi si rifiutò
di pagare il pizzo e alcuni suoi dipendenti vennero rapinati e gli
estorsori arrestati. Nonostante i problemi economici, l'azienda di
Grassi era tra le più importanti in Italia nel settore della biancheria
intima. Il 10 gennaio 1991, Libero Grassi pubblicò sul "Giornale di
Sicilia" una lettera in cui motivava il suo rifiuto a pagare i 50
milioni di lire chiesti da Cosa Nostra, dal titolo, "Caro estortore",
«Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le
telefonate dal tono minaccioso e le spese per l'acquisto di micce,
bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e
ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa
fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere... Se
paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri
soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco
tempo. Per questo abbiamo detto no al "Geometra Anzalone" e diremo no a
tutti quelli come lui».
La mattina seguente consegnò le chiavi dell'azienda alla polizia,
chiedendo loro protezione. La notizia fece uno scalpore incredibile,
mai nessuno aveva osato tanto! L'11 aprile 1991 Libero Grassi fu ospite
di Samarcanda, la nota trasmissione che conduceva allora Michele
Santoro su Rai Tre, dove spiegò: «Io non sono pazzo, non mi piace
pagare, è una rinunzia alla mia di dignità di imprenditore». Dopo
l'intervista, Grassi diventò famoso in Italia per la sua ferma e decisa
opposizione alla mafia. Pochi mesi dopo quell'intervista, la mattina
del 29 agosto 1991, mentre andava a lavorare a piedi alle sette e mezza
di mattina, poco distante da casa sua, Libero Grassi venne ucciso a
colpi di pistola. Il 20 settembre di quell'anno Michele Santoro e
Maurizio Costanzo organizzarono una memorabile serata dedicata al
sacrificio di Libero Grassi, congiuntamente sulle reti Rai e Mediaset.
Dopo oltre venticinque anni il suo sacrifico non è stato vano! E anche
la scuola ha il dovere di ricordare e di raccontare alle giovani
generazioni il sacrificio di un uomo normale che pagò con la vita il
coraggio di vivere libero. Perché un popolo che paga il pizzo è un
popolo senza dignità!
Angelo Battiato
angelo.battiato@istruzione.it