Sembra diventato un
passatempo in viale Trastevere cambiare gli Esami
di Stato ad ogni chiaro di luna. Quello che sorprende non è la volontà
di procedere in questa direzione, ma la mancanza di solide ragioni per
farlo. Un'innovazione nell'ambito dei titoli di Stato non attiene solo
a
questioni di ordine didattico, nè si puo' nutrire solo di riflessioni e
teorie docimologiche, perchè investe il rapporto fiduciario tra scuola
e
società, tra formazione e mondo del lavoro.
Le questioni che sorgono sono queste: il diploma è un titolo
affidabile? Ci sono ragioni valide per renderlo affidabile? E se
sì, come?
Non è detto che tali questioni debbano essere prese sul
serio. Si puo' benissimo ritenere che siano prive di senso, perchè
nel terzo millennio, nella società della conoscenza il diploma di
maturità non è più utile come prima; perchè il grado di preparazione da
esso certificato non ha riscontro nell'attuale organizzazione del
lavoro, superato com'è da titoli più alti e impegnativi; perchè per la
sua possibile e rapida obsolescenza non è in grado di sostenere e
giustificare alcuna particolare pretesa dei suoi detentori nei rapporti
di lavoro.
Si puo' anche pensare che se sono queste le condizioni di
spendibilità del titolo di studio, non sia affatto necessario mantenere
l'attuale e/o qualsiasi impalcatura degli esami di Stato e
affrontarne il costo finanziario. A dire la verità, tranne la vampata
rigoristica della prima versione degli esami di Stato risalente alla
gestione Berlinguer, il resto delle innovazioni ha risposto o ad
esigenze di risparmio economico o a tentativi di condiscendenza nei
confronti di un'utenza turbolenta e scontenta. Si è fatto di tutto per
trasformare gli esami in un rito privo di serietà
pedagogica, culturale e professionale, in modo da poterne fare una
giustificazione dei tentativi di abolizione del valore legale dei
titoli di studio.
E' proprio questa non-detta intenzione la causa delle molteplici
fantasiose proposte di innovazione degli esami di Stato, perchè se non
si abolisce esplicitamente il valore legale del diploma, se ne puo'
drasticamente e agevolmente ridurre il suo significato e la sua
portata con gli esami burla, in cui il 99% dei candidati è
promosso e una percentuale logicamente inattendibile di candidati
ottiene il massimo dei voti.
UN BISOGNO DI SERIETA'
E' possibile allora fare seriamente gli esami a prescindere dalla
spendibilità tradizionale del titolo di studio?
Questo a me sembra il
problema e questa la sua corretta impostazione. Io credo che si possano
fare e si debbano fare seriamente gli esami, come qualsiasi attività di
rilevanza sociale e pubblica e l'istruzione e la formazione lo sono.
La serietà e il rigore delle operazioni di esame restituirebbero non
poco consenso e non poco prestigio alla scuola e agli
insegnanti; consentirebbero agli stessi diplomati di potere avere un
report attendibile dello stato della loro preparazione professionale e
di affrontare una prova impegnativa per la loro crescita
umana;consentirebbero alle scuole di avere una qualche cognizione della
qualità del lavoro svolto nelle classi e all'amministrazione di potere
formulare qualche ipotesi ragionevole sulla condizione di salute
del'apparato scolastico; eviterebbero alle Università di allestire le
indigeste prove di ingresso per stabilire che debba accedere alle varie
facoltà.
Due sole prove scritte, come pare si voglia fare, mi sembrano povera
cosa per avere esami di un certo valore e mi pare bizzarra la
collocazione della prova INVALSI al quarto anno. In un anno, nella vita
dei giovani succedono molte più cose di quante se ne possono
immaginare. Basta averli frequentati per saperlo. E', invece, una buona
idea, valorizzare quanto più possibile il curriculum scolastico e
ridurre nel punteggio il peso degli esami, per evitare qualsiasi forma
di mortificazione del lavoro, dell'impegno e dei risultati di un'intera
carriera scolastica. Si dovrebbe fare più o meno come si fa
all'Università col punteggio di laurea. E' chiaro che se così si
intendesse procedere, bisognerebbe eliminare qualsiasi forma di
bonus, occasione di arbitri e ingiustizie. Che all'alternanza si dia
spazio, mi pare giusto, ma senza stravolgere l'equilibrio
complessivo del curriculum. E' necessario fare esami finali
razionali e credibili e non allestire lotterie per i fortunati.
E tutto questo con commissari interni? Con presidenti presi a casaccio,
perchè ce ne vuole uno per ogni gruppo di due classi? Lasciamo perdere!
prof. Raimondo Giunta