Protagonismo e
pratiche sociali
Come si possa e si debba arrivare alle competenze è un problema che ha
molte soluzioni. Non c'è deduzione tra finalità educative e procedure
didattiche; ci sono tentativi di avvicinamento. I principi di una
pedagogia si possono incarnare in pratiche differenti, adattabili a
contesti diversi, a diversi alunni, a diversi contenuti
dell'apprendimento. Questo non significa che si è liberi da qualsiasi
vincolo di coerenza, ma che bisogna con discernimento orientarsi verso
quei modelli didattici ritenuti più adeguati all'approccio per
competenze, sapendo in partenza che a priori non ci sono metodi
universalmente buoni e sempre efficaci. Il problema non è quale pratica
adottare, ma quali apprendimenti si devono conseguire e misurare su
questi la pertinenza dei mezzi e delle procedure usate. Una
pratica, d'altra parte, non puo' essere separata dalle intenzioni che
l'animano e dal modo in cui viene messa in atto.
Per acquisire competenze l'alunno deve partecipare all'attività
didattica ed essere posto in relazione vitale con il contenuto
culturale da apprendere, in modo che capisca il motivo per cui debba
impegnarsi e mettere in giuoco le proprie potenzialità. Ogni
apprendimento impegna l'attività intellettuale di colui che
apprende e ne porta il segno; ogni conoscenza è legata al contesto
sociale in cui scaturisce e nei luoghi di formazione queste due
condizioni che richiamano il protagonismo del discente e le pratiche
sociali di cui è quotidianamente partecipe non possono essere
trascurate.
Nell'attività didattica devono esserci occasioni frequenti che
consentano all'alunno di fare la scoperta personale del sapere, di
"rapportarsi ad esso con uno spirito amichevole e curioso, di
condividere con gli altri questa esperienza di acquisire un sapere
effettivamente personale" (D. Nicoli). E' importante per una buona
formazione tenere sotto osservazione il rapporto che si viene a
istituire tra l'alunno e il sapere, per cercare in tutti i modi che non
si frappongano ostacoli, remore di qualsiasi genere, che possano
determinare un atteggiamento difensivo, diffidente, cinico verso una
disciplina, una nozione, un metodo, una posizione
intellettuale. (PH. Perrenoud).
Per questo scopo puo' essere utile aiutare gli alunni a scoprire il
significato di una disciplina con un percorso di ricerca e di
riflessione, che replichi e ricostruisca quello che l'ha costituita;
puo'
essere utile aiutare gli alunni ad appropriarsi delle questioni e dei
problemi che hanno originato un particolare sapere. Un intero
curriculum
per problemi rischia di non essere gestibile, di diventare
inconcludente. E' però sicuramente indispensabile fare un tratto
dell'itinerario intellettuale dell'apprendimento sul modello della
"scoperta", che nei luoghi scolastici non puo' che essere
inquadrato, semplificato, didatticizzato; lontano comunque
dall'insegnamento ex-cathedra.
"Imparare a essere scienziati non è la stessa cosa di imparare le
scienze: è imparare una cultura con tutto il contorno non razionale del
fare significato che l'accompagna" (J. Bruner). E Bachelard ci ricorda
che
l'insegnamento dei risultati delle scienze non è un insegnamento
scientifico. Lavorare per enigmi, dibattiti, situazioni-problema,
piccoli
progetti di ricerca, esperimenti comporta un radicale cambiamento
dell'insegnamento. "Una situazione-problema non è una situazione
didattica qualsiasi, perchè deve collocare l'alunno davanti una serie
di decisioni da prendere per raggiungere un obiettivo che lui stesso ha
scelto o che gli è stato assegnato" (Ph. Perrenoud). Le "scuole attive"
e
la didattica delle scienze hanno evocato un ruolo attivo per
l'alunno, la funzione essenziale dell'attività laboratoriale, la
problematizzazione dei saperi. L'approccio per competenze evoca la
multidisciplinarità, la convergenza verso il problema complesso da
risolvere e verso le pratiche sociali.
Autonomia e metacognizione
Ai metodi didattici si richiede di favorire e stimolare la
responsabilità e l'autonomia dello studente, di collocare
l'apprendimento in contesti realistici, di agevolare la "costruzione"
delle conoscenze entro un'esperienza sociale di
collaborazione (p. e. lavori di gruppo, cooperative learning etc), di
promuovere e incoraggiare l'autoconsapevolezza nel processo di
apprendimento. La metacognizione. Questa capacità è essenziale per
avere
un controllo dell'impiego delle proprie risorse personali e per
motivare l'alunno a integrarle e a modificarle di fronte a compiti
nuovi, per esercitarlo a mettersi in discussione, a cambiare se
necessario il modo di leggere e interpretare le proprie esperienze.
Sviluppare metacognizione significa pensare, riflettere sulle proprie
esperienze : meditare sulla propria attività cognitiva e
comprendere la possibilità di utilizzarla e di estenderla. La
metacognizione non è un sapere, ma un rapporto col sapere, uno sguardo
sull'azione di apprendimento, una componente imprescindibile della
competenza. La metacognizione fa la differenza tra l'alunno che riesce
e
l'alunno che ha difficoltà ed è per questo uno dei più significativi
obiettivi dei processi formativi.
Modelli didattici
L'esperienza formativa ha un senso se rimanda a ciò che sta fuori
di essa, se le conoscenze e i saperi oltre che alle esigenze
personali vengono ricondotti alla pratiche sociali in cui si realizzano
e nelle quali emerge il loro ruolo. La sfida dell'approccio per
competenze e' nella didattica, piu' che nei contenuti. Dei molteplici
modelli che sembrano essere più idonei e familiari all'approccio per
competenze verranno presentati alcuni tra quelli che la ricerca
pedagogica ha più diffusamente trattato, ma senza alcun criterio di
rilevanza e di priorità.
Apprendimento esperenziale
"L'esperienza (. . . ) sembra essere alquanto simile alla scienza e
all'arte; in effetti gli uomini acquistano scienza e arte attraverso
l'esperienza" (Aristotile). "La pratica precede la costruzione dei
saperi: sia che si tratti dell'oralità rispetto alla scrittura, sia che
si tratti dei saperi d'azione rispetto ai saperi teorici" (M. Barbier).
Come si vede questo modello didattico non manca di fondamenti teorici e
culturali. L'apprendimento esperenziale è una pratica formativa che ha
trovato il suo campo d'applicazione e di sperimentazione soprattutto
nelle diverse tipologie di educazione degli adulti, ma che puo' essere
impiegata con le dovute cautele e in certe situazioni anche nelle
normali attività didattiche della scuola. L'apprendimento esperenziale
, infatti, si configura diversamente secondo l'età, l'esperienza
maturata, il tipo di formazione: fondamentale nel passaggio da un
compito
ad un altro in situazioni di lavoro.
Il tema della validazione e della
certificazione delle competenze alimenta l'interesse per questo modello
didattico. "Nella società della conoscenza, del longlife learning non
si puo' più fare a meno di pensare la formazione senza il capitolo
della formazione esperenziale; occorre saperla riconoscere, studiarne
le
dinamiche, comprenderne il significato, valorizzarne l'uso,
accreditarlo
come patrimonio acquisito" (R. Di Nubila). La logica interna di questa
pratica formativa è la valorizzazione dell'esperienza maturata dal
soggetto in formazione nei diversi ambiti della sua
esistenza(ambiente, famiglia, lavoro etc). Con questo metodo si impara
e
si insegna entrando in relazione con oggetti, problemi, contesti, e
persone delle esperienze reali.
Non tutti gli accadimenti, non tutti gli eventi diventano un'esperienza
se su di essi non si esercitano l'attenzione e la riflessione; se non
vengono inquadrati con una specifica intenzionalità, per un particolare
interesse. L'esperienza che deve diventare apprendimento non puo'
restare a livello di semplice vissuto; deve essere un'esperienza
significativa e l'esperienza diventa tale se è espressione di
situazioni-problema, in grado di mobilitare energie e motivazioni di
apprendimento e cambiamento, se è collegata ad attività che suscitano e
incoraggiano la ricerca e la curiosità intellettuale di capirle
fino in fondo.
Non ogni esperienza genera apprendimento, anche se ogni apprendimento
si
radica in una esperienza. Per fare di un'esperienza un
apprendimento, bisogna elaborare i dati della realtà ; trasformare la
propria esperienza. Perchè ci sia questa trasformazione generativa di
nuove conoscenze, l'esperienza deve essere interpretata con un
dispositivo di aspettative, deve essere riconsiderata attraverso le
concezioni apprese, per darle un significato e per potere affrontare
nuove esperienze. L'attribuzione di significato all'esperienza è
fondamentale per motivare l'impegno personale nei processi di
apprendimento. I modelli di aspettattive e le prospettive di
significato
sono l'a-priori dell'esperienza, ne guidano l'interpretazione. La
prospettiva di significato"dà forma e delimita selettivamente
percezione, cognizione, sentimenti e disposizioni predisponendo le
nostre
intenzioni, attese e propositi" (J. Mezirow). Stabilisce che cosa debba
essere per noi un'esperienza. La formazione esperenziale dovrà tener
conto e coniugare aspetti teorici e pratici dosandoli
opportunamente. Dare spazio all'esperienza nell'attività formativa
significa riconoscere gli alunni come soggetti attivi
, costruttori, cooperatori di apprendimento.
Uno dei modelli di apprendimento esperenziale è quello proposto da
Pfeiffer-Jones; è un modello in cui si alternano momenti di esperienza
e
momenti di concettualizzazione. In questo modello il processo
formativo si sviluppa in cinque momenti
caratteristici:
A) Esperienza. L'alunno deve essere messo a confronto con
attività "autentiche", desumibili da esperienze concrete o relative a
contesi reali, possibilmente inquadrate in una situazione che lo
impegni
in azioni di collaborazione e di negoziazione con altri alunni
impegnati nello stesso procedimento di apprendimento. I compiti da
affrontare devono essere percepiti come importanti e significativi per
la propria formazione. E' molto utile che l'alunno annoti il percorso
esperenziale, che verbalizzi la propria vicenda di
apprendimento.
B) Comunicazione. Vengono resi pubblici ed espliciti sia il
risultato, sia il processo che lo ha generato. Segue il momento della
discussione e del confronto con i propri pari e con il docente, che
mette in luce le buone pratiche e le valuta sulla base dei criteri
proposti all'inizio dell'attività.
C)Analisi. E' il momento della
riflessione sulla propria esperienza: l'alunno la prende in
considerazione e la valuta tenendo conto non solo dei criteri iniziali
, ma anche del giudizio dei propri compagni e del docente. L'obiettivo
è
quello di padroneggiare concettualmente il problema affrontato nella
propria esperienza di apprendimento. Deve essere una riflessione sulla
propria interpretazione, suelle proprie strategie, sulle dinamiche
personali e interpersonali emerse nello svolgimento del compito. E'
necessario narrare a se stessi e agli altri l'esperienza vissuta per
darle un senso. L'analisi è tanto più efficace quanto più l'alunno è
disposto a modificare le proprie procedure
d'azione.
D) Generalizzazione. E' il momento della concettualizzazione e
della decontestualizzione. Si estrapolano schemi, regole, sistemi di
regole, non legati soltanto alla specifica situazione proposta
dall'esperienza, ma applicabili a problemi e contesti diversi. Si
elaborano nuovi modelli, che potranno essere ricontestualizzati in
altre
esperienze. Puo' darsi un cambiamento delle proprie strutture
concettuali, se c'è consapevolezza dello scarto tra le competenze
iniziali e quelle finali del processo di
apprendimento.
E) Applicazione. Nel momento dell'applicazione l'alunno è
chiamato ad applicare in una nuova situazione-problema quanto è
riuscito a ricavare dalla precedente esperienza e ad elaborare un nuovo
piano d'azione. La nuova situazione deve essere strutturalmente
collegata alle precedenti o richiedere quanto appreso prima; le
situazioni completamente inedite difficilmente attivano un nuovo ciclo
di apprendimento. "L'applicazione non è una parte accidentale e
secondaria del fenomeno del comprendere, ma lo costituisce, invece,
nella
sua stessa essenza fin dall'inizio"(H. Gadamer ).
Oltre l'aula
Il modello dell'apprendimento esperenziale si pone come una forte
sollecitazione a oltrepassare lo spazio paradigmatico dell'aula, a
rimettere in discussione i dispositivi metodologici che vi fanno
riferimento, a misurarsi con le dimensioni dell'attività, della
riflessività, della contestualità, della dialogicità, della ricerca di
significato. Il problema è che l'aula puo' essere oltrepassata, ma non
cancellata, perchè c'è sempre un momento in cui vi si deve ritornare.
Ma
c'è un punto che va colto come prospettiva per il rinnovamento delle
pratiche di formazione: l'importanza data non solo alla soluzione del
problema, ma soprattutto al processo cognitivo che porta a tale
soluzione, al padroneggiamento metacognitivo delle proprie procedure
d'azione cognitiva. Il modello dell'apprendimento esperenziale sembra
essere quello che risponda meglio alle condizioni di un apprendimento
costruttivo, sociale, riflessivo, situato, contiguo con altri processi
della vita quotidiana; è sicuramente un punto di riferimento per
l'approccio alle competenze.
Alla didattica esperenziale si possono ricondurre lo stage,
l'alternanza
scuola/lavoro, che sono patrimonio acquisito nelle pratiche di
formazione, compresa quella scolastica. Il modello esperenziale si
colloca come occasione significativa di riordino delle attività
formative da sistemare nei punti cruciali dell'intera progettazione
curriculare. Bisogna creare una forma di alternanza, meglio ancora una
circolarità tra il tempo in cui si va avanti con l'assimilazione delle
conoscenze e un altro in cui ci si esercita a mobilitarle: tempi
significativi adatti per una metodologia lunga. L'esperienza è termine
d'arrivo, ma è anche con il dovuto rigore un punto di
partenza. L'apprendimento esperenziale necessita di un'organizzazione
rigorosa e di competenze elevate del docente in termini di controllo,
di
conoscenza delle metodologie e delle tecniche di lavoro. (continua)
prof. Raimondo Giunta