Le ragioni di un
obbligo.
L'obbligo scolastico nasce perchè il sapere è un bene comune, di cui
tutti devono essere partecipi e perchè tutti nella società devono
essere in grado di comprenderne e accettarne i principi e le regole che
la costituiscono; l'obbligo scolastico, inoltre, in democrazia è
condizione del diritto/dovere di cittadinanza. L'educazione alla
cittadinanza è compito che spetta al sistema pubblico di istruzione e
formazione, che lo puo' svolgere conservando e trasmettendo la storia,
le tradizioni, la lingua, la cultura della società alla quale
appartiene. Educare alla cittadinanza significa dare a ciascuno i mezzi
per padroneggiare la propria vita e per partecipare alla vita pubblica.
E' costruzione di mezzi intellettuali, di saperi e di competenze, che
sono risorse di autonomia, di capacità di esprimersi, di negoziare, di
cambiare il mondo.
A prima vista sembra che sia un problema superato l'obbligo scolastico
in una società dove ormai l'80% delle nuove generazioni arriva al
diploma.
Ma non è così e ancora oggi per poterlo risolvere bisogna affrontare e
superare ostacoli non indifferenti. Nessuno puo' rassegnarsi al fatto
che ancora oggi una parte consistente dei giovani non completi la
scolarità dell'obbligo e non possieda il necessario bagaglio di
preparazione per evitare un destino di marginalità sociale. Non solo,
ma
nel momento in cui si decide l'obbligatorietà dell'istruzione e la si
estende si rende necessario dare una profonda e continua
giustificazione dei contenuti di questa istruzione e del modo in cui
deve essere impartita.
Finalità, contenuti e metodi del nuovo obbligo scolastico sono stati
stabiliti con il D. M. 22/8/2007(Regolamento dell'obbligo di
istruzione), che dispone l'elevamento fino ai 16 anni, e
consapevolmente
si inserisce nel contesto di riferimento disegnato dalla
Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio del 18/12/2006 sulle
competenze chiave. Alle istituzioni scolastiche compete l'obbligo di
costruire entro i 16 anni di vita delle nuove generazioni la loro
identità personale(autonomia e responsabilità), formare la loro
sensibilità sociale, le competenze specifiche e trasversali (o
competenze chiave)necessarie per lo studio e per la vita, per accedere
al lavoro e per lavorare con successo.
LE COMPETENZE CHIAVE PER LA CITTADINANZA
Le competenze chiave per la cittadinanza attiva investono le aree
dell'identità, dell'autonomia personale e della responsabilità
sociale. Vanno oltre gli insegnamenti disciplinari, ma non vogliono
essere alternative ad essi. Esse si riferiscono a tre ambiti formativi
tra di loro connessi, che riguardano "la costuzione del sé", "le
relazioni con gli altri", "il rapporto con la realtà sociale e
naturale". Tali competenze sono state incluse nel modo seguente negli
ambiti prima indicati:
1) COSTRUZIONE DEL SE':
a) Imparare ad imparare;
b) progettare;
2) RELAZIONI CON GLI ALTRI:
a) Comunicare;
b) Collaborare e partecipare;
c) Agire in modo autonomo e responsabile;
3) RAPPORTO CON LA REALTA' NATURALE E SOCIALE:
a) Risolvere problemi;
b) Individuare collegamenti e relazioni;
c) Acquisire ed interpretare l'informazione.
Le competenze, a cui tende l'assolvimento dell'obbligo, devono
scaturire dai saperi contenuti nell'asse dei linguaggi, nell'asse
matematico, nell'asse scientifico-tecnologico, nell'asse
storico-sociale. Le competenze-chiave del nostro obbligo vengono
pensate come il risultato che si puo' conseguire nel processo
d'insegnamento /apprendimento attraverso la reciproca integrazione e
interdipendenza dei saperi e delle competenze propri di ognuno degli
assi culturali"Le competenze sviluppate nell'ambito delle singole
discipline concorrono alla promozione di competenze più ampie e
trasversali, che rappresentano una condizione essenziale per la piena
realizzazione personale e per la partecipazione attiva alla vita
sociale nella misura in cui sono orientate ai valori della convivenza
civile e del bene comune"(Indicazioni per il curricolo dell'infanzia e
per il primo ciclo di istruzione-Allegato al D. M. 31/72007).
Le mete educative relative alla costruzione dell'identità e
dell'autonomia personale oltrepassano i risultati che si conseguono con
i saperi disciplinari, ma non possono prescinderne a scuola. Il profilo
che viene disegnato con le competenze chiave dell'obbligo scolatico è
quello di una persona responsabile, capace, disponibile al confronto
, sensibile alle innovazioni. Come arrivare a queste mete educative è
un
problema di prima grandezza, perchè il passaggio dai contenuti
disciplinari alle competenze non è garantito, nè deducibile. Bisogna
faticare per poterlo avere.
Nelle impostazioni prevalenti dei curricoli della scuola dell'obbligo e
non solo in Italia si tende a dare molta attenzione alle attitudini, al
sapere essere; a metterli in primo piano, e a volte come se fosse uno
specifico settore di temi da trattare e non il risultato sperato della
coltivazione di alcuni specifici e ineliminabili contenuti. Un
orientamento sul quale vale la pena vigilare, perchè il curriculum
dell'obbligo rischia di essere indirizzato più a formare un particolare
atteggiamento, che a dare gli strumenti necessari per capire com'è il
mondo e per orientarsi nel lavoro o nello studio.
Quando si parla di funzione educativa della scuola, di norma, ci si
riferisce all'educazione alla cittadinanza e alla legalità
, all'assunzione di valori costituzionali ; non si pretende di formare
un
particolare e condiviso tipo di soggettività. Ogni persona vive e
sviluppa la propria identità dentro un sistema di relazioni sociali che
la precede e le sopravvive e il compito del sistema di istruzione e
formazione è quello di liberarla dai condizionamenti sociali e di
offrirle gli strumenti per individuare e cogliere tutte le opportunità
di cambiamento e di partecipazione, che una società puo' offrire. I
compiti della scuola non si possono concepire nel vuoto sociologico
:deve assolvere a compiti di socializzazione, come si aspetta la
società ; deve assolvere a compiti di educazione nei confronti di ogni
singola persona per renderla libera e autonoma con lo sviluppo e
l'esercizio della ragione.
CULTURA COMUNE E PROBLEMI APERTI
a) Il prolungamento dell'obbligo è passato quasi inosservato e non è
riuscito a guadagnarsi come doveva succedere una discussione ampia
nelle sedi parlamentari e nei luoghi eletti della ricerca
scientifica, pedagogica e della pubblica opinione. E' entrato di
soppiatto nell'ordinamento con uno delle centinaia di commi di una
legge finanziaria omnibus, approvata negli ultimi spezzoni dell'anno
2006. Non è stato posto come problema della nazione.
Non è questione da poco, invece, stabilire che cosa obbligatoriamente
devono sapere e conoscere le nuove generazioni, che sono tenute a
transitare per aule scolastiche o per un centro di formazione. Nè
tantomeno è un'opinione peregrina affermare che la cultura dell'obbligo
scolastico debba essere definita a prescindere dall'eventuale
prolungamento degli studi. In questo caso la cultura comune dovrebbe
fare riferimento alla vita comune della gente e a ciò di cui ha bisogno
per vivere decentemente e normalmente nella società:cittadinanza; vita
associativa, vita familiare, culturale, spirituale; accesso alle
tecnologie; capacità di condotta nei campi del lavoro, dei consumi,
della
sicurezza, della salute. Dovrebbe essere ancorata a pratiche sociali
ordinarie. Il curriculum dell'obbligo di fatto è concepito per la
prosecuzione degli studi e non sempre risponde alle esigenze dei
ragazzi che concludono la scolarità a 15 anni. La cittadinanza esige un
equilibrio delle discipline diverso da quello attuale, soprattutto nel
biennio delle superiori. L'assenza delle scienze sociali e giuridiche
impedisce di parlare sul serio di cittadinanza. Istruzione e
cittadinanza non sempre riescono a fare causa comune, soprattutto oggi
che devono misurarsi con i problemi di una società multietnica e
multireligiosa;
L'obbligo fino a 16 anni, considerate la discontinuità e l'aleatorietà
di tutte le fonti di informazione e formazione extra-scolastiche è
l'unica opportunità data per trasmettere e fare acquisire le basi e i
principi di una cultura comune. La cultura comune è data da alcuni
specifici contenuti, da principi e valori storicamente determinati e
condivisi e non si riduce ad un insieme di competenze chiave. La
cultura comune deve essere la sintesi di necessari saperi strumentali e
di necessari saperi per la cittadinanza. "Non si tratta di abbracciare
tutto ciò che è possibile sapere, ma di apprendere bene ciò che non è
consentito di ignorare"(J. Ferry-1881).
La si dovrebbe costruire a partire dall'accettazione della pluralità
dei codici valoriali presenti nella società e della pluralità di
estrazioni sociali, culturali, etniche, religiose, cui fanno
riferimento
le nuove generazioni; è anche opportuno che vengano valorizzati tutti i
campi e tutte le modalità di esperienza e di conoscenza. La cultura
comune in una società democratica deve consentire la formazione
dell'identità individuale, così come la pluralità delle fonti che la
costituiscono deve rendere disponibili all'accettazione della
diversità:vera educazione per tutti, vera cultura comune del terzo
millennio. Senza cultura comune è difficile che sgorghi il sentimento
di appartenenza alla comunità in cui si vive;
b) Il nuovo obbligo scolastico impone il problema della continuità tra
scuola primaria e scuola media, tra scuola media e biennio delle
superiori. L'attuale articolazione della rete delle scuole autonome non
sempre consente di dare una soluzione efficace:a volte tra primaria e
medie e sempre tra medie e biennio Non essendoci un luogo comune per
per le scuole dell'obbligo dopo la primaria, per quanto riguarda il
biennio delle superiori ci si deve confrontare necessariamente con
l'equivalenza dei percorsi formativi. Il biennio delle superiori non ha
alcun carattere di terminalità, per cui non si rilascia un titolo di
studio, ma una certificazione dell'adempimento del'obbligo di
istruzione. Questa soluzione impedisce di cogliere tutte le
potenzialità sociali del prolungamento dell'obbligo; non gli dà il
rilievo che meriterebbe.
c) Con le competenze chiave viene proposto un approccio che esige una
dimensione attiva della didattica, che sia in grado di valorizzare
varie
forme di esperienza e di conoscenza. Di fatto vengono richieste una
rivoluzione delle pratiche di insegnamento, una riflessione
approfondita
sul ruolo dei docenti, una nuova formazione professionale e nuove forme
di collaborazione tra i docenti. La pedagogia degli insegnanti per
essere coerente con la proposta delle competenze chiave deve essere
orientata al successo scolastico degli alunni e al loro accompagnamento
nel percorso di apprendimento. "Gli insegnanti devono divenire degli
specialisti della riuscita di tutti gli studenti o se si preferisce
degli specialisti del trattamento individualizzato delle difficoltà in
relazione allo zoccolo (delle conoscenze e competenze)"(C. Thelot).
Nei primi anni di vita del nuovo obbligo scolastico non c'è stato un
impegno organizzativo dell'amministrazione centrale all'altezza delle
ambizioni professate nei pubblici documenti, per farlo decollare nelle
pratiche e nei risultati. Si è fatto ricorso al noto espediente
dell'autonomia di ogni singola scuola, cui è affidata la missione
delle competenze chiave e di individuare il percorso di collegamento
tra le varie scuole, tenute al rispetto delle norme dell'obbligo
scolastico.
Un modo come un altro per eludere i temi cruciali dell'obbligo
scolastico e della sua estensione. Ma l'obbligo scolastico non è solo
una questione di pedagogia e di didattica. Le sue finalità, infatti,
sono
:pieno sviluppo della persona in tutte le sue dimensioni; esercizio dei
diritti di cittadinanza; lotta alla dispersione scolastica. Finalità di
evidente natura etico-politica. Vi è nesso organico inscindibile tra
obbligo scolastico e doveri dello Stato nei confronti delle nuove
generazioni. Nelle attuali condizioni non dovrebbe esserci nessun
giovane privo degli strumenti per potersi assicurare una vita dignitosa
nel segno della responsabilità e dell'autonomia. Gli esclusi dal
patrimonio comune di cultura e di saperi pagano e pagheranno prezzi
troppo elevati; sono e saranno dei vinti e degli umiliati.
"L'insuccesso
in una scuola aperta a tutti, oggi, crea più rancore sociale"
(Ph. Meirieu).
d) Gli assi culturali non coprono la totalità degli argomenti che
vengono trattati a scuola; la loro padronanza è un fine(individuale e
collettivo), è un mezzo(prosecuzione degli studi, orientamento al
lavoro), è un diritto(apprendimento lungo tutta la vita). Gli assi
culturali e le competenze chiave non si sostituiscono ai
programmi; danno loro una direzione e gli strumenti per confederarli
intorno a delle priorità, che potrebbero essere la padronanza della
lingua, l'autonomia dell'alunno, la capacità di acquisire e
interpretare
l'informazione o come piace pensare a B. Rey entrare nella scrittura e
nella razionalità. E' risaputo che l'ingresso nella scrittura è il
passaggio obbligato per ogni prosecuzione nello studio e per ogni forma
di autonomia intellettuale.
prof. Raimondo Giunta