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Riforma: I diplomati magistrali: un caso di negazione politica!

Opinioni
Siamo in attesa di importanti passaggi del ricorso GAE 2014 per i Diplomati magistrali, di cui attendiamo imminenti sviluppi, e vogliamo condividere alcune riflessioni, nonché una lettura degli eventi che hanno segnato, nel corso del tempo, l’intera vicenda del diploma magistrale, titolo per il quale Adida ha condotto finora numerose battaglie.

Partendo dai fatti più recenti, andremo a ritroso per ricordare non soltanto l’importanza dei risultati raggiunti, ma per ribadire un’impostazione che, nella legittima attesa che la giustizia faccia il suo corso, spesso si sottovaluta, quando non addirittura si dimentica.

Rispetto al ricorso, nei prossimi giorni potrebbero esserci importanti avanzamenti, che speriamo possano sciogliere il nodo che sta impedendo all’Ordinanza del Consiglio di Stato, di avere piena attuazione, ovvero di considerare la natura giuridica della cautelare ottenuta mesi fa, come diversa dalla riserva con cui sono state nel tempo inseriti in GAE altre tipologie di “inserimenti con riserva”.
Al momento, quindi, non ci rimane che attendere questa manciata di giorni, senza cedimenti, forti della fondatezza della nostra azione legale.
Tuttavia, è necessario soffermarsi sul perché siamo arrivati al punto di dover effettuare numerosi passaggi in ambito legale, non previsti in partenza, ma che rendono la vicenda pesante e difficile da comprendere.

Se il MIUR fosse intervenuto immediatamente a dare corso all’Ordinanza che ha determinato l’inclusione in GAE, non saremmo certo a questo punto. Invece, l’Amministrazione, e con questa la maggioranza di Governo, hanno visto bene di ignorare completamente il giudizio di uno dei più alti organi della Magistratura italiana, favorendo così persino soluzioni arbitrarie ed estemporanee a livello periferico. Insomma, è mancata una volontà centrale che, a livello locale, ha determinato nuove disparità e iniquità, nel trattamento delle singole posizioni dei ricorrenti, e più in generale sulla mancata ottemperanza dell’Ordinanza stessa.

Ma quello che è successo, tuttavia, va inserito in una più generale concezione che il MIUR ha determinato ed alimentato, nel corso di tutti gli anni di disconoscimento che il titolo di diploma magistrale ha subito, a cominciare dal suo valore abilitante.
Solo per inverdire la memoria storica, abbiamo dovuto aspettare 12 anni per veder riconosciuto il valore del titolo, grazie ad un nostro ricorso, anni nei quali niente e nessuno, in ambito politico e sindacale, ha voluto o saputo difendere un diritto: quello di esercitare a pieno titolo, e con tutti i benefici di legge, la professione consentita dal titolo. La professione in realtà è stata esercitata, ma in regime di precariato e di sfruttamento, senza alcuna possibilità di ambire alla stabilizzazione, almeno in ambito statale.
Due pesi e due misure, per un titolo identico, che ha permesso alle paritarie di ottenere il riconoscimento dallo Stato per accedere ai fondi pubblici di finanziamento, ecc., sulle spalle dei diplomati magistrali, che per l’insegnamento nelle scuole statali erano relegati nelle Graduatorie d’istituto.

Infine ricordiamo la vicenda più recente della riforma Gelmini… La legge n. 249/2010, per i diplomati magistrali già abilitati, prevedeva un TFA mai attivato per ostilità delle università, intento al quale l’associazione si è sempre opposta fermamente, ritenendo di voler tutelare un diritto acquisito e di evitare l’ennesima forma di sfruttamento, quella della università che hanno rilasciato, a caro prezzo per docenti della scuola di secondo grado, titoli inutilizzabili, per migliorare la propria posizione lavorativa.
Non marginale, in questo contesto, è stata anche la vicenda che ha portato alla istituzione dei PAS, ancora una volta  non adeguati a chi un’abilitazione l’aveva già, ma nella quale il titolo di diploma magistrale ha subito un trattamento indecoroso.
La CRUI, infatti, osteggiò pesantemente l’avvio dei PAS per i diplomati magistrali con servizio, così come associazioni di docenti, gruppi di laureati in Scienze della formazione primaria, docenti universitari ecc., ostacolando l’iter di attuazione di un Decreto ministeriale, senza che il MIUR imponesse la propria linea e senza che, ancora una volta, la politica e il mondo sindacale difendessero i diritti e le legittime richieste di migliaia di docenti, sfruttati dallo Stato per anni. Secondo la Legge sulla formazione iniziale infatti, i neoabilitati sarebbero comunque rimasti relegati nelle G.I., quelle per le sostituzioni temporanee, rimaste escluse dal piano di assunzioni de “La Buona Scuola”.

Ora, questa lunga premessa, peraltro fatta su vicende a tutti voi ben note, serve per ricostruire una visione di insieme, utile a ribadire quanto detto più volte: il ricorso al contenzioso, quale strumento politico, ha sicuramente la sua forza e la sua valenza, ma questo non deve far dimenticare che da sola, quest’arma, non basta.

I fatti recentissimi lo dimostrano. Chi è finora andato “a braccetto” con il Governo attuale, ma anche con i Governi passati, ha ottenuto qualcosa, gli altri tutti fuori, calpestati nei loro diritti, di volta in volta disconosciuti e negati a seconda della convenienza.
La distanza dalla politica, purtroppo, forse basata anche su una residuale fiducia nello Stato, ha lasciato campo libero a decisioni dettate da logiche lontane dal benessere e dai cittadini, e persino dal semplice buon senso.
Nell’ambito del sistema scolastico, questo si è poi aggravato al punto da aver delineato un vero e proprio progetto di smantellamento della scuola statale, ammantato di riforma e di meritocrazia, fin dalle sue fondamenta, quelle dettate dalla Costituzione, che conferisce alla scuola statale un ruolo cardine, quale è quello di un’istituzione centrale come la Scuola. Noi docenti delle Graduarorie d’istituto siamo soltanto le prime vittime di un progetto pericoloso e più ampio.
Serve un’efficace azione politica in senso stretto, necessaria a far spostare l’asse decisionale nella direzione delle nostre legittime istanze, ma anche in difesa del ruolo e del valore istituzionale della scuola.
Per fare questo, bisogna crescere in consapevolezza e in rappresentatività. I ricorsi hanno il pregio di poter incidere, speriamo, sulle vicende del singolo, anche nel caso dei ricorsi collettivi, ma non a portare a segno la difesa del diritto in quanto tale.
Per questa finalità, quindi, serve coesione e sinergia, serve affiancare i ricorsi con un’azione sindacale degna di questo nome, per la quale ci stiamo via via preparando e rafforzando. Non potremo mai raggiungere il rispetto del diritto in quanto tale continuando a guardare con miopia ed egoismo unicamente ciascuno il proprio interesse. Nel concitato momento storico che stiamo vivendo e che ha travolto sia noi, precari storici, che l’intero sistema scolastico, è necessario costituirsi come soggetto riconosciuto e come interlocutore politico forte. Ogni azione che da adesso in avanti Adida proporrà e sosterrà, andrà esattamente in questa direzione, con la volontà di contrastare ogni intenzione esterna, non casuale, di frammentare la categoria.

Valeria Bruccola
adida.associazione@gmail.com








Postato il Venerdì, 28 agosto 2015 ore 01:00:00 CEST di Michelangelo Nicotra
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