La scuola si pasce
di speranza e di futuro; la scuola si nutre di
libertà, di intelligenza, di passione e di collaborazione. Su questi
parametri vanno misurate tutte le innovazioni a scuola; vanno
misurate sul parametro delle opportunità che vengono date alle nuove
generazioni per essere cittadini e lavoratori. Per essere più chiari e
precisi: le innovazioni riescono a cambiare le
procedure abituali di riproduzione delle elites, dei quadri
operativi del mondo economico, della ricerca, dei servizi
secondo criteri di pari opportunnità? Esiste una correlazione tra
innovazioni e possibilità di inserimento nel mondo del lavoro? La
scuola sarà in grado di dire qualcosa di diverso e di meglio
rispetto alla situazione attuale o continuerà ad essere l'anello debole
del rapporto col mondo del lavoro, degli assetti economico-sociali?
Nella scuola è impresa ardua fare sintesi dei vari aspetti
del sapere e della cultura umana e trasformarli in un progetto di
vita per le nuove generazioni, che vi trascorrono il tempo della loro
crescita, il tempo del loro passaggio dall'infanzia all'età
adulta. Sarà impresa ancora più complicata dopo la manomissione alla
quale è stata sottoposta, che la renderà più povera di slanci e di
umanità.
I giovani dovrebbero apprendere a scuola quel che è necessario per
assumere il ruolo di adulto: la capacità di svolgere un lavoro, la
capacità di assumere delle responsabilità pubbliche e sociali,la
capacità di esprimersi e farsi valere, la capacità di convivere, la
capacità di scegliere e di accettarne le conseguenze, la capacità di
finalizzare e progettare la propria vita.
Troppe cose importanti per un'istituzione molto rinchiusa in se
stessa, incattività dagli sfregi che ha subito, senza prestigio,
senza identità educativa.
L'intruglio che con inaudita e insipiente frettolosità si è voluto
approvare ,spacciandolo per "buona scuola" non punta sulle competenze,
nè sulla formazione della personalità, nè sui valori della nostra
Costituzione. Un pastone indigesto che affida agli arbitri di un capo e
alla guerra di tutti contro tutti il compito di essere efficiente ed
efficace in un campo dove contano solo responsabilità, cultura,
intelligenza, libertà, autonomia, fiducia, dialogo, collaborazione.
In un momento particolarmente delicato della società ci si trova
davanti all'intenzione dichiarata di cancellare ciò che ha consentito
al sistema di istruzione di fare la propria parte .Intendo dire di
quell'insieme di regole, di rapporti, di atteggiamenti, di procedure,
che costituiscono la cultura di ogni singolo istituto e che
costituiscono lo sfondo morale della vita scolastica.
Ogni scuola ha la sua propria atmosfera che la rende unica e che
esercita una forte influenza su quelli che vi lavorano; sono destinate
al fallimento le innovazioni che ignorano l'istituto come luogo di vita
e di cultura. La legge delega approvata impedirà la valorizzazione e lo
sviluppo delle energie professionali e intellettuali degli insegnanti
per gli evidenti tratti di autoritarismo che la distinguono.
Pensare l'istituto come luogo di cambiamento significa prendere in
carico la sua complessità sociologica, psicologica,antropologica;
non significa procedere per le vie spicce dei premi agli
"adempienti" e delle punizioni per i "ricalcitranti".
Con le nuove disposizioni sarà impossibile sviluppare un qualsiasi
sentimento di appartenenza al proprio istituto, condizione cruciale per
dare impulso positivo all'attività didattica e darle il senso unitario
che si pretende in ogni piano dell'offerta formativa. Senza la
libera continuità della permanenza nel proprio istituto,
l'attività scolastica sarà un'inutile e ingiustificata fatica di
Sisifo. Non si farà tesoro delle esperienze compiute, nè insegnamento
dagli errori commessi.
L'istituto non è una semplice unità amministrativa, ma un luogo
di formazione e di educazione che deve avere un progetto e questo potrà
essere portato avanti se il corpo docente agisce come collettivo di
persone morali, libere, responsabili, capaci di impegnarsi nel
difficile compito di preparare le nuove generazioni al lavoro e alla
cittadinanza.
Se lavorare a scuola deve avere un senso bisogna rifiutare le scelte
fatte con la legge delega; bisogna aprire subito la lotta per
ritornare alla scuola del dialogo e della libertà.
prof. Raimondo Giunta