ROMA - Il prossimo
esame del Ddl Scuola a Montecitorio potrebbe non portare a grosse
sorprese stante la determinazione del Governo di rinviare ogni
possibile, quanto minimo, cambiamento a Palazzo Madama. Ciò non
significa affatto proseguire il dialogo, ma solo rinviare il problema!
Se dialogo si doveva instaurare era meglio farlo negli incontri dei
giorni scorsi, laddove alle richieste delle OO.SS. e dei associazioni
dei genitori la delegazione governativa ha risposto picche non
smuovendo un solo tassello dal puzzle riforma.
Peraltro la scadenza fissata da Renzi per il varo definitivo del
provvedimento è indicativa non solo dell’emergenza assunzioni, ma dalla
voglia di non voler cambiare nulla al suo giocattolo-scuola. La verità
vera è che la presunta apertura ad una parvenza di concertazione con
invito/impegno a rivedersi a Palazzo Chigi non attenuerà le divergenze,
darà solo modo e tempo al Premier di parare colpi ed effetti nelle
prossime elezioni regionali.
Lasciando stare le numerose spettacolazioni governative (ha parlato sui
presidi anche la ministra Boschi … per conoscenza familiare!) va detto
subito che la situazione, a questo punto, non è facile da entrambe le
parti. Se da un lato il Governo non vuole recedere di un passo per non
perderci la faccia, dall’altro le OO.SS. tutte non possono tirarsi
indietro dopo aver organizzato scioperi e manifestazioni e dopo aver
annunciato la prosecuzione della mobilitazione ed altre azioni di
lotta, fino al rinvio degli scrutini e delle operazioni finali per i
confederali e lo sciopero (con ovvio rischio di precettazione!) da
parte dei Cobas, per non parlare delle prossime adozioni dei libri di
testo che potrebbero saltare facilmente nella loro tempistica, con un
danno commerciale agli editori non di poco conto.
La vicenda decreto su La Buona Scuola si è intrecciata ed avviluppata
con la protesta contro le prove Invalsi portata avanti dai Cobas e
attuata da parte dei ragazzi anche della scuola superiore, con grande
disappunto della ministra Giannini che ha definito “inaccettabile” il
boicottaggio che addebita ovviamente ai sindacati, mentre trascura la
pesante situazione sul Ddl, quanto meno per essere coerente con la
linea del suo Premier. Forse dopo l’offensiva culturale Boschi-Giannini
anche l’apertura ad un confronto prima della discussione al Senato,
dove il provvedimento si trasferirà indenne dopo il 19 maggio, potrebbe
essere un fallimento, anche se qualcuno è stato così sprovveduto di
apprezzare la “disponibilità al dialogo” del Governo manifestata solo
adesso, che però alla luce degli incontri dei giorni scorsi è sembrato
più un monologo. Se così è, o sarà, scontato che il confronto fra le
parti dopo le elezioni regionali e prima del passaggio al Senato,
potrebbe portare a qualche novità spicciole di cui bisognerà
accontentarsi, tranne sorprese con il voto in Aula.
Quanto alle novità, si punta a sbloccare le assunzioni, dimensionare
ancora i poteri del Ds che potrebbe essere meno preside-manager o
appaltatore e più leader educativo, contenere la dimensione premiale
affidata quasi completamente al Ds nonostante la parvenza del rinnovato
Comitato per la valutazione, ridurre ancora di più le deleghe al
Governo (in atto ne saltano cinque: rafforzamento dell’autonomia, pur
se altre norme sono previste in altri articoli, assunzioni e formazione
dei Ds, riordino degli OO.CC., sistema degli Istituti Tecnici Superiori
e scuola digitale), mentre va dato atto che alcune cosette sono state
modificate e/o riformate (Progetto 0-6 anni in cui è stato tolto il
riferimento “statale” che avrebbe escluso le scuole dell’infanzia
paritarie) e l’estensione alle superiori della detraibilità delle spese
di frequenza con un tetto di 400 euro l’anno e lo School Bonus esteso a
tutti gli istituti del sistema nazionale, statali e paritari.
Sulla questione delle detrazioni va ricordata la posizione di Ceripnews
(leggi: “Ddl Scuola: detrazioni anche per le frequenze alle superiori”
- http://www.ceripnews.it/la_nota.htm#ddlscuola130515 ) che ha trovato
pieno riscontro nelle dichiarazioni del costituzionalista professore
Stefano Rodotà che martedì sera, nel corso della trasmissione di
Giovanni Floris “DiMartedì” su La7, ha affermato che finché la scuola
pubblica statale vive nel fabbisogno, non è accettabile che si eroghi
un solo euro a quella non statale.
Tornando al Ddl Scuola, ci chiediamo: cosa è cambiato? Nulla o quasi!
* Il Ds assumerà i docenti prelevandoli dagli albi territoriali di
estensione sub-provinciale (distretti?) attraverso una valutazione dei
curricoli (sic!) sentiti gli organi collegiali; parimenti, sentiti gli
OO.CC. premierà a proprio piacimento o quasi, i docenti ritenuti
meritevoli (costo 235 milioni). Sarà preside-capoccia, preside-sindaco,
preside-manager, preside-rettore (a proposito il rettore
dell’università non decide da solo, si confronta con i professori e nei
consigli di facoltà; forse questo la Ministra-Rettore l’ha
dimenticato!), o altro ancora? Certamente non sarà solo preside-leader
educativo!
* Il rimodulato Comitato per la valutazione degli insegnanti oltre a
valutare i docenti (lo fa già adesso, almeno sulla carta, per coloro
che chiedono la valutazione e per il passaggio a ordinario dei docenti
in periodo di prova) detterà anche i criteri per individuare i docenti
“ritenuti migliori”. La modifica consiste adesso che la componente
interna venga affiancata da una esterna (2 genitori fino alla scuola
secondaria di primo grado e 1 genitore e 1 alunno nella scuola
secondaria di secondo grado).
* Nella partita delle assunzioni si sblocca, a quanto pare, la
questione degli idonei del concorso 2012, fermo restando il blocco per
gli insegnanti della scuola dell’infanzia fino a quando non sarà
definito il Progetto 0-6 anni, ancora tutto da costruire e da negoziare
nella Conferenza Stato-Regioni-Enti Locali. Di fatto 23 mila insegnanti
già idonei del concorso 2013 restano al palo!
* Il nuovo concorso per 60 mila posti, promesso per l’anno 2016 sarà
riservato solo agli abilitati ed ai circa 170mila docenti che non sono
compresi nel piano assunzionale dei 100.701 previsto dal governo e che
saranno ripartiti come appresso: 36 mila sul turn over, 15 mila sul
sostegno e 50 mila sull’organico dell’autonomia.
* Per coloro che mandano i figli nelle scuole superiori paritarie (80
mila circa) esclusi in un primo momento dalle agevolazioni fiscali,
arriva la detrazione delle imposte pari al 19% della retta pagata.
Sulla questione delle detrazioni abbiamo scritto già ieri (leggi: “Ddl
Scuola: detrazioni anche per le frequenze alle superiori” -
http://www.ceripnews.it/la_nota.htm#ddlscuola130515 ).
* Il Consiglio di circolo/istituto approverà il Pof triennale che gli
sottoporranno Ds e Collegio dei docenti. Il Pof sarà rivedibile ogni
anno.
* La Carta del professore prevede un bonus di 500 euro anno per
acquisti culturali e autoformazione (costo 380 milioni).
* I Ds saranno valutati ogni tre anni da un Comitato di valutazione
istituito presso l’USR; previsto anche un “reclutamento a termine” di
ispettori prelevati dal ruolo docente, con requisiti e dei Ds.
Su questo argomento Ninni Bonacasa ha scritto ampiamente su Ceripnews
dichiarandosi contrario ad «un maxi-reclutamento di aspiranti dirigenti
tecnici a tempo provenienti dalla funzione docente e dirigente, che
senza alcuna formazione andranno a valutare i Ds rimasti in servizio …
in attesa che un collega prestato al ruolo ispettivo e/o un docente in
delirio di potere, valuti il suo operato, levandosi magari anche
qualche sassolino dalla scarpa. E vuoi vedere che questo famoso
"incarico triennale a tempo" diventerà oggetto di interesse vertenziale
per una futura stabilizzazione grazie a qualche leggina ad hoc (non
sarebbe la prima volta!) oppure a colpi di ricorsi amministrativi? Con
riferimento alla possibile leggina – scrive il nostro direttore
responsabile - ricordiamo che qualche decennio addietro, i bocciati ad
un concorso ispettivo ordinario che avevano superato parte delle prove,
a seguito delle modifiche sul reclutamento intervenute, hanno ottenuto
– sia pure a fatica – la stabilizzazione grazie a tanti ricorsi, allora
su carta bollata. Infatti furono chiamati “ispettori di carta
bollata”». (cesare costa)
La questione Invalsi
Mentre la ministra Giannini e il sottosegretario Faraone tuonano contro
il boicottaggio dei test Invalsi, la presidente dell’Istituto,
professoressa Anna Maria Ajello, ordinario di Medicina e Psicologia
alla Sapienza, ma certamente non molto competente in docimologia, parla
di obiettivo raggiunto con appena un risultato del 77% che la dice
lunga sul concetto di valutazione del sistema educativo di istruzione e
formazione.
La Presidente, a differenza dei politici, non entra nel merito delle
massicce astensioni che si sono registrate nella scuola primaria, pur
se con date delle prove spostate, e nella scuola secondaria di primo e
secondo grado, dice solo che “l’Invalsi ha il compito di fornire
misurazioni del sistema e non valutazioni e che l’Istituto deve
fermarsi sempre sulla soglia delle scuole”.
Il resto (= valutazioni) non competono all’Istituto, sono le scuole che
disponendo di “informazioni specifiche” sul campione, possono ricavarne
elementi utili a riconoscere i punti per migliorare.
Parola sante quelle della prof.ssa Ajello, affermate nell’intervista
concessa ad Alessandra Chello e pubblicata su “Il Mattino” di ieri (13
maggio 2015); solo che le cose non stanno esattamente così, per più di
un motivo:
1 – Un campione ridotto al 77% su scala nazionale, che però registra
vuoti totali o quasi in alcune città, può non essere più significativo.
2 – La misurazione del sistema scuola, secondo un protocollo standard,
non evidenzia le micro peculiarità, ma solo le macro criticità in dati
assoluti e in percentuali.
3 – Non è possibile tagliare col bisturi i dati misurati all’effetto
valutativo che essi generano, perché è fisiologico che ciò accada, e
proprio nella scuola che non è un laboratorio di analisi cliniche.
Certamente è vero che ciascun paziente non deve leggere i risultati del
suo esame del sangue deve affidarsi alla competenza medica che,
dopo lo studio comparato al paziente stesso che conosce a fondo, ne
trae un dato valutativo complessivo, ma è anche vero che i laboratori
indicano per ogni analisi lo scarto minimo/massimo e tanto basta perché
tutti leggiamo e valutiamo i dati, pur se incompetenti. Lo stesso
accade a scuola ed anche peggio se questi dati si danno in pasto ai
media senza una griglia di lettura, tanto che ognuno può scrivere ed
affermare di tutto e il suo contrario!
A proposito. In tutta questa questione, affatto di poco conto,
registriamo tre dichiarazioni/interventi abbastanza interessanti e
problematizzanti: quello del quasi-laureato Oscar Giannino che su “Il
Messaggero” di ieri pontifica – come è nel suo stile
comunicativo, carta stampata o tv poco importa! – sul “peso politico di
chi non vuole essere misurato”, quello del presidente dell’associazione
Nazionale Presidi, Giorgio Rembado, che su “la Repubblica” sempre di
ieri, ritiene “preziosi” i risultati Invalsi per chi sta in cattedra ed
anzi ne chiede l’implementazione ed infine quello di Andrea Ichino sul
“Corriere della Sera” sempre di ieri (13 maggio 2015) secondo cui “il
boicottaggio delle provettine equivale ad rifiuto dell’uso del
termometro nelle diagnosi cliniche”.
Ognuno (politici, opinionisti, esperti e pseudo tali di settore) ormai
sulla scuola e dintorni è libero di dire ciò che vuole, ma consentire
ad Oscar Giannino, più noto per i commenti sull’economia e la finanza
nostrana, di parlare di scuola è davvero troppo, soprattutto quando
afferma che una scuola in cui “così tanti docenti rifiutano l’dea di
essere giudicati per merito e risultati e trasmettono questa stessa
idea di fondo ai loro studenti è il tradimento della prima missione
stessa per cui esiste l’istruzione pubblica”.
Viene da domandare all’esperto Giannino come e dove ha appreso che i
docenti non vogliono essere valutati e soprattutto che c’entra questo
discorso con le provettine Invalsi che certamente sconosce, ma di cui
disquisisce, che dovrebbero accertare lo stato di salute del sistema
scuola?
Entra nel merito delle prove Invalsi il preside Rembado che, dopo aver
censurato nei giorni scorsi, le iniziative di boicottaggio, ora
aggiusta il tiro affermando che i test sono necessari; casomai, è un
solo tipo che non è sufficiente, pertanto ne servirebbero altri per
incrociare i risultati ed avere un quadro valutativo più preciso.
Siamo pienamente d’accordo se al posto dell’esplicito concetto di
“valutazione” affermiamo il principio dell’accertamento di alcune
conoscenze e competenze, pur se general-generiche; non siamo più in
sintonia con il rappresentante dell’ANP quando afferma che “la scuola è
resistente alla valutazione” e che i test sono necessari, anzi
indispensabili. Ciò per due motivi: primo, il sistema scuola non dice
no alla valutazione, ma alla correlazione pericolosa:
buona-scuola=bravo insegnante e viceversa; e Rembado sa bene che non è
sempre così; secondo, perché alla scuola oltre alle provettine servono
test centrati sul Pof e gli apprendimenti significativi e non su prove
che hanno la pretesa di misurare conoscenze e competenze, senza
sforzarsi di misurare senso critico, capacità creativa e trasferibilità
delle conoscenze e dei saperi.
Il terzo contributo, quello di Andrea Ichino sul “Corriere della Sera”
di ieri, nega la valenza politica della protesta ed afferma che le
provettine sono “un termometro per misurare la febbre” e averle
boicottate significa “rifiutare la comparazione tra scuola e classi
diverse, altrimenti affidata alla soggettività dei docenti e di chissà
chi altri”.
Il peggio del peggio: le performance apprenditive degli alunni non si
misurano né col termometro, né con i quizzettini che forse Ichino
sconosce, come certamente sconosce gli standard di
misurazione/valutazione degli stessi; a tanto va aggiunto che il
rifiuto a sostenere le provettine quest’anno ha avuto come protagonisti
non solo i docenti Cobas, ma anche e soprattutto i genitori nella
scuola primaria e secondaria di primo grado e gli alunni nella scuola
secondaria di secondo grado.
Allora, caro Ichino, che c’entrano i docenti e soprattutto che c’entra
avanzare il sospetto che “il boicottaggio non deriva dalla critica a
questo specifico strumento di misurazione, ma dal rifiuto di qualsiasi
misurazione” ed affermare che “nella migliore delle ipotesi chi
boicotta i test Invalsi (…) preferisce giudizi soggettivi a indicatori
oggettivi anche se imperfetti (…) e nella peggiore che si vuole evitare
qualsiasi giudizio”? (ninni bonacasa)
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