La
recente visita di papa
Francesco a Napoli, ha
suscitato – e non poteva non
esser così - una vasta eco nei
mass media televisivi, per la
sua vigorosa denuncia della
corruzione dilagante nella
nostra società. «La corruzione
spuzza, la società corrotta
spuzza e un cristiano che fa
entrare dentro di sé la
corruzione non è cristiano,
spuzza», ha con forza
affermato il Papa. E ancora: «Quanta corruzione
c’è nel mondo: è una parola
brutta, perché una cosa
corrotta, è una cosa sporca.
Se noi troviamo un animale
che è corrotto, è brutto. E
spuzza. La corruzione spuzza
e la società corrotta spuzza».
In queste parole del Papa la
'corruzione' è attorniata non
meno di cinque volte dalla
presenza dell’insolito termine
'spuzza'. Un verbo 'puzzare'
con il prefisso 's' intensivo, semanticamente potenziato in
«puzzare in modo acre e rivoltante», come in parole quali
'(s)cancellare', '(s)cacciare', '(s)cambiare', '(s)premere'.
Trattandosi di un termine 'non comune' in italiano, in bocca a un
italofono non nativo, qualcuno ha ritenuto di poter parlare di un
'errore', peraltro insistentemente ripetuto. Qualcun altro ha anche
ipotizzato che il Pontefice avesse voluto avvicinarsi agli immediati
destinatari del messaggio, adoperando un termine partenopeo.
Che in realtà tale non è.
Invece, il termine 'spuzza' è emerso dal
dialetto italiano della famiglia del pontefice, com’è noto, di origine
piemontese. La conferma 'dotta' la fornisce per esempio il 'Gran
Dizionario Piemonteseitaliano' di Vittorio di Sant’Albino (1859),
che registra il verbo spussè (puzzare) e il nome spussa (puzza), «odore
spiacevole di cose corrotte». La voce è altresì ampiamente presente,
con varianti, nei dialetti
italiani settentrionali. Nel milanese: verbo spuzzà e nome spuzza,
cito, in particolare, i poeti Carlo Maria Maggi (163099) e Carlo
Porta (17751821). Nel ligure verbospussà, spussar, spüsà e
nome spussa, spuça, spüssa ('Vocabolario ligure' di Sergio
Aprosio 2003). Nel veneziano, cito solo il teatro settecentesco di
Carlo Goldoni, ma anche nel roveretano e nel trentino. Il
Petrocchi, nel 1890, annota anche che «vive a Pistoia». Il termine,
oltre che nei dialetti, è attestato nell’italiano antico, dal
’200 al ’500 e in diversi autori toscani: Giovanni Sercambi,
Piovano Arlotto, Pietro Fortini... Il sostantivo femminile spuzza,
(http://www.koinexpo.com/)
oltre che nel ’200 e nel ’300 (Anonimo genovese e san Gregorio
Magno, volgarizzamento), è stato adottato nell’800 e nel ’900 dal
lombardo Carlo Dossi e dal toscano Umberto Fracchia, mentre
Natalia Ginsburg utilizza il verbo spussa nel suo 'Lessico famigliare'
(1963).
Il Pontefice ha quindi trasferito creativamente la voce del dialetto
piemontese in italiano, attuando un normale procedimento di
'transfert' linguistico. In bocca a un locutore di tale prestigio il
dialettalismo è stato insomma promosso, superando la fase di
regionalismo a cui era relegato. Non è quindi giustificata, né
filologicamente né semanticamente, la correzione puristica del
termine del Papa 'spuzzare' banalizzato, scolorito e depotenziato
in 'puzzare', che si è potuta leggere in non pochi giornali e sentire
in telegiornali e radiogiornali.
Salvatore Claudio Sgroi - Avvenire.it