Con tutta evidenza per venire a capo dei problemi della
scuola si rende necessario una ridefinizione della funzione docente che
sia contestuale a quella del ruolo del sistema scolastico e formativo
nella società: sono compiti che non attengono solo alla pedagogia, ma
anche e soprattutto alle scelte di politica generale, che deve chiarire
innanzitutto l’idea di società che si intende governare e sviluppare.
Le pratiche didattico-professionali e le loro innovazioni
caratterizzano la funzione docente ma devono armonizzarsi
per quanto è possibile con le scelte istituzionali e comunque non
sono in grado di contrastarle se seguono altri percorsi.
L’insegnante è figura imprescindibile dei sistemi educativi ed è la
chiave di volta del successo e dell’insuccesso delle riforme
scolastiche. Non si possono avviare percorsi di innovazione a
prescindere dal convincimento degli insegnanti .Quali che siano le
finalità di un progetto di riforma, c’è sempre bisogno di un corpo
docente, che abbia la competenza e la convinzione di portarle a
compimento.
Il docente trasmette specifiche conoscenze e propone modelli di
condotta, sia quando aderisce ai valori accettati e/o stabiliti
istituzionalmente, sia quando esplicitamente dissente dalle norme e dai
valori vigenti .La sua specificità professionale è quella di accumulare
conoscenze e competenze e di doverle ricreare e sviluppare nella mente
e nella coscienza degli alunni. questo tratto distintivo e prioritario
deve legarsi nell’attuale fase della società a compiti di educazione.
L’insegnante non può essere solo uno specialista che insegna la sua
disciplina, in grado di possedere e di dominare una certa area di
conoscenze e di controllare tutti gli aspetti della comunicazione ad
essa relativi. “Deve essere un professionista delle situazioni di
apprendimento e delle interazioni educative”.(N.Bottani)
L’insegnante deve sapere non solo cosa insegna e come, ma anche chi
sono i suoi allievi, di che cosa hanno bisogno, in che genere di
ambiente e di famiglia vivono, in che genere di società crescono. Ha
bisogno di cultura sociologica, politica e morale.
La cura degli alunni, l’attenzione ai loro problemi, l’accompagnamento
nei loro processi di crescita, non sono azioni possibili “del” e “nel”
rapporto educativo, ma atti dovuti. Senza di essi non si genera la
formazione, non si genera la crescita umana.
Per molto tempo con superbia intellettuale questi aspetti della
funzione docente sono stati giudicati inessenziali, non pertinenti come
il possesso di tecniche didattiche e organizzative e del sapere
specialistico. Si è espunto come superfluo il mondo delle relazioni
umane e la dimensione affettiva e quella valoriale. Si è insistito con
protervia nel tentativo di formalizzare un processo dinamico,
complesso, ricco, emotivo, anche umorale come quello del rapporto
educativo, con risultati non proprio lusinghieri.
Con l’ausilio della sola professionalità e dei saperi scolastici, anche
quando sono illuminati da un forte senso del dovere,l’insegnamento
nell’attuale condizione dei giovani rischia di essere sterile o di
conseguire risultati molto modesti.
La realtà delle cose impone di ridimensionare lo spazio di certi
atteggiamenti scientistici e di ricomporre ad unità, dopo averne voluto
la più radicale distinzione, educazione e istruzione.
In un ruolo professionale così complesso come quello del docente si
deve rischiare di persona con intensità e passione. Se così non fosse
la figura del docente perderebbe necessariamente considerazione sociale
e significato. Non aver cura dell’alunno rende vano l’intero
impianto organizzativo delle prestazioni professionali.
Troppo spesso è la disciplina, la prescrizione curriculare a dirigere
il comportamento del docente e non la persona dell’alunno .Nella scuola
si è avuto quasi fastidio ad usare il lessico pedagogico, che rinvia a
temi etici e che propone il compito della dedizione e della
responsabilità educativa del docente. Si è coltivato in alternativa il
modello di un professionismo a ventiquattro carati: nelle regole, nelle
procedure, nella comunicazione, nei rapporti umani, nell’organizzazione
dell’attività didattica.
Questo modello ideologico della professionalità docente ha accompagnato
gli insegnanti nel passaggio dalla scuola di elite a quella di massa.
E’ sembrata essere la loro emancipazione dalla cultura della vocazione,
della missione con cui tradizionalmente si definivano i compiti
dell’insegnamento. In questo modo invece la scuola si è fatto sfuggire
di mano il controllo del mondo su cui dovrebbe lavorare.
Se anche il sapere, la disciplina scolastica fossero le uniche ragioni
che spiegano e fondano il rapporto docente-alunno, lo scopo della
educazione non è quello di sottomettere la natura indocile dell’alunno
al sapere, ma quello di fare diventare “sapiente” l’alunno indocile
.Gli insegnanti non sono sacerdoti del sapere, ma guida e aiuto dei
giovani, sia nei processi di apprendimento, sia nei processi di
crescita umana.
Il ragionamento fin qui sviluppato cerca di dimostrare la fondatezza e
la necessità di unificare nell’insegnamento la funzione conoscitiva e
la funzione educativa che sono proprie del sistema
scolastico-formativo. Come si debba declinare questo paradigma
professionale viene stabilito dai principi fondamentali in cui si
riconosce una società e dalle indicazioni che vengono date dalle
autorità di volta in volta legittimate a richiedere precise prestazioni
professionali.
La libertà di cui deve godere l’insegnante nell’esercizio delle proprie
funzioni non può, infatti, sconfinare nella libera determinazione dei
contenuti di una disciplina e delle finalità dell’insegnamento.
Piero Romei nelle sue ultime riflessioni sulla scuola, riportate nel 1°
Numero del 2007 della rivista “Autonomia e dirigenza”, organo dell’ANP,
affermava: “La definizione del bravo insegnante(…) non ha senso in sé,
ma in relazione a come è fatta e come funziona la scuola nella quale è
chiamato a svolgere un ruolo non generico, ma mirato; fornendo
prestazioni nelle quali l’auto consistenza legata alle inevitabili, e
vitali, scelte didattiche e formative personali si coniughi con la
capacità di essere funzionale alla strategia d’azione collettiva
complessivamente perseguita dalla scuola stessa come realtà
organizzativa e istituzionale unitaria”.
Funzione
docente e apparato scolastico
Ai vincoli ineludibili delle regole e delle finalità istituzionali, che
configurano l’aspetto pubblicistico dell’insegnamento, si aggiungono
quelli non prescritti, ma reali ed efficaci dell’organizzazione che
regola le modalità delle prestazioni professionali del docente
.L’organizzazione del lavoro scolastico (orari, norme contrattuali,
disposizioni didattiche etc.) finisce sempre per vincere sulle migliori
intenzioni e su tutti i propositi di innovazione e di creatività dei
docenti. La sottolineatura del peso dell’organizzazione sulla qualità
del lavoro dei docenti scaturisce dalla convinzione che il rinnovamento
del sistema scolastico non può prescindere dal profondo riassetto dei
dispositivi (contrattuali e gestionali) che determinano le condizioni
materiali di lavoro dentro ogni singolo istituto.
Il paradosso di Bottani secondo cui bisognerebbe cambiare la scuola e
non i docenti, va preso per quello che vuole essere: non la rinuncia ad
un nuovo tipo di insegnante, ma un efficace avvertimento a considerare
con la dovuta attenzione l’incidenza dell’organizzazione del servizio
scolastico sulla qualità delle prestazioni professionali e su tutti i
buoni propositi di rinnovamento dell’insegnamento. Serve anche a
ricordare che non c’è miglioramento dello status del docente, che da
solo sia capace di correggere il dissesto delle scuole delle periferie
dei grandi centri urbani e dei centri rurali e montani e ad innalzare
il profitto degli studenti non privilegiati. Il rinnovato ruolo dei
docenti, ammesso che ci si voglia seriamente impegnare in questa sfida,
non può assolvere i compiti di chi ha la responsabilità generale della
politica scolastica nazionale e dare risposte alle esigenze e alle
richieste della società di pari opportunità e di innalzamento del
livello generale della preparazione culturale e professionale delle
nuove generazioni.
Forse l’attuale organizzazione del sistema scolastico non sa che
farsene di insegnanti di grandi qualità: ma questi sono necessari per
combattere la dispersione, per limitare il disagio della condizione
giovanile; per dare “senso” e prospettiva all’insegnamento e
all’apprendimento. I problemi, che con forza si impongono
all’attenzione della società e della scuola in particolare, richiedono
il ripristino della centralità dell’insegnante, della figura
dell’insegnante nei processi di crescita delle nuove generazioni.
Il paradosso di N. Bottani può essere rovesciato e ci si deve chiedere
allora se una buona organizzazione del lavoro scolastico è in grado da
sola di assicurare un buona scuola e una buona formazione.
La valorizzazione della funzione docente è uno dei pilastri di una
politica che intende affrontare la crisi della scuola; ma non basta.
Deve essere accompagnata da una battaglia culturale di difesa dei
valori culturali della scuola, dei saperi scolastici e da una profonda
e condivisa riscrittura dei compiti della scuola, che le consenta di
dare risposte efficaci alle trasformazioni del mondo del lavoro e della
società.
prof. Raimondo Giunta