La strage
di Parigi ha spinto a riflettere seriamente sul significato che riveste
la libertà di stampa e di espressione nelle società democratiche. E'
convincimento comune che proprio in queste libertà si debba indicare il
tratto che le distingue da ogni altro sistema di organizzazione della
società. La libertà di stampa è diritto di conoscere e di informare;
diritto di conoscere tutto e dovere di non nascondere nulla. E' al
centro della democrazia, perchè laddove esistono zone di oscurità si
costituiscono poteri incontrollabili e si formano e si difendono
interessi illegittimi. Informazione libera e trasparenza delimitano lo
spazio della democrazia. Sono i suoi confini. La libertà di espressione
è diritto di essere liberi di pensare, di credere e di dire ciò che si
ritiene personalmente necessario e giusto pensare, credere e dire. E'
l'ossigeno che consente di respirare, di sentirsi e di essere vivi.
E' il diritto primigenio della democrazia, anzi il diritto su cui si
fonda la democrazia e che la oltrepassa, perchè costitutivo più che di
un regime politico,della stessa dignità della persona.
Queste libertà, a mio parere, non sono illimitate. La coesistenza e la
convivenza delle persone in una qualsiasi comunità presuppongono che
alla mia libertà sia collocato come limite la libertà degli altri. Si
rende necessaria una misura; ci deve essere un equilibrio per impedire
che alla fine qualcuno sia più libero e più uguale degli altri.
La questione di fondo è quella di potere e sapere contemperare il
diritto di espressione e il rispetto delle persone; la libertà di
stampa e di informazione e il diritto all'onore e alla dignità delle
persone.
In molti ordinamenti civili la rottura di questo equilibrio in genere
viene configurata penalmente (diffamazione, ingiuria, calunnia). Il
pluralismo delle opinioni e la libertà di espressione si realizzano in
una grande varietà di modi e dovrebbe essere la loro custodia, la loro
difesa il compito più elevato per tutti gli attori e i soggetti della
vita pubblica, perchè sono il frutto più bello e raro della storia
della nostra società.
La satira, qualunque sia la sua forma espressiva, è sempre sul punto di
rottura dell'equilibrio tra libertà di espressione e diritto all'onore
e alla dignità delle persone. Tutto dipende dal contesto, dai tempi,
dalle persone e dalla misura.
Ma satira e misura,satira e continenza espressiva sono uno strano
ossimoro,una evidente ,normale contraddizione. La satira,come dicevano
i latini,è "satura";è pienezza di umori,di sentimenti,di impulsi,di
indignazione,di rabbia,di eccessi e di irrisione. Come si fa a darle la
compostezza della misura?
Il potere, qualsiasi potere, non l'ha mai gradita, perchè la satira
attiva una logica di ribaltamento, di destabilizzazione. La satira,
quella buona, quella che si esercita sui potenti, sugli uomini al
vertice dei privilegi e delle ricchezze. Non si dimentichi, però, che
c'è stata anche la satira che si è esercitata sui deboli, sui poveri
diavoli, sugli stranieri, sugli ignoranti, sui portatori di handicap,
su tutte le forme di diversità. In questi casi più che vera satira, si
è trattato di disprezzo e di irrisione: passatempo dei potenti e dei
più forti.
La smodatezza, l'eccesso di aggressività, l'insolenza rabbiosa, il
gusto dell'umiliazione, la derisione gratuita e beffarda possono
colpire la dignità e l'onorabilità di una persona, beni che si è tenuti
a rispettare come condizione della civiltà della convivenza umana. Dice
Levinas che l'altro è il suo volto. Alcune espressioni della satira
sono più adatte a sfregiare la "faccia" delle persone, che a morigerare
i costumi col riso o col sorriso.
Se l'irriverenza nei confronti degli uomini di potere è stata ed è
malamente digerita e sopportata, la satira nei confronti delle
religioni e delle sue figure più rappresentative suscita ancora
avversione e ostilità, che spesso sfociano in forme cruente di violenza
individuale e collettiva.
Non in tutte le coscienze, non in tutte le nazioni ha fatto ingresso
trionfale la bandiera dell'illuminismo, della laicità e della libertà
d'opinione. Non bisogna dimenticare che fino all'altro ieri era
penalmente perseguita la bestemmia in pubblico e che molti testi e
autori fondamentali per questo nostro periodo di pluralismo erano messi
all'Indice. Nè bisogna dimenticare come per quasi tutti gli stati
europei sia recente la loro democrazia, dopo le tragedie e le sventure
sanguinose degli stati totalitari del Novecento.
La religione nella vita di moltitudini di persone ha un ruolo
radicalmente diverso rispetto a quello che può assumere l'appartenenza
politica. E' ragione di vita, fondamento di identità, guida ai
comportamenti quotidiani. Si può dire che le rappresenta e le esprime
senza residui. Interamente. Non solo, ancora oggi in frazioni
consistenti di popolazione, anche se molto addentro ai processi di
secolarizzazione, vive un certo rispetto di tutto ciò che potremmo
definire "sacro".
Tutto questo per dire che sono tanti a non volere pagare il prezzo
dell'illimitata libertà di satira nei confronti della religione
professata. Le religioni sono un insieme di convinzioni, di idee, di
valori. Possono essere considerate delle astrazioni concettuali su cui
esercitare critica e scherno; ma i loro fedeli sono persone in carne ed
ossa e a volte non ci stanno ad essere gratuitamente derise ed offese.
Non sempre la satira è un'arma incruenta.
prof. Raimondo Giunta