Caro Presidente del Consiglio,
ma crede davvero che la sinistra che lotta contro le scuole azienda, contro le privatizzazioni, contro i presidi sceriffi, le classi pollaio e le scuole fatiscenti, questa sinistra, appunto, sia "fuori dalla storia”? Non vorrà mica rottamare, dopo i politici, anche la classe insegnanti insieme con i giovani studenti perché, indignati, scendono in questi giorni nelle piazze a protestare per una scuola e una società migliori! Non faccia anche Lei l’errore di pensare, come il suo antico predecessore, che tutti quelli che protestano, docenti e studenti, siano tutti quanti gufati e pericolosi fuoriusciti comunisti da dover rottamare!
Si fidi, si fidi, signor Presidente, dei giovani, della scuola pubblica, e di quei solerti insegnanti precari che con tanto amore e pazienza quotidianamente svolgono il proprio duro, quanto prezioso lavoro, pur sapendo di non avere in cambio nient’altro che una precaria sussistenza e un precario status giuridico. E non ceda alle lusinghe delle private.
Non dimentichi, signor Presidente, che la scuola pubblica, nella sua travagliata, lunga storia post-resistenziale, ha avuto un ruolo nobile fondamentale nella crescita morale e culturale di questo nostro belpaese; è stata il rullo compressore che ha schiacciato l’analfabetismo, la forza motrice che ha favorito la costruzione del progresso civile e democratico della nostra società, emancipando le masse dalla schiavitù dell’ignoranza! La scuola pubblica è stata la scuola di tutti, “aperta a tutti”. Come deve esserlo una buona scuola.
Signor Presidente, stia tranquillo, i giovani che scendono nelle piazze a protestare non sono comunisti, sono giovani delusi e indignati, ma seri e impegnati che si battono per una scuola che sia, non a parole ma nei fatti, veramente rinnovata, più moderna, più efficiente, e più competitiva. Stia tranquillo, signor Presidente. Se i giovani della scuola pubblica, insieme con i precari e i lavoratori disoccupati, non sopportano certe ingiustizie, e sono attratti dalla piazza per manifestare contro la disoccupazione, a favore del lavoro, contro il degrado culturale, in nome di una buona scuola, contro la corruzione in nome della legalità e della giustizia ecc.ecc., è perché credono ancora che ci possa essere qualcosa di buono a questo mondo per cui valga la pena di vivere e di lottare.
Non sono pericolosi indottrinati comunisti. Sono idealisti, semmai.
Protestare è di sinistra? Se così fosse, a questo punto, allora, mi sorge il dubbio che, me insciente, sia stato anch’io di sinistra, che abbia subito anch’io nel corso della mia prima formazione scolastica nella scuola pubblica statale il fascino perverso di qualche insegnante comunista che ha iniettato “dentro il pensier mio” il pestifero germe della protesta piazzaiola! Plagiato sui banchi di scuola, senza saperlo!?
Per scrupolo di coscienza, ho fatto subito la mia brava anamnesi: ho ripercorso nella memoria gli anni della mia esperienza scolastica. Ma nulla, signor Presidente, lo giuro, nulla, non ho trovato nulla, neppure un sintomo di patologia che potesse dirsi comunistoide nella mia formazione culturale!
Me puero, mi sono rivisto alle scuole elementari, con la preghiera mattutina e il segno della croce prima di iniziare le lezioni. Il mio maestro “unico”, non so se fosse” chierico rosso o nero”; ma ricordo che era una brava persona, di una sensibilità deamicisiana, all’antica, di sani principi non negoziabili, comprensivo ma rigoroso; ogni tanto qualche ceffone, ma per affetto; da lui appresi - mi ricordo - il riguardo dovuto ai superiori, e il rispetto e la lealtà verso i compagni, il senso dell’onestà morale e intellettuale (oltre che a leggere, a scrivere e a far di conto).
Le pare - signor Presidente - che uno così, che ci faceva cantare “Fratelli d’Italia” e “Il Piave mormorava”, potesse essere un pericoloso comunista? Un lupo mangiapreti travestito con pelle d’agnello?
Se dalle scuole elementari passo alle medie il ricordo che affiora alla mia mente, più struggente e poetico, è quello del mio professore di Lettere: gozzaniano, fedele amante delle “buone cose di pessimo gusto”, e fissato col latino.
Non gli interessava affatto la politica: “E’ una cosa sporca” - diceva -; viveva zitello, con il gatto e con la vecchia madre in un appartamentino da travét, pieno di libri e di pesanti odori. Da lui appresi un metodo di studio, e il piacere di memorizzare le poesie più belle e le frasi latine più sentenziose. Grammatica e sintassi latina sul Tantucci. Vocabolario latino: Campanini e Carboni... Libri comunisti? Non so.
Il liceo, rigorosamente classico e ordinario, ( non erano stati inventati ancora gli I.D.E.I e i PON) si apre ai ricordi come il periodo più bello della mia giovinezza: si spalancarono ai miei occhi nuovi e più vasti orizzonti; maturò un pensiero più consapevole e problematico, più smanioso di conseguire “virtude e conoscenza”. Si cresce - Presidente - si cresce.
La politica cominciava a fare capolino dentro la mia testa, ma mi appassionava di più lo studio della Letteratura del Sapegno, abbinato alla Antologia del Pazzaglia; della Filosofia, appresa sui tre volumetti del La Manna; della Letteratura latina di Concetto Marchesi, e di quella greca del Perrotta. Non so, forse qualcuno di codesti autori, o più di uno, sarà stato comunista per fatti propri; ma che libri - signor Presidente - che libri, e che professori in gamba che ebbi, allora!
Ah!, ecco - signor Presidente -, ora che mi sovviene: forse, un po’ di febbre di “sinistra” l’ho presa ai tempi dell’Università; lì, forse, ho avuto, allora, qualche “inculcamento rosso”... Ma che anni terribili e fabulosi, quelli di fine ’60 e inizio ’70!
Anni di “eroici furori”: si aprirono, allora, i riti della contestazione studentesca, dei collettivi, e dell’assemblearismo, sull’ondata rivoluzionaria sessantottina. Mentre, intanto, le lotte razziali e la guerra del Vietnam scuotevano le coscienze degli Stati Uniti, e le piazze di tutto il mondo occidentale si mobilitavano per protestare contro il capitalismo guerrafondaio, l’Unione Sovietica reprimeva coi carri armati gli aneliti di libertà dei suoi satelliti europei; e Martin Luther King moriva, colpito alla testa da un colpo di fucile, lasciando il suo sogno come testamento ecc. ecc. Forse dovette succedere a quel tempo che attecchì dentro di me qualche germe di “sinistra “ che non ha smesso di dare i suoi frutti poi, nel mio tempo avvenire!
Io confesso: da allora, ho condiviso con Martin Luther King l'ottimismo creativo dell'amore e della resistenza non violenta; con don Milani l’idea che l’ingiustizia peggiore che si possa commettere è quella di fare parti uguali tra diseguali, e che i padroni vincono sempre solo perché possiedono più parole dei loro sottoposti ecc. ecc.; con Gramsci, che la verità è sempre rivoluzionaria; e che bisogna avere il pessimismo dell’intelligenza e l’ottimismo della volontà; da Marx , che “non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza“.
E tante, tante altre cose nello scorrere degli anni ho compreso, come alunno, prima, e, dopo, come insegnante, molte cose che mi hanno spinto responsabilmente a lottare sempre per una società più giusta, e per una scuola migliore, seguendo i dettami della nostra Costituzione.
Sono stato comunista, per questo? Non lo so. Veda Lei!, signor Presidente. Come preferisce.
Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com