Facendo seguito
alla proclamazione dello stato di agitazione della
categoria, Anp ha avviato una serie di contatti con parlamentari di
diversi schieramenti, per tornare a portare la questione all'attenzione
delle forze politiche.
L'obiettivo è quello di uscire da un'impostazione meramente burocratica
della questione per porre con forza la questione centrale: non è lecito
distorcere la norma - attraverso un cavillo interpretativo - per
trasformare il congelamento dei tetti retributivi in uno scippo del
5%.
Tanto più che - ed anche questo va ricordato con forza ai decisori -
l'esproprio in questione si consuma in coincidenza con un aumento del
carico di lavoro, valutabile in almeno il 20% in due anni: a tanto
ammonta la ricaduta del dimensionamento operato fra il 2011 ed il 2013,
con riduzione del numero delle sedi dirigenziali da 10.400 ad appena
8.000. In nessun altro ambito lavorativo si è visto finora abbinare un
taglio delle retribuzioni con un aggravio di oneri e
responsabilità.
Questo è il vero nodo, al quale occorre dare una risposta politica e
non aridamente burocratica: se il Governo crede davvero nella "buona
scuola", deve almeno tutelare i livelli retributivi dei dirigenti.
Alienarseli con risposte astrattamente amministrative ma concretamente
predatorie è il modo migliore per affossarla in un momento in cui ci
sarebbe bisogno di tutto il loro impegno per affrontare la transizione.
Vi terremo al corrente degli sviluppi nei prossimi giorni.
Anp.it