L'annunciata
modifica delle commissioni degli Esami di Stato con la
sola presenza di un presidente esterno quale garante della regolarità
delle operazioni di esami, condotti dai docenti della classe, ha creato
non pochi dissapori.
"Scrivere dritto su righe storte" è una competenza che solo la scuola
di ieri sapeva insegnare ed oggi che i ragazzi scrivono poco e male non
appare una strada di comune accesso.
Leggere il positivo anche quando il bicchiere è quasi vuoto diventa
un'arte e corrisponde ad una competenza di non comune rilievo.
L'esperienza del presidente "notaio" è già stata fatta ed in alcuni
casi è risultata soltanto come atto formale quando nel 2002 le
molteplici commissioni avevano un solo presidente (uno per scuola). Si
auspica che il modello delle commissioni composto da due classi rimanga
e quindi il presidente potrà seguire con diligente vigilanza le
procedure delle due sottocommissioni.
Ci sono i nostalgici dei bei tempi, quando gli esami di stato erano
un'occasione premiale di vacanze per i docenti e i dirigenti. Si
registrava, infatti, una variopinta girandola che vedeva i docenti del
Sud nelle scuole del Nord ed in particolare nelle località turistiche,
ed altrettanto molti docenti del Nord venivano in Sicilia o per le
vacanze al mare o per ritrovare i parenti.
Spesso la permanenza presso parenti e amici era sostenuta dalla buona
indennità di missione e le vacanze erano assicurate anche per i
familiari.
Ci sono gli accaniti difensori di una scuola che boccia, per i quali
gli esami non valgono niente: "tanto non c'è nemmeno il piacere di
bocciare". Brutta espressione che rivela una mentalità antiquata e per
nulla in linea con la dimensione educativa della scuola, la quale non
si misura in relazione alle percentuali degli studenti bocciati, bensì
alla qualità degli alunni, che dopo la scuola potranno affrontare
l'Università o inserirsi nel mondo del lavoro, traguardo e percorso
oggi difficile, ma certamente non solo a causa della scuola.
Ci sono anche i docenti che credono nel lavoro dei ragazzi e li hanno
visti maltrattati dai docenti esterni, alcuni dei quali, con aria di
supponenza, hanno assunto il compito improprio di "valutatori"
dell'operato dei colleghi.
Che l'esame sia un momento educativo è scritto nelle disposizioni
ministeriali e nel decalogo dell'etica professionale. I veri
protagonisti degli esami sono, infatti, gli studenti, i quali
dimostrano, a se stessi per primi e poi ai docenti della commissione, i
traguardi conseguiti e le competenze acquisite. Questo credo sia il
significato della valenza didattica degli esami, indipendentemente
dalla costituzione della commissione. L'esame non è una farsa, a meno
che, gli operatori se ne rendano responsabili.
Consapevoli che il "rito formale" dell'esame di Stato non potrà essere
eliminato, perché la Costituzione lo prevede a conclusione di ciascun
ciclo scolastico, come già avviene con gli esami di licenza media,
anch'essi "Esami di Stato", che si svolgono con commissari tutti
interni, anche se nel tempo non hanno avuto alcun riconoscimento e
compenso aggiuntivo, ora la proposta del risparmio sui costi dei
commissari esterni appare "legittima".
Non sarà, infatti, un dramma per gli studenti affrontare gli esami con
i propri docenti che li hanno seguiti nel corso del triennio, anzi sarà
proprio un vantaggio ed uno stimolo a prendere meglio e sul serio
l'impegno nello studio, così da poter dimostrare, in sede d'esame, la
sintesi degli apprendimenti e dimostrare pubblicamente le competenze
possedute.
Il consiglio di classe nell'elaborare il documento del 15 maggio farà
la sintesi del lavoro svolto nel corso del triennio, detterà i criteri
della conduzione degli esami e della valutazione delle prove e nei
giorni degli esami gli studenti ne forniranno prova nell'ufficialità
degli esami delle competenze acquisite, che saranno tradotte in voto
finale, poiché ancora il titolo di studio ha la sua validità.
Quando poi si perverrà all'abolizione del valore legale del titolo di
studio, la questione avrà un altro aspetto e ci saranno altre polemiche.
Le valutazioni intermedie nel corso degli anni e la valutazione del
primo quadrimestre avranno un particolare coinvolgimento di
responsabilità per gli studenti e per i genitori, cosicché lo scrutinio
finale di ammissione agli esami sarà svolto con maggior senso di
responsabilità, di attenzione e di rigore, senza porre successivi
rinvii. Allora le "sofferte sufficienze", se riconosciute sanabili con
il voto favorevole all'ammissione agli esami, sostenute ed accompagnate
da fiducia, rispetto e responsabilità, saranno validate nella sfera
della "sufficienza" anche in sede di esame.
Alcuni vedono, inoltre, in quest'operazione, dettata da una logica di
risparmio, un "ennesimo regalo alle scuole private" ed il rischio non è
lontano, ma nello stesso tempo si registra un'inversione di tendenza
nei confronti di alcune scuole paritarie, che compensano la prestazione
professionale soltanto con il punteggio, giacché la cancellazione o
quasi dei punteggi per avanzare nelle graduatorie non costituirà più un
elemento determinante per l'inserimento nel ruolo di docenti, al quale
si accederà soltanto per concorso e dopo aver conseguito le necessarie
abilitazioni all'insegnamento, allora soltanto le "buone" scuole
paritarie che pagano i docenti, dovrebbero avere diritto di presenza
nella logica della parità.
Resta pur sempre da tener presente una speciale attenzione educativa
verso tutti gli studenti, anche nei confronti di coloro che stentano e
fanno fatica a seguire il ritmo ordinario negli studi.
La scuola che promuove talenti, qualità e competenze dovrebbe essere al
di sopra dei meccanismi operativi degli esami, ai quali i docenti e gli
studenti daranno la giusta importanza nella condivisione di una visione
di scuola, pensata per lo sviluppo integrale della persona.
Se la logica machiavellica che il fine giustifica i mezzi ha ancora una
valenza, sarebbe auspicabile che la somma di 144 milioni di euro,
risparmiata attraverso la modifica della composizione degli esami di
stato, venga reinvestita concretamente nella qualità di una "buona
scuola" e non si perda nei mille rivoli o nel vortice dei tagli, che
provocano soltanto danni alla scuola e alla società intera.
Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it