Lancio
di lacrimogeni, uso di spray al peperoncino e idranti sui manifestanti,
78 arresti e 34 feriti. È questo il bilancio del terzo giorno di
“Occupy Central” la manifestazione che ha portato in piazza migliaia di
persone, soprattutto giovani universitari, per protestare contro il
progetto di riforma alla legge elettorale che, per il voto del 2017, il
primo a suffragio universale, prevede l’approvazione da parte di una
commissione ad hoc nominata dal governo centrale dei candidati alle
elezioni. Pechino ha annunciato, infatti, di voler mettere paletti alla
libertà di scelta del prossimo leader della città. Le nuove generazioni
della Speciale Regione Amministrativa della Cina hanno deciso, quindi,
di manifestare in favore della democrazia, occupando le strade fuori
dalla sede del governo nel quartiere di Admiralty, dove si trovano sia
gli uffici dell’esecutivo sia la sede del Legislative Council, il
parlamento di Hong Kong.
La polizia carica con lacrimogeni e usando gli idranti. Le proteste di
domenica, il “mare bianco”, come le hanno definite i media locali, sono
iniziate, dopo i numerosi arresti dei giorni precedenti che hanno
portato in carcere anche il 17enne leader del movimento, Joshua Wong,
con migliaia di manifestanti che sono riusciti a superare il cordone di
protezione intorno al palazzo governativo, nel centro della città. Il
giovane organizzatore delle proteste è stato liberato domenica, su
ordine della magistratura locale, dopo due giorni di fermo. La
risposta delle forze dell’ordine è arrivata a suon di lacrimogeni,
spray al peperoncino e, secondo alcuni manifestanti che riportano i
fatti della giornata su Twitter, anche proiettili di gomma. Proprio per
evitare la diffusione di informazioni e immagini dal centro della
protesta, il governo sta cercando di isolare anche la zona di
Admiralty, il fulcro della manifestazione, togliendo la copertura
internet. Altri testimoni sostengono che le vetture della metropolitana
hanno cominciato a non fermarsi all’omonima stazione.
Governo cinese: “La legge elettorale non si tocca, proteste illegali”.
L’amministratore dell’isola, Leung Chun-ying, ha dichiarato illegali i
movimenti che sono scesi in piazza, dopo una settimana in cui ha
ignorato le richieste di dialogo con i contrari al progetto di riforma,
anche se si è reso disponibile ad avviare nuove consultazioni sulla
riforma elettorale. Più dura, invece, la posizione del governo cinese:
quelli che si stanno verificando nel centro di Hong Kong sono “atti
illegali e noi ci opponiamo fortemente”. Pechino, a differenza del
governo locale, non lascia spazio a trattative: “Sosterremo
l’amministrazione di Hong Kong sulle riforme, la legge elettorale non
si tocca“. Mentre si avvicina la giornata nazionale, che si celebra il
primo ottobre con parate proprio dove si trova ora il concentramento
dei manifestanti, l’intera città assiste con il fiato sospeso agli
sviluppi della campagna di disobbedienza civile lanciata per ottenere
elezioni libere e aperte.
L’esperto: “La Cina pensa all’intervento militare”. Sulle
manifestazioni di piazza ad Admiralty si è espresso, ai microfoni
dell’Ansa, anche Willy Lam, professore all’Università Cinese di Hong
Kong ed esperto di politica cinese: “Ci sono alcune voci – dice –
secondo le quali l’esercito avrebbe ordinato centinaia di uniformi
della polizia di Hong Kong, quindi i soldati potrebbero intervenire
vestiti da poliziotti“. Il docente universitario condanna anche
l’indiscriminato uso della violenza da parte della polizia locale che,
dice, “ha usato la forza contro persone pacifiche, che manifestavano
democraticamente”. Il parallelo con gli scontri del 1989 in piazza
Tiananmen che causarono centinaia di morti, però, gli sembrano ancora
prematuri: “Per il momento – aggiunge – l’esercito non è stato
schierato e la gestione della crisi è affidata alla polizia locale. Se
questa non riuscisse a sgombrare le strade, allora è possibile che
intervenga la guarnigione di Hong Kong dell’Esercito di Liberazione
Popolare (Pla), che è composta da 6-7mila soldati“.
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