Che cosa
contiene il «vi stupirò», a proposito della scuola, con cui Matteo
Renzi torna e rilancia il suo pallino di sempre, quello su cui anche
Tony Blair insisteva di continuo riassumendolo nello slogan «education!
education! education!»? C’è qualcosa di stupefacente nel fatto che, per
la prima volta, i soldi non vengono tagliati alla scuola ma investiti
nella scuola. Un miliardo e poi altri per l’edilizia scolastica. Ma
soprattutto, si può parlare di rivoluzione per quanto riguarda il
reclutamento, la formazione, l’orario di lavoro (i sindacati già sono
sul piede di guerra, ma Renzi ha il gusto di sfidare i «frenatori») e
la valutazione dei meriti degli insegnanti.
Il premier - arciconvinto fin dai tempi delle primarie e prima ancora
quando era sindaco di Firenze che «nella scuola sta il cuore del futuro
dell’Italia e la sua capacità di avere un ruolo di punta nella sfida
globale» - sta lavorando personalmente alla riforma. L’ha voluta
prendere nelle proprie mani. Ha la moglie insegnante. Ha il consiglio
della Ue che la considera necessaria quanto la ritiene doverosa e
urgente lo stesso premier. Il suo slogan «tornare a credere nella
scuola» ora diventa testo legislativo. A firma Matteo. Il quale si è
fatto consegnare dagli uffici del ministero i dati, gli studi e gli
altri materiali utili e si è messo al lavoro. «Dobbiamo avviare le cose
prima dell’inizio dell’anno scolastico», è il suo concetto di velocità.
E dopo che la scuola è cominciata, il piano del governo verrà per due
mesi sottoposto al dibattito e messo al centro di una ampia
consultazione popolare - secondo il metodo seguito anche per altre
riforme - tra gli insegnanti, gli studenti, le famiglie, le istituzioni
locali, i comitati dei cittadini e le associazioni varie. Prima del
momento della decisione politica, ci sarà la fase dell’approfondimento
tecnico da parte degli operatori e degli interessati. E insomma, è
«stupefacente» e rivoluzionario - se ci si riesce - il fatto che gli
insegnanti non saranno più tutti uguali, livellati tendenzialmente
verso il basso e dunque demotivati. I meriti - più dei diritti
acquisiti e stancamente conservati nell’Italia dove tutto è intoccabile
compresa l’ingiustizia - verranno riconosciuti ai meritevoli anche in
termini di retribuzione, appena si potrà.
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