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Ambiente: Tartaruga gigante trovata a largo di Lampedusa

Rassegna stampa
Biologa Freggi, eccezionale ritrovamento -  LAMPEDUSA, 15 AGO - Festa grande al Lampedusa Turtle Group, il centro per il recupero delle tartarughe marine in estinzione. E' stata ritrovata, annuncia la biologa Daniela Freggi che lo gestisce da 20 anni con il patrocinio del Wwf, una tartaruga liuto di 250 kg. ''E' un eccezionale ritrovamento'', sottolinea la Freggi visto che da tempo al massimo si trovano esemplari giovani e di poche decine di chilogrammi proprio perchè sono in estinzione. La scoperta della tartarugona, che potrebbe avere una quarantina d'anni, è del motopesca Serena con il suo capitano Filippo Solina e il suo equipaggio al largo del mare di Lampedusa. ''Li ringrazio per la disponibilità e la sensibilità che hanno mostrato ancora una volta'', dice soddisfatta la dottoressa volontaria Freggi che sulla collaborazione con i pescatori lampedusani punta molto per aiutare i 'suoi' animali. La tartaruga ha un amo conficcato ma si potrà salvare. Andrà a stare fino a guarigione in una delle vasche del centro-laboratorio, l'unico in Sicilia, visitabile ogni pomeriggio al pubblico dalle 17 alle 20.

Tartarughe, a Lampedusa dove i volontari sognano di salvarle dall'estinzione - Visita al centro dove curano le caretta caretta
Si chiamano Serena, Maia, Alex, Diana, Homerous e sono le tartarughe ferite che Diana Freggi e un manipolo di volontari - in queste settimane d'agosto - curano con grande passione nel centro Lampedusa Turtle Group che ha il patrocinio del Wwf. E che dopo i tagli ai fondi che hanno provocato la chiusura degli altri centri - tra qui quelli di Comiso e Ficuzza - e' rimasto l'unico aperto in tutta la Sicilia ad occuparsi delle caretta caretta, le tartarughe a rischio di estinzione che abitano questo mare.
''Noi resistiamo - dice la biologa marina Freggi, l'eroina delle tartarughe, da 20 anni emigrata in Sicilia per loro - i fondi non li avevamo prima e non li abbiamo oggi, a noi non e' cambiato nulla. Viviamo del nostro volontariato, di chi come il chirurgo veterinario Antonio Di Bello dell'università di Bari prende il primo volo per Lampedusa quando lo chiamiamo per qualche operazione da fare e lui con generosità si precipita. Ci sono tre tartarughe che hanno bisogno del suo bisturi per non morire''. C'è il volontariato, diciamo anche la dedizione assoluta di Diana Freggi, quello di Di Bello e quello dei tanti ragazzi che da ogni parte d'italia e dall'estero vengono a dare una mano qui.
''Siamo in una casa del centro tutti insieme noi volontari, ci paghiamo le spese, lavoriamo con le tartarughe, impariamo a conoscere la loro vita e quello che noi possiamo fare per non contribuire alla loro estinzione. Sono 15 giorni o un mese qui ma e' un'esperienza che vale tanto'', ci racconta Caterina che e' arrivata da Milano e pazienza se il tempo per fare il bagno e' davvero poco. E ci sono i turisti, i bambini in vacanza a bocca aperta a vedere muoversi nelle vasche di degenza, i loro letti d'ospedale, questi animali che magari hanno un amo nel'intestino, un'intossicazione da plastica scambiata per una medusa di cui sono ghiotte o una ferita sul carapace provocata dall'elica di un motoscafo.
Ai turisti e' aperto durante la stagione estiva, ogni pomeriggio dalle 17alle 20, i bambini guardano, ascoltano i racconti delle volontarie, sono i primi a lasciare qualche euro di offerta mentre ammirano la figura lenta di questi animali. Una sosta obbligata qui a Lampedusa, tra un tuffo e l'altro. ''Una visita importante perché dalla loro sensibilità - racconta Daniela - si potrà cambiare in futuro il nostro rapporto con il mare. L'uomo ha inventato una cosa utile come la plastica ma quando la getta in mare non si rende conto di quanto sia un'arma micidiale. Il tappo di una bottiglia di plastica si pianta alla bocca dello stomaco della tartaruga e la soffoca, per fare un esempio banale''.
E poi i bambini sono preziosi, ''tornano nelle loro città e spesso quando nei primi giorni di scuola gli insegnanti chiedono cosa è rimasto delle loro vacanze è proprio il racconto di un pomeriggio passato a vedere le tartarughe ferite la prima cosa che affiora e da lì una bella onda di conoscenza, voglia di approfondimento, di educazione ambientale si propaga'', dice con entusiasmo la Freggi.
Con le donazioni dei turisti si comprano alimenti, medicine, strumentazioni. C'è la sala chirurgica, il laboratorio, la sala video, lo spazio 'museo' con la storia di questi animali, le uova grandi come palline da ping pong che non si sono schiuse (una visita virtuale in attesa di andare a Lampedusa si può fare su www.lampedusaturtlegroup.org). In 20 anni racconta la biologa ''abbiamo curato 4000 tartarughe, cinque anni fa nel centro ne sono arrivate 500 , lo scorso anno appena 30, prima arrivavano esemplari da 60 kg ora da 10. Significa che si stanno estinguendo per davvero e che muoiono sempre più giovani''.
Molte tartarughe arrivano dalla Sicilia, dove le squadre del Wwf, specialmente le guardie della Riserva Naturale di Torre Salsa, Paceco e Capo Rama, affrontano i viaggi di collegamento dalle Capitanerie dove l'animale è stato trasportato al traghetto di Porto Empedocle, con qualsiasi tempo e a qualsiasi ora. Un capitolo a parte spetta ad Homerous, la tartaruga di circa 25 anni che da tre anni è diventata una mascotte del Centro. E' arrivata nel 2008 da Marsala, con una ferita ad una pinna. Quando è arrivata era affamata, mostrava una grande ferita cicatrizzata sul dorso, responsabile della lesione alla colonna vertebrale che le impediva l'uso delle pinne posteriori. ''Ma la nostra paziente ha continuato a crescere in mare, superando quel grave trauma, fino a quando, forse in una rete a strascico, un masso le ha polverizzato l'omero sinistro.
A questo punto per la tartaruga, con l'uso solo di una pinna, è diventato difficile procurarsi il cibo, lei predatrice di pesci, calamari, meduse, conchiglie, alghe, ha dovuto alimentarsi con le piccole cose che riusciva a catturare, lenta nei suoi movimenti, fino a quando sfinita, è rimasta impigliata nelle reti di un pescatore sensibile, che dopo averla recuperata, l'ha consegnata alla Capitaneria di Porto di Marsala, che l'ha affidata alla squadra del WWF per il trasporto presso il nostro ospedale. Le radiografie hanno mostrato subito l'impossibilità di recuperare l'osso leso, e l'unica cosa che abbiamo potuto fare è curarla dalle infezioni e dalla debilitazione che la indebolivano. Le abbiamo dato il nome di quell'osso che le impedisce la libertà, ed ora è Homerous per tutte le migliaia di visitatori che anno dopo anno la ritrovano nel nostro ospedale. Nel frattempo Homerous cresce, sensibilizza le persone alla difesa dell'ambiente e delle tartarughe marine in estinzione, e stimola convegni dove i veterinari studiano il suo caso, per cercare di trovare le nuove tecniche ortopediche o neurologiche che le restituiscano la velocità che le serve per la sopravvivenza. Spesso la portiamo in mare, per ritrovare il suo ambiente, ed è dolcissimo vederla fare capolino fra la posidonia, nel blu trasparente delle acque cristalline di Lampedusa'', racconta la volontaria che è addetta a lei e che qualche giorno fa s è emozionata a vederla muoversi nel mare per la terapia riabilitativa.
Dice Daniela Freggi: ''per lei sogniamo un braccio di mare dove protetta possa sviluppare la sua muscolatura, per compensare le limitazioni motorie che ha. Una piccola baia dedicata a lei, ambasciatrice di una specie che sta scomparendo dai nostri mari, preziosa per l'umanità perché ha il compito di tenere sotto controllo il numero sempre maggiore di meduse, un pezzetto di mare dove la gente posa vederla nuotare, dove lei possa imparare ad andare più veloce, per catturare il suo cibo''. Fondamentale e' la collaborazione con i pescatori, la Freggi li vorrebbe più sensibili come quelli di Mazara del Vallo. Le tartarughe sono a volte considerate dannose, rompono le reti, sono fastidiose, e' difficile far capire loro che stanno per estinguersi. E capita anche che li tengano come 'attrazione' nelle barche che fanno il giro turistico dell'isola.
''A Lampedusa c'è solo un pescatore che si da tanto da fare per noi, ci consegna gli animali feriti che trova, ci porta le meduse per dargliele da mangiare'', racconta. Muoiono per le lenze da pesce spada conficcate nell'intestino, per i metalli pesanti per le fratture agli arti provocate dalle eliche, ''tutti danni provocati dall'interazione con l'uomo''. Daniela insegna matematica e scienze agli studenti delle medie a Lampedusa, ''mi mantengo così per lavorare volontaria anche io in questo centro aperto 365 giorni l'anno. ''Un solo ragazzo di Lampedusa c'è ad aiutarci e questo mi dispiace tanto, ma le cose cambieranno sono fiduciosa'' dice la dottoressa che avrebbe voluto da biologa marina occuparsi di delfini invece il destino l'ha portata qui da Roma ad occuparsi delle tartarughe. ''Sono animali solitari, ostinati che solo con il tempo ho imparato ad amare. Sono tenace come loro'', conclude.
Alessandra Magliaro
Ansa.it

Lampedusa, le meraviglie dell'isola che non vuole più etichette - Il mare è una piscina, la terra una zattera protesa a Sud
Lampedusa, da dove si comincia? Dalle cassate e dai cannoli di ricotta di Isola delle Rose. O dagli arancini al ragù o alle melanzane della rosticceria Mancino in gara con il bar dell’Amicizia del fu poeta don Pino Brignone o con Martorana. Forse da una granita di gelsi o di mandorle o di pistacchi nel bar di Via Roma che di sera diventa piano bar e leggenda vuole cominciò lì Mario Biondi. A cena al Portohotel Calandra sotto al porto vecchio per tartare di tonno e ricciola eccezionali o ‘fuori porta’, si fa per dire, da Bernardo dove sarebbe un delitto rinunciare ai primi (il Terranova con trito di seppioline e acciughe per esempio) o nel meraviglioso giardino arabo di Borgo Cala Creta dove Omar, tunisino, da oltre 20 anni delizia gli ospiti con le conchiglie alla Spatola o con il cous cous di cernia. Di sera al Tunez a Cala Croce, a vedere il tramonto a picco sul mare o bere vino siculo allo Sbarcatoio Lounge, meta di movida al Porto Vecchio, aperto da tre veronesi, tra i tanti ‘immigrati’ che hanno scelto di trasferirsi sull’isola più a sud di Tunisi. A casa al ritorno si portano le delizie ittiche – sgombro, accelle, tonno, bottarghe, sughi afrodisiaci – di Paqualino Famularo (www.famularo.it) o di sua sorella Sarina (www.iprodottiittici.it) , produzioni a mano, tagliate a lama di coltello, senza l’ombra di conservanti e le spugne giganti dello Spugnificio storico di Lampedusa, quello di Giovannino. 
No, si comincia dai lampedusani. Gianfranco Rosi, leone d’oro a Venezia con Sacro G.R.A. li ha scelti come ‘soggetto’ del nuovo atteso film e a settembre si trasferirà qui e Filippo Pucillo, il ragazzino che Emanuele Crialese scelse per Respiro girato proprio in queste acque, e che ora è cresciuto, già lo aspetta impaziente. Già i lampedusani: i giovani che devono passarci l’inverno e non hanno il cinema (glielo porta in piazza Castello una settimana l’anno ad agosto Massimo Ciavarro con la rassegna Vento del Nord), le donne che per partorire non hanno un ospedale e devono prendere l’aereo per Palermo (qui a Lampedusa sono nati solo i bimbi dei migranti in parti d'emergenza), gli uomini, pescatori da sempre. Lampedusa è un’isola vera, di mare, una zattera nel Mediterraneo dove si coltiva poco o niente (ci proveranno i ragazzi con il progetto di Terra! Onlus che vuole portare con Legambiente gli orti urbani) e si esce ogni giorno a pescare tonni, spada, ricciole e il bendidio di queste acque meravigliose. 
I lampedusani, ospitali come Tano Licciardi che mentre ti porta alla spiaggia dell’isola dei Conigli – da sola è meta di questo viaggio – ti racconta quando da ragazzo fu sequestrato dai tunisini perché a 14 miglia da Lampedusa erano finiti nelle loro acque e ci vollero 15 giorni e 50 milioni di allora (che mise l’armatore della barca) a tirarli fuori dai guai lui e gli altri 4 pescatori a strascico o Antonio Greco che vuole non dimenticare la storia drammatica di Ester Ada, la giovane nigeriana 17/enne, in stato di gravidanza, morta nel 2009, al largo della costa di Lampedusa, durante le operazioni di soccorso della nave 'Pinar'. I lampedusani e i drammi dei migranti, l’accoglienza e la voglia di non essere solo la porta dell’Europa che pure sta lì ed è un simbolo che papa Francesco ha scelto come primo viaggio ufficiale per gettare una corona nel mare che tante volte è stato bara. I lampedusani che si sentono sotto i riflettori solo per quello, anche ora che il centro è chiuso e vuoto, anche ora che su Facebook uno xenofobo torinese poi individuato dalla polizia postale ha fatto girare la notizia che c’erano stati casi di ebola sull'isola con un video da 26 mila visualizzazioni e tante disdette last minute agli albergatori disperati che come consorzio chiederanno 10 milioni di euro di danni. 
I lampedusani, fieri di tanta bellezza: i ragazzi che a km zero stampano Capperi!, la guida per godersi l’isola, quelli di Legambiente come l'infaticabile Simone Attardi che presidia con gli altri volontari la spiaggia dei Conigli, dà i contenitori per non buttare le cicche di sigaretta, ripulisce la spiaggia tutte le sere dopo l’invasione dei turisti, controlla che la natura sia finalmente rispettata. O quelli del Wwf che sulla banchina del porto, proprio  di fronte alla Guardia Costiera, hanno un ospedale speciale per curare le tartarughe ferite dalle barche. O quelli di Pedi-Pedi che organizzano tour, a piedi evidentemente, o di Prometeomare che propongono le ecologiche bici elettriche in alternativa alle storiche mehari, la ‘spiaggina’ della Citroen residuo degli anni ’80 qui ancora in voga. Gli adulti tengono alta la memoria come Antonino Taranto l’anima dell’associazione Archivio storico Lampedusa dove foto, reperti, documentari raccontano la storia dell’isola in cui battagliò con i saraceni l’Orlando furioso ad Aria Rossa o dove ci sono persino siti megalitici o dove negli anni ’40 della povertà nera i ragazzi andavano a scuola scalzi. La memoria degli sbarchi recenti come il cosiddetto cimitero dei barconi, relitti sotto sequestro di traversate, pezzi di legno buttati la che Francesco Tuccio, falegname di Lampedusa, trasforma in piccole croci per ricordarci il dolore dei nostri fratelli in cerca di una vita migliore. 
Infine il mare e la natura, che poi a Lampedusa sarebbe l’inizio. Una playlist di spiagge e calette da comporre ogni giorno – Pulcino, Madonna, Gutgia, Mar Morto, Creta, Pisana, Francese, Tabaccara (‘la piscina’ dove sembra di vedere barche volanti tanto l’acqua è trasparente) – e su tutte i Conigli, tra le prime spiagge d’Italia,  dove le tartarughe caretta caretta in estinzione vanno a depositare le uova. Oggi ce n’erano 91 sotto la sabbia, lasciate da un'unica mamma la mattina presto del 30 giugno, avvistate da un turista che per fortuna era di Legambiente Siena e  chiamò gli altri volontari per organizzare la protezione delle uova che sono piccole come palline da ping pong. Si schiudono a fine agosto, primi di settembre. Bisognerà tornare.

Alessandra Magliaro
Ansa.it








Postato il Domenica, 17 agosto 2014 ore 07:45:00 CEST di Antonia Vetro
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