Recentemente,
su vari fogli locali mi è capitato di leggere alcune prese di posizione
assunte a favore del territorio e, congiuntamente, delle trivellazioni
petrolifere nelle nostre zone. Suona quasi come una contraddizione
terminologica. In breve, la tesi si può riassumere nel modo seguente:
lo sfruttamento di giacimenti petroliferi servirebbe (udite, udite!) a
valorizzare il nostro territorio, da troppo tempo trascurato ed escluso
dai processi di sviluppo economico.
Ora, al di là del merito specifico (in particolare l'idea centrale di
uno "sviluppo" che ci si ostina a rilanciare e a rivendicare in un
momento di profonda crisi recessiva, delineando una visione della
società e dell'economia assolutamente discutibile, nella misura in cui
tradisce un equivoco di fondo che confonde lo sviluppo, o la crescita
economica, con il progresso, la cui accezione è di ben altra portata
storica, etica e civile), mi preme abbozzare una riflessione sul senso
concettuale del verbo "valorizzare", forse fin troppo abusato, quanto
distorto e frainteso.
In breve, valorizzare vuol dire creare valore. La nozione di "valore",
in termini squisitamente economici, equivale a ricchezza, dunque a
denaro. Per cui valorizzare significa reperire sovvenzioni e flussi di
capitali. In sostanza, vuol dire arraffare i soldi pubblici. Per
distribuirli ai privati. In questo caso, ai detentori del grande
capitale monopolistico (pubblico e privato), vale a dire le
multinazionali petrolifere.
Qui da noi, in Irpinia, sono decenni che si "valorizza" ed ormai è
rimasto ben poco da "valorizzare". Ecco che il petrolio (il prezioso
"oro nero", in nome del quale i potenti del mondo scatenano guerre
ovunque, conflitti e disastri a profusione) si tramuta in una sorta di
"manna caduta dal cielo". È ovvio che una simile occasione non è da
sprecare per i voraci "pescecani" di casa nostra (o "Cosa nostra") e
tutti gli altri famelici predatori in agguato da fuori provincia.
Per tali ed altre ragioni, appena io sento qualche vecchio volpone
locale parlare ancora di una presunta, o pretesa, "valorizzazione del
territorio" (tradotto in pratica, equivale a: scempio ambientale,
devastazione, truffa ed estorsione legalizzata, rapina su vasta scala,
ladrocinio e ruberie in grande stile e via discorrendo), mi viene
subito l'orticaria.
Si tratta di una sorta di insofferenza profonda, ovvero di allergia,
verso ogni forma di "valorizzazione del territorio".
Lucio Garofalo
l.garofalo64@gmail.com