L’Italia rischia una multa di minimo 10 milioni di euro
dall’Europa per i precari della scuola, che rappresentano un esercito
di 130 mila persone, secondo Cgil Cisl e Uil, addirittura di 137 mila
secondo l’Anief. L’altolà è arrivato ieri da Bruxelles, dove è stata
aperta una procedura di infrazione per il mancato rispetto da parte del
nostro Paese della direttiva sul lavoro a tempo determinato. L’Italia,
scrive la Commissione Ue nella lettera di messa in mora, utilizza i
supplenti con contratti a termine «continuativi»,
che durano anche molti anni e li lasciano così «in condizioni precarie
nonostante svolgano un lavoro permanente come gli altri». Non
solo: anche gli stipendi vanno
adeguati, visto che i precari «svolgono lo stesso lavoro ma
hanno un contratto diverso» rispetto agli immessi già in ruolo. A
questo punto, l’Italia ha due mesi
di tempo per rispondere alla Commissione europea altrimenti la
procedura verrà portata davanti alla Corte di giustizia europea che,
nel caso di condanna e mancato rispetto della sentenza, può sanzionare
il nostro Paese con multe che vanno da un minimo di circa 10 milioni e
possono salire (da 22mila a 700mila euro) per ogni giorno di ritardo
nel pagamento.
LA LINEA DI DIFESA DEL MIUR - Il ministero dell’Istruzione ha già
pronta la sua linea di difesa per rispondere al monito dell’Ue:
«Spiegheremo la particolarità delle mansioni svolte dal personale della
scuola in considerazione delle esigenze del territorio e di funzioni
specifiche come quella del sostegno – spiegano da viale Trastevere –.
Sarà pure ricordato che non si può prescindere da una rigidità
nell’obbligo di garantire a tutti il diritto all’istruzione imposto
dalla Costituzione e neppure dalla forte variabilità della domanda
dettata da una pluralità di fattori, immigrazione inclusa». Ai
commissari Ue sarà anche sottolineato che sulla questione si sta
lavorando: «Aver trasformato le graduatorie fisse in graduatorie ad
esaurimento è una scelta destinata a sgonfiare le sacche del precariato
e non certo ad alimentarle - scriveranno i tecnici ministeriali a
Bruxelles -. E le assunzioni in ruolo decise con il recente decreto
istruzione contribuiranno a riportare a un livello fisiologico il
ricorso ai precari». Se queste spiegazioni basteranno alla Commissione,
la procedura si fermerà, altrimenti passerà alla Corte di giustizia,
con il rischio di condanne pesanti.
SINDACATI IN TRINCEA - I sindacati rivendicano l’intervento dell’Europa
sulla vicenda precari. «La Flc-Cgil, oltre ad essere stata protagonista
delle tanti mobilitazioni, ha promosso un ricorso alla Corte di
giustizia europea -ricorda il segretario Domenico Pantaleo -. Adesso il
governo metta in campo un piano pluriennale che consenta la
stabilizzazione dei precari andando oltre gli stessi contenuti della
legge sull’istruzione recentemente approvata dal Parlamento». Anche
l’Anief l’anno scorso aveva presentato a Bruxelles e Strasburgo una
denuncia, a nome di migliaia di precari, proprio per la reiterata
violazione nel pubblico impiego della direttiva comunitaria 1999/70/CE.
«Dopo la messa in mora dell’Italia sul personale Ata della scuola,
quello di oggi è un altro segnale importante», dice il presidente
Marcello Pacifico. Incalza pure la Uil: «Nonostante i continui
richiami, la risposta data con il piano di immissioni in ruolo è
–osserva il segretario Massimo Di Menna – una soluzione parziale perché
ci sono ancora posti in organico di diritto coperti con contratti
annuali reiterati di anno in anno. La soluzione – ribadisce Di Menna- è
nell’organico funzionale». Stabilizzare i rapporti di lavoro, secondo
la Cisl, risolverebbe anche gli aspetti economici su cui interviene la
Commissione Ue: «Chi è assunto a tempo indeterminato- sottolinea il
segretario Francesco Scrima – può far valere anche ai fini economici
l’anzianità accumulata con il lavoro precario, come da sempre avviene
quando si entra in ruolo». Mentre l’Ugl sottolinea: «I contratti a
tempo determinato dovrebbero trovare applicazione solo in caso di
supplenze brevi e saltuarie. Il monito dell’Ue-conclude il segretario
Giuseppe Mascolo – non resti inascoltato».
Ansa.it