L’ultima perla
contro i precari arriva dall’On. Giancarlo Galan Presidente della
commissione cultura a proposito dei provvedimenti contenuti nel decreto
scuola, a suo dire "un’infornata di precari". Queste espressioni
continuano ad offendere la categoria più debole dei lavoratori della
scuola che come unica colpa hanno quella di educare. Intanto una
precisazione: il merito o la preparazione professionale di un
insegnante non le giudicano le battute sferzanti di Galan ma gli
alunni, le famiglie, il rispetto dei colleghi, l’istituzione presso cui
si lavora.
Il precariato non l’abbiamo di certo né voluto né cercato ma è una
condizione che viviamo da troppi anni e che ci è stata imposta come una
ingiusta condanna dall’incapacità dei Ministri di turno di guardare con
il giusto criterio morale e di correttezza ciò che stava e che sta
avvenendo nella scuola italiana. Gli incarichi o le supplenze brevi non
le abbiamo elemosinate ma ci sono state date perché lo Stato ha bisogno
di noi per mandare avanti le scuole e per questo ha stipulato con noi
un regolare contratto. Anzi "quasi regolare" perché se è vero che siamo
cittadini europei, il Ministro dovrebbe sapere che nei nostri
confronti, da anni, si consuma un vero abuso di contratti a termine
contravvenendo alle norme europee; ma forse, questo è l’ennesimo
dettaglio.
Ma tu, Galan pensi, davvero, che noi come docenti e come cittadini
italiani siamo contenti della classe politica che da più di 20 anni è
installata nelle stanze del potere e che ha ridotto l'Italia a questo
punto?
E tu Galan quale merito hai? Cosa hai fatto nella tua vita per
giudicare un insegnante precario che sputa sangue da anni e anni?
La precarietà è una condizione insopportabile specie se protratta anche
per 15 o 20 anni come accade, soprattutto, da noi al Sud. Significa
destabilizzazione esistenziale, impossibilità di fare un progetto,
sviluppo regolare della tua vita.
Noi siamo gli educatori "USA E GETTA",
quelli che prendi a fine Settembre e licenzi a Giugno, anno dopo anno,
noi siamo quelli che andiamo nei posti più lontani dove ti offrono il
lavoro, noi siamo quelli a cui estorcere denaro con costosi corsi di
formazione per non rimanere indietro in graduatoria, noi siamo quelli
ricordati solo per gli spot delle campagne elettorali. Inoltre, noi in
questi anni abbiamo formato e sostenuto le future generazioni che molto
spesso, trascurate dalle famiglie in crisi, hanno trovato nella scuola
un sostegno, riferimenti valoriali e conforto.
Noi siamo docenti al pari degli altri, perché abbiamo seguito un corso
regolare di studi e perché non ci manca alcun titolo o abilitazione per
essere stabilizzati e per avere riconosciuta la dignità professionale a
cui abbiamo diritto.
Forse una cosa ci manca in realtà: che la nostra voce sia amplificata
da un megafono che urli l’ingiustizia che subiamo da anni, che faccia
una valutazione sincera ed attenta dello stato in cui versa la scuola
meridionale e , in particolare, siciliana perché la Sicilia è la casa
che non abbiamo voluto lasciare come molti altri che non hanno avuto
altra scelta per sopravvivere.
Per questa ragione Galan noi pretendiamo le tue scuse perché il
precario è un’etichetta appiccicata in modo dispregiativo sulle
persone, pur sempre esseri umani si spera.
Giovanna Nastasi, Carola Tirenna,
Rosaria Pino, Carmen Coco
oriane@tin.it